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Analisi multivariata di serie storiche: Currency Futures e tasso di cambio Euro-Dollaro

La relazione fra il livello dei Currency Futures e la variabilità dei tassi di cambio sottostanti è stata da sempre una questione a lungo dibattuta nella teoria economica e nella finanza, specialmente nell’ultima decade in cui l’importanza dei Currency Futures è divenuta sempre maggiore. Tale accresciuto interesse verso questi importanti strumenti derivati sembra però aver coinciso con una fase di maggior volatilità delle valute internazionali [1]. Inoltre, i due trend apparentemente coincidenti hanno sollevato una importante questione sulla possibile relazione fra i futures e il comportamento dei tassi di cambio: può parte della maggior volatilità di questi ultimi essere attribuita al trading dei futures, o sono i futures traders che reagiscono meramente alla maggior volatilità dei tassi?
Le passate evidenze empiriche sul generale impatto del trading dei futures sono varie e contrastanti. Alcuni studi indicano un effetto destabilizzante, ma altri hanno riscontrato un generale effetto di stabilizzazione sui mercati monetari su cui gli strumenti derivati sono negoziati.

Ad approfondire tali tematiche sono Karpoff nel 1987 e Bessembinder e Seguin nel ’92 ma la definitiva soluzione del ruolo dei futures sulla asset volatility (e sui mercati su cui queste vengono negoziate) rimane ancora in parte oscuro. Nonostante le dimensioni del mercato delle valute, ed il fatto che i futures sono solo uno dei tre principali strumenti con cui gli speculatori e gli hedgers possono assumere posizioni sui futuri tassi di cambio (gli altri due sono i currency forwards e le options), vi sono importanti segnali che la negoziazione dei futures può impattare sulla volatilità dei prezzi delle valute. Per esempio Clifton nel 1985 ha riscontrato che il volume delle attività di trading nel mercato dei Currency Futures era significativamente correlato con le fluttuazioni dei tassi di cambio nel mercato interbancario durante i primi anni ’80. Altri, come Grammatikos e Saunders nel 1986 trovano una fortissima relazione fra volume dei futures negoziati e futuri prezzi delle valute. Tuttavia, tutti questi studi falliscono considerando una distribuzione non normale dei tassi di cambio nel misurarne la volatilità. A sopperire tali carenze interviene uno studio condotto da tre ricercatori dell’università dell’Ohio del 1996: Chatrath, Ramchander e Song. I tre studiosi hanno investigato il rapporto fra i Currency Futures e il tasso Spot delle valute in due fasi; nella prima cercano un riscontro a tale evidenza empirica nella volatilità spot dei tassi giornalieri nella Sterlina Britannica, nel Dollaro Canadese, nello Yen Giapponese, nel Franco Svizzero e nel Marco Tedesco; poi forniscono una  misura consistentedella volatilità analizzando la distribuzione dei ritardi delle valute sottostanti investigate. In tal modo riescono così a dimostrare come la varianza condizionale del modello (ottenuta con tecnica GARCH) sia una appropriata proxy della volatilità delle serie storiche dei tassi di cambio, considerando anche le fasi di volatilità più estrema. Il risultato della stima di un vettore autoregressivo indica infine che il trading di futures sulle valute ha un significativo e positivo impatto sulla volatilità delle variazioni dei tassi di cambio; al contrario è stata riscontrata una relazione più debole fra l’impatto della volatilità dei tassi di cambio sul trading dei futures.

Il percorso che emerge è quindi sintomatico della maggior reazione delle variazioni dei tassi di cambio agli shock dei futures. Tale impatto sembra inoltre persistere in molti periodi successivi.

Al contrario l’andamento dei futures declina il giorno successivo l’incremento della volatilità nei tassi spot. Tale relazione non è riscontrata nella stessa misura fra i futures e le altre commodities facendo sembrare che potrebbe sussistere qualche iniquità nell’impatto dei Currency Futures suggerendo così l’esistenza di possibili inefficienze nel mercato delle valute. Tale indicazione non ci sorprende (molti studi dimostrano andamenti dei tassi di cambio non coerenti con l’andamento mercati efficienti) in ogni modo, studiare il ruolo specifico di speculatori, hedgers, piccoli e grandi traders nel rapporto fra la negoziazione dei futures e la volatilità spot apporterebbe sicuramente ulteriori elementi interessanti all’analisi.
Valeria Ponis


[1] ad esempio, la variazione media giornaliera della sterlina britannica nel 1980 era dello 0,70%, il livello nel 1992 era invece dell’1%.

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Indice flash composito Pmi francesi di febbraio sale a 59,5

Le imprese del settore privato francese hanno accelerato il ritmo della ripresa a febbraio ma la corsa è stata accompagnata da segnali di crescente pressioni inflazionistiche.

L'indice Pmi flash composito è salito questo mese a 59,5 da 57,6 di gennaio, raggiungendo il livello più alto da agosto e attestandosi per il diciannovesimo mese sopra la soglia dei 50 punti che separa la crescita dalla contrazione.
L'indice del settore servizi ha segnato un incremento a 60,8 di febbraio da 57,8 del mese precedente, la lettura migliore da luglio sostenuta da un rafforzamento dell'occupazione.
Il Pmi manifatturiero ha mostrato una modesta ripresa a 55,3 dopo essere sceso a gennaio a 54,9.
Il sottoindice dei prezzi input, sebbene una delle componenti più volatili dell'indagine, è balzato a febbraio di 9,2 punti a 89,7 come conseguenza del rincaro dei prezzi di commodity ed energia.

fonte: Reuters


Pmi manifatturiera tedesca segna record a 62,6 a febbraio

Il comparto manifatturiero tedesco in febbraio ha avuto una crescita record, dando un forte impulso al settore privato e fugando i timori di un rallentamento della ripresa economica.

Le stime flash sul Pmi manifatturiero mostrano un indice a 62,6, massimo storico della serie iniziata nell'aprile del 1996.

"Le esportazioni stanno guidando la crescita nel manifatturiero, ma c'è anche un momento favorevole nell'economia nazionale", commenta Chris Williamson, economista di Markit.

Anche i fornitori di servizi hanno segnalato una forte crescita delle attività, con un indice appena sotto il massimo da quattro anni e mezzo registrato a gennaio.

Una lettura composita che include il settore servizi e quello manifatturiero segna un rialzo a 61,5, pari al massimo storico della serie raggiunto a giugno 2006.




Rapporto S&P/Case Shiller: prezzi case USA -0,4 m/m, -2,4 a/a

Dal rapporto S&P/Case Shiller, ricavato dalle osservazioni nelle venti maggiori aree metropolitane Usa, emerge che i prezzi delle abitazioni monofamiliari negli Usa sono scesi in dicembre per il sesto mese consecutivo dello 0,4% , in linea con quanto atteso dagli operatori.

Su base annua l' indice, destagionalizzato,  è sceso del 2,4% , a fronte di attese per un calo del 2,3%.




L'indice di fiducia USA risale ai livelli di febbraio 2008

Il Conference Board ha elaborato l'indice di fiducia dei consumatori Usa di febbraio riscontrando  un massimo da tre anni  grazie al maggior ottimismo sulle prospettive dell'economia e dei redditi. L'indice, che valuta l'attitudine a spendere dei consumatori Usa è salito a 70,4 dai 64,8 di gennaio toccando il livello più alto da febbraio 2008. Mediamente le attese degli analisti indicavano un livello di 65.
Anche l'indice relativo alle aspettative è migliorato a 95,1, da 87,3, massimo da dicembre 2006,
Sono tuttavia salite anche le aspettative dei consumatori sull'inflazione nei prossimi 12 mesi, a 5,6 da 5,5, massimo livello dal giugno 2009.

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Il ruolo della Pista Ciclica nell'analisi della velocità di una serie finanziaria

Nello studio di una serie finanziaria è importante saper valutare la velocità con cui i prezzi si muovono. Un andamento rapido infatti significa che molti investitori sono desiderosi di operare su un titolo rendendo un informazione di rilevantissima importanza per un trader. La velocità, ossia lo spazio percorso nell’unità di tempo, in tal caso viene espressa dalla differenza di prezzo di due giorni (o istanti) successivi. E’ intuibile però che se costruissimo un indicatore sulla base di questa informazione sarebbe caratterizzato da un numero di improvvise e ampie fluttuazioni, di scarsa utilità nell’analisi di una serie.
La pista ciclica è un indicatore di velocità che tenta di ovviare proprio questo inconveniente essendo costruita sulla differenza, percentuale o assoluta, tra il grafico del prezzo e la sua media mobile:

Tale indicatore ha la capacità di anticipare leggermente i picchi del prezzo, di modo che quando viene a formarsi un picco consistente nel grafico della pista ciclica è ragionevole attendersi un’inversione dell’andamento del prezzo.


ATTENZIONE: L’importanza dei picchi deve essere valutata in relazione all’andamento di un certo periodo di tempo della pista ciclica, ai suoi massimi e minimi assoluti e rispetto alle oscillazioni che aveva in periodi precedenti analoghi a quello attuale.
Valeria Ponis

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