Obbligazioni RBS Zero Coupon al 26/5/2011
Obbligazioni RBS a Tasso Misto al 26/5/2011
Obbligazioni RBS a Tasso Variabile al 26/5/2011
Obbligazioni RBS a Tasso Fisso al 26/5/2011
RBS: 3 nuove obbligazioni da oggi 26 maggio 2011
RBS plc (rating S&P A+) quoterà da giovedì 26 maggio sul mercato MOT di Borsa Italiana tre nuove obbligazioni senior
1. RBS Obiettivo 6% (codice ISIN GB00B6HZ3R74, scadenza 02.06.2017, cedole trimestrali), 6% annuo lordo (5,25% netto) se l’Euribor 3m rimane tra 1% e 4,5%, altrimenti la cedola trimestrale è pari a zero;
2. RBS Misto 6 anni (codice ISIN GB00B6HZ3Q67, scadenza 02.06.2017, cedole trimestrali), 4% lordo (3,50% netto) per il primo anno, Euribor 3m + 1,50% per i rimanenti 5 anni;
3. RBS 4,70% 2017 (codice ISIN GB00B6HZ3S81, scadenza 02.06.2017, cedole semestrali), 4,70% annuo lordo (4,11% netto).
L’investimento minimo è di 1.000 Euro.
1. RBS Obiettivo 6% (codice ISIN GB00B6HZ3R74, scadenza 02.06.2017, cedole trimestrali), 6% annuo lordo (5,25% netto) se l’Euribor 3m rimane tra 1% e 4,5%, altrimenti la cedola trimestrale è pari a zero;
2. RBS Misto 6 anni (codice ISIN GB00B6HZ3Q67, scadenza 02.06.2017, cedole trimestrali), 4% lordo (3,50% netto) per il primo anno, Euribor 3m + 1,50% per i rimanenti 5 anni;
3. RBS 4,70% 2017 (codice ISIN GB00B6HZ3S81, scadenza 02.06.2017, cedole semestrali), 4,70% annuo lordo (4,11% netto).
L’investimento minimo è di 1.000 Euro.
Standard & Poor's modifica l'outlook dell'Italia da stabile a negativo. Rassicurazioni dal mondo politico
L'agenzia Standard & Poor's ha tagliato l'outlook dell'Italia da stabile a negativo, confermando il rating A+ al debito a lungo termine. E' quanto si legge in una nota, in cui si sottolinea che ''le attuali prospettive di crescita sono deboli e l'impegno politico per riforme che aumentino la produttivita' sembra incerto''. Allo stesso tempo, spiega S&P's in una nota diffusa nella notte in cui ha confermato anche il rating A-1+ al debito a breve, "il potenziale ingorgo politico potrebbe contribuire ad un rilassamento nella gestione del debito pubblico. Come risultato, crediamo che le prospettive dell'Italia per ridurre il debito pubblico siano diminuite". L'outlook negativo sull'Italia riflette "la previsione di S&P's dei rischi collegati al piano di riduzione del debito nel periodo 2011-2014 e implica una possibilità su tre che i rating possano essere ridotti nei prossimi 24 mesi".
Secondo l'agenzia, "i rischi sono connessi alla crescita dell'economia più debole delle nostre attuali stime, che prevedono un +1,3% nel periodo 2011-2014". Per questo motivo, "il debito dell'Italia potrebbe ristagnare agli attuali alti livelli". D'altro canto, avverte comunque l'agenzia, "se il governo riesce ad ottenere sostegno politico per l'attuazione di riforme strutturali a favore della competitività, ponendo le basi per una crescita economia più elevata ed una più veloce riduzione del debito, i rating potrebbero rimanere al livello attuale". "Il potenziale ingorgo politico potrebbe contribuire ad un rilassamento nella gestione del debito pubblico. Come risultato, crediamo che le prospettive dell'Italia per ridurre il debito pubblico siano diminuite". E' quanto si legge nella nota con cui Standard & Poor's ha tagliato l'outlook dell'Italia da stabile a negativo, in cui si sottolinea comunque che "se il governo riuscirà ad ottenere sostegno politico per l'attuazione di riforme strutturali a favore della competitività, ponendo le basi per una crescita economica più elevata ed una più veloce riduzione del debito, i rating potrebbero rimanere al livello attuale".
TREMONTI, ITALIA RISPETTERA' IMPEGNI PRESI
"L'Italia rispetterà i suoi impegni". E' quanto afferma in una nota il Ministero dell'Economia che, in relazione al declassamento di Standard&Poor's, sostiene: "le valutazioni espresse e confermate nei giorni scorsi dalle principali organizzazioni internazionali sono molto diverse da quelle espresse oggi da Standard & Poor's". Inoltre i dati della crescita economica e del bilancio pubblico "sono stati costantemente migliori del previsto". I dati macroeconomici sulla base dei quali l'agenzia S&P's ha confermato il proprio giudizio lo scorso dicembre, "non solo non hanno subito variazioni sfavorevoli nel corso del primo trimestre 2011, ma in alcuni casi sono risultati migliori" prosegue la nota del Tesoro diffusa dopo che l'agenzia di rating ha rivisto da "stabile" a "negativo" le prospettive dell'Italia pur confermando lo stesso rating per il debito a breve e a lungo termine. Il comunicato ricorda che "le valutazioni fatte dal Governo Italiano sono sempre state estremamente prudenziali. I dati tanto della crescita economica, quanto del bilancio pubblico sono stati costantemente migliori del previsto. Così è appena stato anche per il 2010. I molto positivi dati Istat di ieri ne sono conferma". Come ha dimostrato negli anni passati, e da ultimo negli anni di questa crisi, "l'Italia - conclude la nota - è stata, è, e sarà un paese con risorse economiche e politiche tali da fargli sempre rispettare gli impegni presi".
TESORO, ESCLUSA IN ASSOLUTO PARALISI POLITICA
"L'unico elemento nuovo, pare costituito dal rischio di una possibile 'paralisi' politica (political gridlock). Questa è da escludere in assoluto". E' quanto si legge nella nota del Ministero dell'Economia, guidato da Giulio Tremonti, a commento della decisione di S&P's di tagliare l'outlook dell'Italia.
"Per quanto riguarda l'economia, il Governo ha avviato ed intensificherà il ciclo di interventi riformatori; per quanto riguarda il bilancio pubblico, sono in avanzata fase di preparazione i provvedimenti mirati al rispetto dell'obiettivo di pareggio di bilancio per il 2014. Questi avranno entro luglio l'approvazione da parte del Parlamento". E' quanto si legge in una nota del Tesoro, a commento della decisione di Standard & Poor's di rivedere in negativo l'outlook dell'Italia.
Fonte: http://www.yahoo.com/
Family Office: definizione, classificazione e percorso di sviluppo di una nuova categoria di intermediari
Da sempre le banche rivolgono particolare attenzione alle esigenze della clientela più abbiente. La complessità patrimoniale di questo target rende infatti necessaria la creazione di soluzioni dedicate, distinte dall’elevata standardizzazione dei servizi offerti alla clientela retail. E’ così che nasce il settore del private banking, il cui indubbio successo è testimoniato sia dal cospicuo ammontare delle masse gestite, che dal numero di competitors che continuano ad affacciarsi in quest’area di business. Nonostante ciò, i servizi da questo offerti, si sono spesso contraddistinti per la loro scarsa personalizzazione, restituendo un’immagine differente di quella che era la loro originaria funzione.
Il “vuoto” operativo prodotto dalle banche è stato così colmato da altri intermediari che, proponendo alla clientela più facoltosa servizi di Wealth Management, sono stati in grado di evolvere la propria offerta verso una gestione integrata e realmente “tailor made” agli interessi personali e professionali del cliente. Ciò che più contraddistingue un Wealth Manager è difatti, sia la capacità di fornire un valido prodotto, sia il saper costruire un’offerta “ad hoc”.
Anche il Wealth Management non costituisce, tuttavia, l’ultima frontiera nell’attività di gestione dei grandi patrimoni. Oggi la clientela di elevato standing richiede un servizio ancora più professionale, discreto e sofisticato, che solo un team con competenze multidisciplinari è in grado di fornire, risolvendo ogni aspetto inerente l’amministrazione della ricchezza. Queste famiglie, in particolare quelle di stampo imprenditoriale, hanno trovato una valida soluzione nel family office, una struttura altamente professionale in grado di occuparsi, in chiave personalizzata, delle problematiche (finanziarie e non) di tutti i componenti della famiglia. Tali strutture non si occupano, infatti, solo delle esigenze di investimento, mobiliari ed immobiliari, ma anche di quelle fiscali, legali, previdenziali, legate alla formazione dei giovani, gli investimenti in preziosi e in opere d’arte, l’attività filantropica e così via. Con il tempo è emerso come tale servizio capillare agevoli persino il colloquio e la coesione delle famiglie, soprattutto quelle più numerose, in cui, essendo coinvolte diverse generazioni, possono emergere rapporti conflittuali.
Estremizzando, non esiste alcuna attività riguardante i membri della famiglia di cui tali strutture non si possano occupare; ne consegue che il mandato fiduciario a queste affidato è estremamente ampio e complesso da gestire.
Il motivo che ne giustifica il ricorso non è solo la consistenza patrimoniale ma anche la complessità dinastica di famiglie “old money”, la cui ricchezza è frutto del lavoro di più generazioni. Tuttavia, negli ultimi anni, si assiste al ricorso a queste strutture anche da parte di famiglie “new money” (spesso titolari di imprese dot.com), forse meno educate a gestire e tramandare ingenti patrimoni, ma comunque molto esigenti e coinvolte nella gestione.
Gli elementi di base che identificano il concetto di family office non sono però identificabili in modo univoco ed assoluto; ogni struttura infatti, differisce dalle altre dovendo soddisfare fabbisogni e peculiarità tipiche di ogni cliente.
In passato queste famiglie si rivolgevano ad un consulente di fiducia, solitamente scelto tra il banchiere, il commercialista o l’avvocato, tutti professionisti per lo più specializzati in corporate finance ma presenti solo marginalmente nell’asset management. I maggiori bisogni della clientela di elevato standing hanno reso inadeguato questo approccio specialistico, rendendo necessario approdare ad una soluzione globale ed integrata di gestione della ricchezza.
Per quanto riguarda la classificazione di queste strutture in letteratura vengono solitamente distinte fra:
Single family office: la soluzione storicamente più datata, che consiste nella creazione di una struttura dedicata esclusivamente ad amministrare il patrimonio e le esigenze di una sola famiglia.
Multi-family office: Strutture organizzative nate, come naturale evoluzione dei single-family office, dalla forte domanda da parte di molte famiglie facoltose che, impossibilitate o non interessate alla costituzione di un proprio family office, hanno spinto i possessori di tali strutture ad aprire le porte anche ad altri nuclei familiari.
Family office esterno: strutture controllate da soggetti diversi da famiglie imprenditoriali quali banche o società indipendenti.
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Mutui: nuovi aiuti alle famiglie più povere
Buone notizie in arrivo sul fronte mutui: se tutto procederà per il verso giusto il Consiglio dei Ministri il prossimo 6 maggio approverà il decreto sviluppo che stabilisce un nuovo tetto alle rate dei mutui a tasso variabile per le famiglie più povere. Si tratta di una misura per poter aiutare le famiglie che potrebbero vedere nei prossimi mesi un aumento della rata a causa dei probabili rialzi stabiliti dalla Banca Centrale Europea e quindi non riuscire a far fronte alle spese del finanziamento.
LA MANOVRA:
Il decreto prevede che venga facilitato il passaggio da un mutuo a tasso variabile ad un fisso (rinegoziazione) mettendo come clausola il congelamento all’attuale livello di tassi: su richiesta del contraente, viene posto un tetto massimo («cap») al tasso variabile del mutuo, che sarebbe assistito da una forma di garanzia pubblica. Questo significherebbe, per un mutuo di dieci anni, prendere come base di calcolo un Irs cioè un tasso di riferimento per i mutui a tasso fisso, tra il 3,5% e il 3,6%, maggiorato dello spread (il ricarico che ogni banca decide di aggiungere al tasso di base quale proprio ricavo) praticato da ciascuna banca in modo differente.
I BENEFICIARI:
A beneficiare del decreto saranno solo le famiglie più deboli, quelle con un «Isee» (indicatore del reddito fornito dall’Inps) non superiore a 30 mila euro, con un mutuo di valore non superiore ai 150 mila euro e non abbia ritardi nei pagamenti. La rinegoziazione potrà essere chiesta fino al 30 aprile dell’anno prossimo.
Va detto però che ultimamente la tendenza è quella di scegliere i mutui a tasso variabile: infatti, secondo i dati riferiti al secondo semestre del 2010, si nota come la scelta dei richiedenti era andata sul tasso variabile nel 47% dei casi, a fronte di un 24% che aveva invece scelto il più sicuro tasso fisso e un 26,5% per il tasso variabile con il cap e un 2,5% per il misto. Se invece andiamo a vedere i dati del gennaio 2010, si nota che la scelta era ricaduta sui mutui a tasso variabile da ben l’80% dei nuovi contraenti.
Con il nuovo decreto si ridefinisce anche il tasso di usura (oggi è al 4%) oltre il quale le banche non possono prestare denaro. Si vuole alzare la soglia del tasso di interesse usurario rispetto al livello attuale con lo scopo consentire alle banche di aumentare i finanziamenti al credito marginale.
fonte: http://www.borsaitaliana.it/
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