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Confronto tra lo Scudo Fiscale Italiano e quello di altri Stati

Lo scudo fiscale italiano, con i suoi 95 miliardi di euro di capitali rientrati e i 4,7 miliardi di extragettito, ha fatto scalpore nel mondo attirando condanne e stupore contemporaneamente da molte nazioni. Questo anche perché la crisi con i suoi effetti devastanti su tutte le economie ha costretto i vari paesi a varare misure d’emergenza di varia natura e, in qualche caso, delle amnistie fiscali simili a quella italiana, ma meno convenienti.
La casistica è estremamente varia, ma la maggior parte degli stati ha previsto degli strumenti per la regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero. Queste manovre vanno senz’altro inquadrate nell’ambito della crisi: il rientro dei capitali serve al rilancio delle economie nazionali, nel frattempo viene promossa una serrata lotta all’evasione fiscale.
Nel bel mezzo della peggiore crisi finanziaria dal ’29 a oggi si è non a caso inserita una vera guerra diplomatica fra gli Stati Uniti e la banca svizzera Ubs. Al termine di mesi di contenzioso la banca elvetica ha dovuto rivelare i nomi di 4.450 evasori statunitensi assestando il più duro colpo mai visto al segreto bancario svizzero. Nei mesi successivi i bilanci sempre più prostrati degli stati di tutto il mondo hanno suggerito una lotta ai paradisi fiscali intesa a riportare quanto più denaro possibile in patria nel momento del bisogno.
Quasi tutti gli stati hanno così proposto ai propri contribuenti una sorta di patto per il rientro dei capitali dall’estero. Le condizioni? Molto variabili da stato a stato, ma sempre più convenienti di una denuncia da parte dei segugi del fisco. Gli Stati Uniti hanno previsto il rientro dall’estero di “diversi” miliardi di dollari e la regolarizzazione di circa 14.700 contribuenti che si sono rivolti all’Irs, l’Agenzia delle Entrate a stelle e strisce.
Pur condannando la manovra di Tremonti come un condono, la Francia ha varato dei provvedimenti per favorire un rientro dei capitali. Misure più forti e dure di quelle italiane non hanno però ottenuto un successo paragonabile: a fronte del rientro di circa 3 miliardi di euro in patria, hanno usufruito dello “scudo” francese circa 3 mila persone e sarebbe inferiore ai 700 milioni di euro l’extragettito fiscale complessivo. Secondo alcune stime, la Svizzera da sola ospiterebbe circa 100 miliardi di euro francesi.
Nonostante la peggiore bolla immobiliare del Vecchio Continente, la Spagna è invece decisa a tenere duro sull’evasione fiscale e lo stesso ministro dell’Economia Elena Salgado ha dichiarato, riguardo all’ipotesi di uno scudo fiscale analogo a quello italiano: “Non abbiamo nessuna intenzione di varare una misura simile”.
La Gran Bretagna, nell’anno in cui ha dovuto salvare dal collasso la maggior parte delle proprie banche e varare misure straordinarie per evitare un “collasso finanziario”, ha deciso di promuovere un rientro dei capitali dall’estero. Dal Non disclosure act il Regno Unito ha stimato un rientro di 2 miliardi di sterline; un recente accordo raggiunto con il Liecthenstein dovrebbe inoltre consentire il rimpatrio di circa un miliardo di sterline. I risultati sembrano, però, deludenti, tanto che Stephen Timms, ministro del Tesoro britannico già durante la prima settimana di gennaio ha definito “moralmente inaccettabile” l’evasione fiscale nei paradisi offshore. A quella data solo 10 mila contribuenti del Regno Unito avevano dichiarato la propria posizione irregolare al fisco britannico, così il ministro ha minacciato una nuova ondata di controlli.
In tempo di crisi molti altri paesi del mondo hanno però deciso di promuovere un rientro dei capitali, dall’Argentina all’Ecuador, passando per l’Olanda. Anche la Grecia, piombata in una crisi senza precedenti che preoccupa anche Bruxelles, ha deciso di introdurre, fra le varie manovre messe a punto per rassicurare l’opinione internazionale, uno scudo fiscale per il rientro di capitali dall’estero.
Con la crisi quindi ogni Paese ha cercato di riportare il proprio denaro in patria, a metà gennaio 2010, però, nessuno Stato al mondo sembra essersi neanche lontanamente avvicinato al traguardo dei 95 miliardi di euro già fatti rientrare da Tremonti.


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