Consente di determinare la performance e il rendimento medio annuo relativo alla compravendita di un titolo obbligazionario
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Consente di determinare il valore della casa che si desidera acquistare e l’ammontare del prestito necessario
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Consente di determinare l’ammontare del prestito e il valore dell’automobile che si desidera acquistare
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Spostamento dei benchmark nei mercati monetario e obbligazionario - Robert N. McCauley
La possibilità che si riduca in misura considerevole lo stock dei titoli in esseredel Tesoro americano induce a domandarsi in che modo potrebbe funzionare inloro assenza il più vasto mercato del reddito fisso in dollari USA. Finora gli operatori hanno fatto ampiamente ricorso a tali titoli come parametro di riferimento per la fissazione del prezzo di altri valori, come strumento per costituire posizioni di copertura e speculative sulla durata finanziaria e sulla volatilità, come base per i contratti futures e come garanzia a fronte di crediti.
Una risposta a tale questione può essere ricercata risalendo indietro nel tempo di quasi un secolo, per osservare come funzionasse il mercato obbligazionario USA nel periodo anteriore alla prima guerra mondiale, allorché il debito pubblico americano era di entità esigua. A quell'epoca, tuttavia, mancavano molti degli strumenti che occupano oggi un posto importante nei mercati finanziari, come i titoli emessi a fronte di prestiti ipotecari, i futures e le opzioni. Di conseguenza, potrebbe essere difficile trarre conclusioni affidabili
da quella esperienza passata. La presente nota affronta la questione analizzando lo spostamento del ruolo di benchmark dai titoli del Tesoro ad altre passività intervenuto nel mercato monetario del dollaro nell'arco
dell'ultima generazione, al fine di ricavare indicazioni sul modo in cui potrebbero evolvere i ruoli rispettivi nel mercato obbligazionario. L'analisi prende pertanto in considerazione un'epoca in cui erano in uso i moderni
strumenti finanziari
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Globalizzazione dell’attività bancaria internazionale - Robert N. McCauley, Judith S. Ruud, Philip D. Wooldridge
Nel corso dell’ultima generazione le banche attive a livello internazionale hanno mostrato la tendenza a passare da un’operatività transfrontaliera a una strategia di posizionamento globale. Varie istituzioni, anziché raccogliere depositi in una giurisdizione ed erogare crediti in un’altra, hanno preferito finanziarsi e concedere prestiti al consumo, ipotecari o alle imprese all’interno dei diversi mercati nazionali, attraverso una presenza diretta in loco. Altre hanno adottato un approccio analogo sul mercato dei capitali, cercando di finanziare il proprio portafoglio di titoli esteri con risorse reperite nel paese di emissione. Sia che il modello operativo scelto si orienti al dettaglio oppure all’ingrosso, le banche tendono sempre più a servire la clientela attraverso
unità insediate e finanziate sul posto. La strategia di una banca globale (o multinazionale) come dianzi descritta differisce da quella di una banca internazionale, qui intesa come banca che raccoglie depositi in un paese diverso da quello in cui effettua gli impieghi. La prima sezione del presente saggio delinea la predetta tendenza a livello dei vari gruppi nazionali di banche dichiaranti e dei vari mercati cui è rivolta l’attività. La seconda sezione esamina le ragioni del fenomeno. La terza ne evidenzia le implicazioni per quanto concerne la tipologia dei rischi. L’ultima sezione solleva alcuni quesiti circa l’evoluzione futura. Il riquadro nella pagina
seguente illustra il modo in cui l’attività bancaria globale può essere distinta da quella transfrontaliera sulla scorta dei dati disponibili.
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La copertura dei rischi finanziari nelle imprese non finanziarie italiane attraverso gli strumenti derivati - GIANLUCA BISON, LORIANA PELIZZON e DOMENICO SARTORE
Anche se le imprese usano i derivati da molti anni, conosciamo poco circa l’estensione o le ragioni del loro utilizzo. I motivi di questa lacuna sono molteplici; primo fra tutti è la mancata richiesta alle imprese (almeno fino a poco tempo fa) di riportare pubblicamente il resoconto della loro attività in derivati. Sfortunatamente l’uso dei derivati nelle imprese sembra ricevere attenzione solo in risposta a casi speciali legati a perdite eclatanti, come nei noti casi delle società Barings, Procter& Gamble o Metallgesellschaft. Per di più, conosciamo relativamente poco circa le metodologie, le preferenze e le politiche di uso dei derivati da parte delle imprese, anche se i derivati sono strumenti molto rilevanti. Essi sono in grado di influenzare pesantemente la struttura finanziaria di un’impresa e la sua esposizione ai rischi finanziari modificandone i flussi futuri. In particolare, sono in grado di ridurre la variabilità di questi flussi, se usati per motivi speculativi.
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Volatilità e turnover degli strumenti derivati: una relazione labile - Serge Jeanneau e Marian Micu
Si ritiene spesso che un aumento della volatilità di mercato dia origine a più intense contrattazioni in strumenti derivati. Alcuni studi empirici hanno confermato l'esistenza di questa relazione positiva tra volatilità e volume degli scambi. Tuttavia, la maggior parte di quegli studi era fondata principalmente su dati giornalieri o infragiornalieri, mentre in pochissimi casi è stata esplorata la possibilità di un nesso tra volatilità e scambi su base mensile. Inoltre, la natura delle transazioni che potrebbero generare tale rapporto è rimasta per lo più
inspiegata. Il presente studio analizza la relazione che intercorre tra volatilità e attività mensile in contratti derivati di borsa. Anzitutto, consideriamo le varie finalità operative che potrebbero determinare un simile nesso, separando quelle di copertura dalle finalità indotte da informazioni. Oltre a ciò, operiamo una
distinzione tra le finalità che tendono a generare una relazione tra volatilità e volumi su base giornaliera e quelle che potrebbero produrre una tale relazione su base mensile.
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L’aumento dei prezzi delle attività e la politica monetaria - CHARLES P. KINDLEBERGER
L’aumento dei prezzi delle attività e la politica monetaria - CHARLES P. KINDLEBERGER (p.
Il termine inflazione delle attività, che si distingue dall’inflazione ordinaria in quanto quest’ultima si riferisce all’aumento dei prezzi dei beni di consumo o dei prodotti all’ingrosso o al deflatore del reddito
nazionale, è una locuzione non molto utilizzata in occidente ma comune in Giappone. Vi sono periodi nei quali i prezzi delle attività crescono in modo inflazionistico, un vero e proprio boom o una bolla, mentre i prezzi dei beni sono relativamente stabili o persino decrescenti. Riguardo a un famoso esempio di tale situazione, verificatosi tra il 1928 e il 1929, Milton Friedman e Anna Jacobson Schwartz scrissero che le autorità monetarie avrebbero dovuto ignorare 1’aumento dei prezzi sulla Borsa di New York e focalizzare 1’attenzione su altri obiettivi, come il livello enerale dei prezzi.
Più recentemente, alla fine del 1989, la Banca del Giappone ha proceduto ad alzare i tassi d’interesse dopo aver ignorato la spettacolare crescita dell’indice Nikkei da quota 10.000 circa nel 1984 a 39.000 nel 1989, temendo infine che 1’aumento dei prezzi delle attività avrebbe provocato inflazione a livello dei beni di consumo, e preoccupata che la diffusione dell’inflazione dal mercato azionario ai beni immobili stesse conducendo il mercato delle abitazioni fuori dalla portata del giapponese medio e dunque minacciando la pace sociale.
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