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Dividendo Amplifon ritorna a 0,033 €

Amplifon ha conseguito nel 2009 ricavi a 657 milioni (+2,4% su base annuale), Mol a 90,1 milioni (+21,3%) e un  utile netto in crescita del +51,5% a 29,2 mln. Riduzione dell'indebitamento a 150 milioni dai precedenti 190,6 milioni. Il consiglio di amministrazione di Amplifon proporrà il ritorno alla distribuzione di un dividendo pari a 0,033 euro per azione
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Banca Etruria: nessun dividendo

La Banca Etruria non distribuirà alcun dividendo a causa di una perdita per più rettifiche  nel bilancio 2009.

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Dividendo Vittoria Assicurazioni a 0,17 €

L’esercizio appena concluso vede un utile netto consolidato di 16,9 milioni di euro (-16,1% rispetto all’anno precedente) a fronte di un conto economico complessivo che presenta un saldo pari a 33,3 milioni (+88,9%) e di un patrimonio netto di 356,1 milioni (+6,7%). La raccolta assicurativa globale al 31 dicembre 2009 ammonta a 671,3 milioni (+6,4% rispetto alla raccolta dello scorso. Il Cda ha deliberato oggi di distribuire un dividendo di 0,17 euro per azione, in linea con l’esercizio precedente.

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CALENDARIO STACCO DIVIDENDI 2010 agg. 08/06/10

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Dividendo Credito Artigiano a 0,058 €

Il Credito Artigiano chiude il 2009 con un utile netto a 24 milioni di euro, in calo del 50%  a causa dell'incremento delle rettifiche di valore per deterioramento crediti e degli accantonamenti ai fondi per rischi e oneri.

Il dividendo è di 0,058 euro per azione (da 0,153).

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Dividendo MARR a 0,46 €

La società attiva nella ristorazione, di proprietà della famiglia Cremonini, ha archiviato l'anno con un utile netto di 38,5 milioni di euro, in crescita del 20,7% sul 2008, ricavi a 1,138 miliardi (+2,6%) e un Ebitda di 73,8 milioni (+3,9%).
La società ha proposto un dividendo di 0,46 euro, in crescita del 7% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

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Confronto tra lo Scudo Fiscale Italiano e quello di altri Stati

Lo scudo fiscale italiano, con i suoi 95 miliardi di euro di capitali rientrati e i 4,7 miliardi di extragettito, ha fatto scalpore nel mondo attirando condanne e stupore contemporaneamente da molte nazioni. Questo anche perché la crisi con i suoi effetti devastanti su tutte le economie ha costretto i vari paesi a varare misure d’emergenza di varia natura e, in qualche caso, delle amnistie fiscali simili a quella italiana, ma meno convenienti.
La casistica è estremamente varia, ma la maggior parte degli stati ha previsto degli strumenti per la regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero. Queste manovre vanno senz’altro inquadrate nell’ambito della crisi: il rientro dei capitali serve al rilancio delle economie nazionali, nel frattempo viene promossa una serrata lotta all’evasione fiscale.
Nel bel mezzo della peggiore crisi finanziaria dal ’29 a oggi si è non a caso inserita una vera guerra diplomatica fra gli Stati Uniti e la banca svizzera Ubs. Al termine di mesi di contenzioso la banca elvetica ha dovuto rivelare i nomi di 4.450 evasori statunitensi assestando il più duro colpo mai visto al segreto bancario svizzero. Nei mesi successivi i bilanci sempre più prostrati degli stati di tutto il mondo hanno suggerito una lotta ai paradisi fiscali intesa a riportare quanto più denaro possibile in patria nel momento del bisogno.
Quasi tutti gli stati hanno così proposto ai propri contribuenti una sorta di patto per il rientro dei capitali dall’estero. Le condizioni? Molto variabili da stato a stato, ma sempre più convenienti di una denuncia da parte dei segugi del fisco. Gli Stati Uniti hanno previsto il rientro dall’estero di “diversi” miliardi di dollari e la regolarizzazione di circa 14.700 contribuenti che si sono rivolti all’Irs, l’Agenzia delle Entrate a stelle e strisce.
Pur condannando la manovra di Tremonti come un condono, la Francia ha varato dei provvedimenti per favorire un rientro dei capitali. Misure più forti e dure di quelle italiane non hanno però ottenuto un successo paragonabile: a fronte del rientro di circa 3 miliardi di euro in patria, hanno usufruito dello “scudo” francese circa 3 mila persone e sarebbe inferiore ai 700 milioni di euro l’extragettito fiscale complessivo. Secondo alcune stime, la Svizzera da sola ospiterebbe circa 100 miliardi di euro francesi.
Nonostante la peggiore bolla immobiliare del Vecchio Continente, la Spagna è invece decisa a tenere duro sull’evasione fiscale e lo stesso ministro dell’Economia Elena Salgado ha dichiarato, riguardo all’ipotesi di uno scudo fiscale analogo a quello italiano: “Non abbiamo nessuna intenzione di varare una misura simile”.
La Gran Bretagna, nell’anno in cui ha dovuto salvare dal collasso la maggior parte delle proprie banche e varare misure straordinarie per evitare un “collasso finanziario”, ha deciso di promuovere un rientro dei capitali dall’estero. Dal Non disclosure act il Regno Unito ha stimato un rientro di 2 miliardi di sterline; un recente accordo raggiunto con il Liecthenstein dovrebbe inoltre consentire il rimpatrio di circa un miliardo di sterline. I risultati sembrano, però, deludenti, tanto che Stephen Timms, ministro del Tesoro britannico già durante la prima settimana di gennaio ha definito “moralmente inaccettabile” l’evasione fiscale nei paradisi offshore. A quella data solo 10 mila contribuenti del Regno Unito avevano dichiarato la propria posizione irregolare al fisco britannico, così il ministro ha minacciato una nuova ondata di controlli.
In tempo di crisi molti altri paesi del mondo hanno però deciso di promuovere un rientro dei capitali, dall’Argentina all’Ecuador, passando per l’Olanda. Anche la Grecia, piombata in una crisi senza precedenti che preoccupa anche Bruxelles, ha deciso di introdurre, fra le varie manovre messe a punto per rassicurare l’opinione internazionale, uno scudo fiscale per il rientro di capitali dall’estero.
Con la crisi quindi ogni Paese ha cercato di riportare il proprio denaro in patria, a metà gennaio 2010, però, nessuno Stato al mondo sembra essersi neanche lontanamente avvicinato al traguardo dei 95 miliardi di euro già fatti rientrare da Tremonti.


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Cos'è l'IRAP?

Con l’acronimo IRAP ci si riferisce all’Imposta Regionale sulle Attività Produttive, istituita con il decreto legislativo 15 dicembre 1997 n.446.
L’IRAP è un’imposta che colpisce il valore della produzione netto delle imprese, ovvero il valore aggiunto prodotto da un azienda attraverso l’utilizzo dei fattori produttivi al netto dei costi di acquisto dei beni utilizzati nel processo di produzione e dei costi indiretti.


Oggetto dell’imposta

L’IRAP colpisce ogni attività diretta alla produzione o allo scambio di beni e servizi e la prestazione di servizi in quanto autonomamente organizzata.
Il presupposto dell’imposta infatti, come chiarisce il legislatore, è “l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”. L'attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta.
Infatti, le attività produttive oggetto di imposta non devono necessariamente essere commerciali ma possono essere anche non destinate alla vendita, ovvero, di mera erogazione di servizi.
Quello che conta ai fini dell’imposta è infatti la potenzialità economica espressa da un apparato produttivo.
L’IRAP prescinde da ogni manifestazione di ricchezza in capo al soggetto ed è indipendente dalla capacità contributiva del soggetto che deve pagarla.
Con l’imposta si colpisce infatti il valore aggiunto, ossia, l'incremento di valore che si verifica nell'ambito della produzione e distribuzione di beni e servizi grazie all'intervento dei fattori produttivi: capitale e lavoro.

Soggetti passivi

Sebbene non sia facile distinguere se l’IRAP sia un’imposta diretta o indiretta l’individuazione dei soggetti passivi è collegata all’esistenza del presupposto sopra indicato.
L’art.3 stabilisce che sono soggetti passivi:


  • le società di capitali;

  • le società di persone commerciali e i soggetti a esse equiparati;

  • gli imprenditori individuali;

  • gli esercenti arti e professioni sia in forma individuale che associata purché dotati di una qualche organizzazione

  • i produttori agricoli titolari di reddito agrario

  • gli enti pubblici e privati non commerciali

  • le società e gli enti non residenti
Sono esclusi per legge invece i fondi di investimento, i fondi pensione e i gruppi economici di interesse europeo.

 La base imponibile

L’art. 4 stabilisce che l'imposta si applica sul valore della produzione netta derivante dall'attività esercitata nel territorio della regione.
La nozione di valore della produzione netta però varia a seconda della tipologia di attività esercitata. Perciò si differenziano le attività commerciali per cui la determinazione della base imponibile si fonda su un criterio misto basato su criteri contabili con correttivi di natura fiscale, l’esercizio di arti e professioni per cui la determinazione si basa su elementi contabili (differenza tra ammontare compensi percepiti e costi sostenuti) e gli enti non commerciali, per cui vale l’ammontare delle retribuzioni spettanti al personale dipendente, redditi assimilati a lavoro dipendente e compensi erogati per collaborazione coordinata e continuativa
L’IRAP ha carattere reale e non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi.


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