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Analisi di borsa settimana 22/26 febbraio e previsioni

Nessuno si era illuso che il doppio minimo del 5 (20.815) e del 9 Febbraio (20.818) sarebbero bastati per avviare un rialzo duraturo. Infatti, preciso come un oracolo, il 25 è giunto il terzo a 20.843. Ora questi 3 minimi costituiscono una linea di supporto ben più importante, rinforzati oltretutto dalla media mobile a 50 settimane (gialla, sul grafico a 2 anni) passante ora a 20.935, quindi oltre la linea stessa. Diciamo che a questo punto l’indice non ha più margini per scendere, se lo facesse sarebbe una Caporetto che comprometterebbe il rialzo di lungo termine iniziato a febbraio 2009.

Che la borsa avrebbe iniziato un trend laterale lo avevamo messo in conto nel post del 21 ma avremmo preferito che avesse avuto un’escursione minore. Un range di 1113 punti nell’ultima ottava (min. 20.780-max. 21.896) è la gioia (o i dolori) dei day-trader ma non fa bene alle coronarie.
Ora prevedo e auspico, un assestamento del range su valori più contenuti e con minimi in salita, con lento avvicinamento a quel livello di 21.922 punti che, come ho sempre detto, costituisce un valico tra rialzo e ribasso.

Nel frattempo dovrebbe muoversi all’interno del triangolo formato dal livello a 20.818 e la linea (rossa) che congiunge i massimi in discesa del 2 febbraio (22.413) e del 19 (21.772) .
La Borsa è in convalescenza e la cura migliore, per riacquistare le forze, è un lento, tranquillo, sereno movimento laterale e, soprattutto, nessuna notizia negativa.

Dividendo di 0,104 € proposto per Parmalat

Nel quarto trimestre Parmalat ha realizzato un utile netto di 235,5 milioni di euro (+572% rispetto allo stesso periodo del 2008), soprattutto grazie a proventi straordinari legati alle transazioni legali decisamente superiori alle attese degli analisti. In virtù di tali introiti straordinari, la posizione finanziaria ha chiuso l'anno con un attivo di 1,385 miliardi di euro.
Il fatturato dell'intero 2009 è salito dell'1,4% a 3.964 milioni di euro. Il margine operativo lordo è stato di 367,8 milioni (+16,2%).
L'utile netto si è attestato a 519 milioni di euro, in diminuzione rispetto ai 673,1 milioni del 2008 prevalentemente a causa di minori proventi da transazioni legali raggiunte nel corso dell'esercizio.
Verrà proposto un dividendo complessivo pari a 0,104 euro per azione (da 0,173), di cui è stato già versato un acconto pari a 0,041 euro, con 0,063 euro per azione che verranno versati a saldo.
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Dividendo di 0,20 € proposto per Geox

L'utile operativo rettificato è sceso a 134 milioni di euro da 173 milioni di euro: la redditività operativa scende a 15,6% da 19,4%. L'utile netto passa a 84 milioni di euro da 124 milioni di euro. A fine 2009 la posizione finanziaria netta è positiva per 102 milioni di euro, il doppio rispetto a fine 2008 e meglio delle aspettative.

I dati sono in linea con le attese degli analisti. Meglio del previsto il dividendo, il consiglio di amministrazione propone all'assemblea 0,20 euro.
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La riscoperta della Tobin tax

"Non è accettabile che nel settore finanziario i benefici del successo vengano attribuiti ad una minoranza mentre i costi del fallimento siano messi in conto a tutti noi. I mercati finanziari globali vanno guidati verso una maggiore aderenza ai valori condivisi dalla stragrande maggioranza dei cittadini: duro lavoro, senso di responsabilità, integrità e correttezza. Dobbiamo ideare un contratto sociale ed economico più efficiente tra istituzioni finanziarie e il pubblico, che si basi sulla fiducia reciproca e sulla equa distribuzione di rischio e rendimento." Non è la citazione di un militante no-global: è un estratto del discorso con cui il premier britannico, Gordon Brown, si è rivolto ai colleghi del G20 dello scorso fine settimana, tenutosi a St. Andrews (Scozia).
Brown fa sapere al mondo che desidera mettere in riga le banche, cioè quelle efficienti istituzioni che, secondo una stima di Bloomberg, sono costate ai cittadini dei paesi occidentali qualcosa come 500 miliardi di dollari tra iniezioni di capitale a copertura delle perdite, garanzie ed altre forme di salvataggio dal fallimento. Brown non ha una ricetta ben definita: potrebbe infatti trattarsi di costringere le banche a pagare il premio di una specie di "polizza assicurativa" a fronte del diritto ad usufruire del sostegno pubblico in caso di necessità (ipotesi sponsorizzata dagli Americani); ovvero della costituzione di un fondo speciale; o dell'emanazione di regole transitorie in materia di capitale da allocare a fronte degli impegni assunti; oppure ancora - teniamoci forti - di una tassa globale sulle movimentazioni di tipo finanziario (operazioni in cambi e derivati).

Dubai: la crisi batte un colpo

La crisi ha battuto un colpo e Dubai è rimasta al tappeto. Tecnicamente la richiesta di congelamento dei pagamenti da parte di una delle imprese dello sceicco regnante non è un default del paese, ma il significato per la comunità internazionale è comunque quello di un default visto che le casse dello stato si confondono con quelle dell'imprenditore e che in nessuna di queste sembra esserci il denaro per pagare i debiti.
La giostra finanziaria dell'emiro è rimasta a secco di capitali e non da oggi; sono ormai mesi che il destino dell’emirato appare segnato e oggi Dubai è nella condizione che fu dell'Argentina, non ha i soldi per pagare i debiti in scadenza. Non ce li ha perché il potere magnetico di Dubai e dei suoi investimenti immobiliari è evaporato con l'apparire della grande crisi e con lo scoppio della bolla immobiliare, che ha trovato scoperte le scommesse sul futuro dell'emiro e dei suoi soci.
Non ci sono i soldi per aprire nuovi cantieri e nemmeno per terminare quelli già iniziati, progetti immobiliari già acquistati sulla carta in giro per il mondo, caparre già pagate e mutui già accesi che stanno andando in fumo perché il valore di quelle proprietà tende a zero, visto che in gran parte non si sa quando e se saranno mai realizzate. Lo sceicco e i suoi soci vendevano allo scoperto, come con le catene di Sant'Antonio e gli ultimi investitori pagavano a prezzi drogati la realizzazione delle case di quelli che li avevano preceduti. E’ bastato che la crisi rallentasse l'afflusso e lo sceicco si è ritrovato nella situazione di un Maddof qualunque, anche se sicuramente finanziariamente più coperto di Maddof.

Banche d'Affari: Bonus sempre più ricchi

Messo alle spalle un anno nerissimo per i lavoratori americani, i principali responsabili della crisi economica globale - banchieri e dirigenti dei colossi di Wall Street - si apprestano questa settimana a dividersi un bottino di gratifiche che ammonta a svariati miliardi di dollari. Di fronte all’indignazione dei contribuenti e ai tiepidi rimbrotti di qualche politico, le grandi banche d’investimento stanno cercando disperatamente qualche patetica operazione di facciata per dissimulare la realtà: una gigantesca spartizione di ricchezza generata da pratiche finanziarie ad alto rischio grazie ad enormi infusioni di denaro pubblico.
I bonus miliardari che stanno per essere distribuiti ai dipendenti più zelanti sono in linea, e a volte addirittura superiori, a quelli erogati negli anni del boom finanziario. In media, Goldman Sachs per il 2009 pagherà ogni suo impiegato 595 mila dollari, anche se ovviamente ai piani più alti ci saranno picchi di decine di milioni di dollari. Leggermente inferiore, invece, il valore medio dei premi concessi da JPMorgan Chase: 463 mila dollari.

Credit Default Swaps degli Stati Sovrani, un gioco molto pericoloso

Un pericoloso assalto si é abbattuto sulla Grecia. Come riferito da Wall Street Italia ci sarebbe la banca americana Goldman Sachs dietro al rialzo dei CDS (Credit Default Swaps) ellenici, secondo un rumor che circola nel pre-borsa delle sale trading di Manhattan. Il gioco al massacro dei broker ha l'obiettivo, a soli fini di profitto, di colpire il paese al momento più debole dei P.I.I.G.S. (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna) ed eventualmente scardinare l'euro.
E' il gioco letale dei CDS - quello per intenderci che ha scarnificato il colosso delle assicurazioni AIG, poi salvato dal fallimento da un fiume di dollari pagati dal contribuente americano - ed è quello che hanno ripreso a fare le banche d'affari dopo i mega salvataggi del 2009. L’unica differenza, purtroppo drammaticamente rilevante, è che ora il rischio si è trasferito dalle ciclopiche entità finanziarie private agli stati sovrani. Il che complica di molto le cose, perché se per evitare il fallimento dei colossi “troppo grandi per fallire” gli stati e le autorità centrali hanno dovuto compiere manovre a dir poco straordinarie, adesso a ballare sono gli stati stessi e con loro, ovviamente, i loro cittadini.

Interessante: Kerself, anche nel 2010 incentivi al fotovoltaico

generosi incentivi al fotovoltaico dureranno per tutto il 2010. Grazie a un emendamento presentato alla Camera, all'interno del decreto salva-Alcoa, gli impianti fotovoltaici che saranno installati nel corso del 2010 beneficeranno degli incentivi del conto energia anche se non ancora connessi alla rete.


Il titolo Kerself si trova a ridosso di un importante supporto a 7,5 € passante per il minimo relativo di inizio maggio 2009.
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