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Frodi ed errori nella Sanità costano 180 mld euro annui

LONDRA, 18 gennaio - Sono circa 180 i miliardi di euro bruciati globalmente ogni anno per colpa di frodi ed errori nella sanità, una cifra che consentirebbe di quadruplicare i bilanci dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e dell'Unicef e di controllare la malaria in Africa.
Lo dice uno studio diffuso oggi.
Lo studio della European Healthcare Fraud and Corruption Network (Rete europea sulla frode e la corruzione nella sanità, Ehfcn) e del Centre for Counter Fraud Services (Centro per i servizi antifrode, Ccfs) dell'Università di Portsmouth, in Gran Bretagna, indica che il 5,59% della spesa globale per la salute va perduta per errori o corruzione.
"Ogni euro perso per frode o corruzione significa che qualcuno, da qualche parte, non sta ricevendo le cure di cui ha bisogno", dice Paul Vincke, presidente dell'Ehfcn e tra gli autori del rapporto.
"Restano malati per un tempo più lungo, e in qualche caso semplicemente muoiono senza che ve ne sia la necessità. Non ci si sbagli: le frodi sanitarie sono un killer".
Il rapporto ha rivisto 69 pratiche relative a 33 organizzazioni in sei paesi per misurare le perdite dovute a frodi ed errori sanitari.
La spesa sanitaria combinata valutata è superiore a 300 miliardi di sterline e gli esperti hanno estrapolato i loro risultati da Gran Bretagna, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Francia, Belgio e Paesi Bassi per ottenere un quadro globale.
I dati provenienti dai paesi in via di sviluppo non avrebbero cambiato la statistica mondiale, dicono gli autori, ma sarebbe stato comunque difficile ottenerli, dato che lo studio comprende solo pratiche basate su campioni statistici validi con livelli misurabili di accuratezza.
Il rapporto porta prova di molti e diversi tipi di frode, da quella dei farmacisti che dividono una prescrizione di farmaci in più ricette per ottenere soldi extra alle società farmaceutiche che organizzano cartelli, fino ai dottori che aumentano i costi di viaggio e abusano dei fondi pubblici, per esempio con truffe assicurative.

Kate Kelland
 
fonte: Reuters

Strauss-Kahn: Rischi Con Exit Strategy Prematura

A conferma di quanto scritto nel post sull’analisi di Borsa settimanale 11/15 gennaio, riportiamo quanto dichiarato a Tokio da Dominique Strauss-Kahn

I paesi sviluppati potrebbero ricadere nella recessione se abbandonassero troppo presto le strategie di stimolo messe in atto per combattere la crisi finanziaria globale, lo ha detto stamane il numero uno del Fondo monetario internazionale Dominique Strauss-Kahn.
La ripresa della domanda privata e quella dell'occupazione sono condizioni necessarie perché i governi possano iniziare a ritirare le politiche a sostegno delle loro economie, anche se la tempistica giusta dipende da condizioni specifiche in ogni paese, ha detto Strauss-kahn.
"La ripresa nelle economie avanzate è stata lenta" ha detto ai goirnalisti a Tokyo. "Dobbiamo essere cauti perché la ripresa è fragile".
Marek Belka, a capo del dipartimento europeo del Fmi, ha fatto eco ai commenti di Strauss-Kahn, dicendo che l'economia del continente non poggia ancora su basi solide.
Secondo il direttore del Fondo un ritiro prima del tempo degli stimoli sarebbe estremamente costoso dal momento che potrebbe provocare un nuovo calo della crescita, lasciando, però, i paesi a corto di strumenti per sostenere l'economia.

"Sarebbe difficile trovare nuovi strumenti" nota Strauss-Kahn.

"Il miglior indicatore [per le strategie di uscita] sono la domanda privata e l'occupazione... nella maggior parte dei paesi, la crescita è ancora sostenuta dalle politiche del governo. Fino a quando non ci sarà una domanda privata abbastanza forte per controbilanciare la necessità di misure di sostegno, non bisognerebbe uscire", dice il direttore del Fondo.
Il Fondo prevedeva in ottobre una ripresa della crescita mondiale nel 2010 con un'espansione di 3,1%.

fonte: Reuters

Prosegue la discussione in America sulla regolamentazione dei mercati finanziari

Molto spesso sono uno dei pochi in Italia a cantarla come va cantata, mentre questa volta sono proprio l'unico.

Ti invito a cercare sul web e sui giornali la notizia che sto per darti, stai tranquillo non la troverai.
Forse è troppo scomoda, o forse gli altri non hanno le fonti per informarsi, ma sarebbe strano perché loro sono giornalisti mentre io sono solo un imprenditore.
In America prosegue la discussione sulla regolamentazione dei mercati finanziari, ed a tal proposito Tyler Durden del blog finanziario ZeroHedge ci rivela una proposta di regolamento in fase di discussione da far venire la pelle d'oca.
Secondo questo articolo ci sarebbe stato un incontro tra la Security (SECURITY.SN - notizie) and Exchange Commission (SEC, l'omologo statunitense della nostra Consob) ed il Gruppo dei 30, (Paul Volker - Tim Geithner - Larry Summers - dirigenti di Goldman Sachs (NYSE: GS - notizie) / JP Morgan - stranieri rappresentanti delle banche centrali - e Barney Frank) che hanno proposto alcuni interessanti consigli per riformare il regolamento dei fondi monetari.
Dal sito web della SEC si evince che un fondo monetario è un tipo di fondo comune che è tenuto per legge a investire in titoli a basso rischio. Questi fondi prospettano un rischio relativamente basso rispetto ad altri fondi comuni di investimento e di pagare dividendi che rispecchiano in generale i tassi a breve termine.
I fondi monetari in genere investono in titoli di Stato, certificati di deposito, obbligazioni di aziende, o altri titoli a basso rischio e alta liquidità.

Questo è l'estratto da ZeroHedge:

"... un investitore tipicamente in un mercato monetario cerca un investimento a basso rischio, a bassa volatilità e a liquidità o rimborso immediato. Questi sono i tre pilastri su cui è basato l'intero settore del mercato monetaro pari a 3,3 triliardi di dollari.
Tuttavia i nuovi regolamenti proposti dall'Amministrazione, ed in particolare dalla sempre incompetente Securities and Exchange Commission, cercano di modificare uno di questi tre pilastri fondamentali sul quale si fonda tutto il settore del mercato monetario, modificando la peculiarità chiave del Money Market, cioè l'articolo 2a-7. Una proposta chiave nella revisione del regolamento del mercato monetario suggerisce che i gestori di fondi comuni monetari avranno la possibilità di "sospendere i rimborsi per consentire la regolare liquidazione del patrimonio del fondo."
Hai letto bene ... l'asset più sicuro e più liquido: i fondi comuni monetari, che rappresentano quasi il 40% di tutte gli asset società di investimento.
La prossima volta che vi sarà un crollo del mercato, e si tenterà di ritirare ciò che si pensava fosse "assolutamente" il denaro posto al sicuro, una persona del back office vi risponderà: "Mi dispiace - il vostro denaro è ora congelato. I Bank Runs sono diventati illegali. " Questo è appunto il regolamento ora proposto dall'amministrazione. In sostanza, l'intero mercato finanziario statunitense è ora un hedge fund, anche la tua quota di investimento presumibilmente più sicuro può essere distolto dal tuo controllo quando le onnipresenti "circostanze straordinarie" si paleseranno."

Inoltre:

"A questo punto, è senza dubbio che anche il governo si rende conto che quando la situazione diventerà difficile, e lo diventerà, le corse in banca saranno inevitabili; la loro soluzione: impedire che il denaro venga erogato, quando quel momento arriverà. E queste crisi, sia essa di liquidità, di solvibilità, o plain-vanilla, si verificano all'improvviso, e contemporaneamente. E tutto insieme, gli investitori "scopriranno" che gli avevano mentito, e che l'imperatore, in qualsiasi sistema Fiat (Milano: F.MI - notizie) , è sempre nudo ... Ora:

1. Il governo è fin troppo consapevole del fatto che il mercato è diventato un enorme Ponzi Scheme, e che tutti i veicoli di investimento, anche quelli più sicuri, sono soggetti alle corse agli sportelli bancari, e

2. Detto questo, le corse agli sportelli, si verificheranno.

È solo una questione di tempo. [....] In alternativa, il gioco del "ultimo pazzo" che becca la patata bollente, può continuare indefinitamente, fino a quando l'utilità marginale di ogni dollaro stampato da Ben Bernanke è pari a zero."
In pratica, se verrà approvata la regolamentazione cosi ben descritta da ZeroHedge tu non avrai più il controllo dei tuoi capitali, i fondi d'investimento si rifiuteranno in forza di legge di restituirtelo. E'evidente come i cosiddetti spiragli di ripresa siano assolutamente inventati e come, invece la crisi si faccia più profonda e epocale.
Le riforme introdotte nei sistemi monetari a corso forzoso non hanno mai funzionato e non funzioneranno neanche questa volta. Assisteremo ad un collasso delle valute e degli asset cartacei.
Si fa sempre più determinante l'allocazione dei propri capitali in oro e argento fisico.
Quali sono i tuoi piani per non essere travolto dalla prossima crisi?

Marco Piottante

www.forexitalia.tk

Previsioni Moody's sul 2010: difficile per banche italiane

Il sistema bancario italiano è destinato a dover affrontare un altro anno difficile nel 2010 e potrebbe verificarsi qualche declassamento a livello di singoli istituti, secondo quanto riferito a un quotidiano dal capo analista di Moody's per le banche italiane, Henry MacNevin.

MacNevin ha puntualizzato che complessivamente le banche italiane sono ben capitalizzate e i profitti dovrebbero stabilizzarsi nel 2010.
"Il 2010 sarà senza dubbio un anno difficile... il settore bancario in Italia resterà sotto pressione fino al 2011 e le sofferenze avranno un effetto pesante sui bilanci delle banche, ma non tanto da scatenare una crisi", ha spiegato MacNevin in un'intervista con il quotidiano Borsa & Finanza.
"Le banche italiane sono relativamente ben posizionate e non ci aspettiamo una migrazione di rating, ma potrebbe esserci qualche declassamento a livello di singoli istituti", ha aggiunto.
Sono molto poche le banche italiane che hanno usufruito degli aiuti del governo per affrontare la crisi economica.
UniCredit (UCG.MI), una della maggiori banche del Paese, è impegnata in un aumento di capitale fino a 4 miliardi di euro e la principale concorrente Intesa Sanpaolo (ISP.MI) è impegnata a vendere asset per raccogliere fondi.
"In generale sarebbe utile continuare con iniziative mirate a rinforzare un po' il capitale", ha precisato MacNevin. "Non siamo in una situazione di emergenza ma è bene conservare una certa prudenza".
L'analista ha precisato che la qualità degli asset nel settore si è deteriorata meno di quanto si aspettasse Moody's.
"Vediamo un rischio maggiore sul fronte corporate, perché le società sono più indebitate con debiti a breve termine: qui forse l'impatto sarà più pesante" che nei crediti relativi ai finanziamenti al consumo, nelle carte di credito e nei mutui, secondo quanto puntualizzato da MacNevin.

fonte: www.reuters.it

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Analisi di Borsa settimanale 11/15 gennaio


Il movimento ascendente ipotizzato nel post della scorsa settimana si è sviluppato come da manuale. Nel durante di lunedì 11 l’ndice si è affacciato sopra i 24.000 punti (24.058,76), ma in chiusura ha ripiegato velocemente sotto i 24.000 (23.774,76). Nelle giornate successive non ha mai recuperato i 24.000 punti , neanche nel durante, e questo è stato giustamente interpretato come un segnale di debolezza.

Ora, se il movimento ascendente continua a svilupparsi secondo copione dovrebbe andare ad adagiarsi sulla parallela inferiore del canale (arancione), senza escludere nel durante il raggiungimento del livello a 23.000 punti prima e del livello a 22.926 poi, che passa per 3 massimi relativi (fucsia). Fatto questo può tornare ad incontrare la parallela superiore, presumibilmente intorno ai 24.425 punti, dove passa la linea verde del massimo relativo del 19 ottobre.

Tutto questo in mancanza di notizie negative che purtroppo invece continuano ad arrivare.

• La crisi Greca non è finita, anzi, suscita tutta una serie di domande: perché la Grecia ha pubblicato dati falsi? Quante altre grecie esistono nell’eurogruppo? Quante altre stanno bussando alle porte dell’Europa?. Intanto l’Eurogruppo non trova miglior cura che una bella mazzata di multa.

• Le Banche Usa sono in rivolta contro la tassa di responsabilita' per la crisi. Fermo restando che la decisione di Obama è eticamente e moralmente ineccepibile, non credo che le banche si lascino imporre un ticket di 100 miliardi di dollari, sia pure in 10 anni e potrebbero "vendicarsi" vendendo titoli. La decisione di Obama è a dir poco prematura.

• Mercoledì 13 la Borsa di Shanghai ha avuto una caduta del 3,09 %. la Banca centrale cinese ha inaspettatamente alzato i coefficienti di riserva obbligatoria degli istituti di credito. E’ la mossa più forte fatta finora per normalizzare la politica monetaria dopo un approccio espansivo che dura da oltre un anno.
Le banche e i titoli immobiliari sono stati i più colpiti dalle vendite, con gli indici di settore in calo di oltre il 5%, perchè ritenuti i più penalizzati da una stretta monetaria. Anche questa è una mossa a mio giudizio prematura.

• il Presidente del Venezuela Hugo Chavez ha annunciato lo scorso venerdì una svalutazione della valuta locale, il bolivar del 50% (!). Da noi si è parlato di ripercussioni su Parmalat e Telefonica di qualche miliardo. Quante sono nel mondo le società direttamente o indirettamente interessate dalla svalutazione del Bolivar?

• Il Ministro Tremonti ha detto che l'armonizzazione delle rendite finanziarie (leggi innalzamento della tassa sulle plusvalenze di Borsa) è una strada da approfondire ma con prudenza per evitare di andare a colpire il risparmio delle famiglie italiane (che, attraverso i fondi pensione, sono tutte coinvolte). L’approccio del Ministro è giusto e risponde indirettamente alle richieste sindacali che da 40 anni sentiamo ripetere come un disco rotto. Prodi è stato mandato a casa anche per questo. Berlusconi è avvisato.

Fermiamoci qui. L’impressione è che nel mondo i governanti , e non, considerino la crisi un lontano brutto ricordo. Ma non è così. I tassi di disoccupazione in crescita lo stanno a testimoniare. Io vorrei fare solo una domanda a costoro: “ Le Borse sono risalite perché la crisi è passata o la crisi è passata perché le Borse sono risalite?”

Eurogruppo minaccia la Grecia, sul deficit rischia multa

I ministri dell'Eurogruppo hanno perso la pazienza con la Grecia che continua a non ascoltarli nel ridurre il proprio deficit e potrebbero essere pronti ad imporre sanzioni, secondo quanto riferito da una fonte dell'Eurogruppo.

L'Eurogruppo discuterà i dati macro greci nella riunione di lunedì dopo il report della Commissione Ue che ha mostrato che la Grecia ha per anni falsificato i propri dati del deficit poiché il sistema statistico è sottoposto ad influenze politiche.
"C'è una volontà molto limitata di voler fare qualche cosa senza che loro facciano molte cose", dice la fonte impegnata nella preparazione dell'Eurogruppo di lunedì.
Una revisione del deficit greco al 7,7% dal 5% del Pil per il 2008 ed un incremento delle previsioni del deficit per il 2009 al 12,7% da parte del nuovo governo ha portato al downgrade del rating sul debito e le voci di mercato su un possibile salvataggio di Atene da parte dell'Eurogruppo.
Ma non c'è molta voglia da parte europea per una simile azione.
"Restiamo fermamente convinti che non sia necessario alcun salvataggio. I tedeschi che pagano le tasse potrebbero aver poca pazienza se cerchi di spiegare che devi usare i loro soldi per salvare un Paese che ha coscientemente e con pervicacia ha pubblicato dati falsi e ha ripetutatemente infranto le regole europee", aggiunge la fonte.
"La Grecia deve fare il 100% di ciò che ha promesso", aggiunge un'altra fonte: "E' in gioco la credibilità del Patto di stabilità Ue".
Al Consiglio Ue di metà febbraio saranno formulate le raccomandazioni nei confronti della Grecia, concedendo quattro mesi di tempo per mettere in atto i passi richiesti.
"Non adeguarsi alle raccomnandazioni vorrebbe dire incorrere nelle sanzioni", dice una terza fonte.

fonte:www.reuters.it

Previsioni 2010 degli analisti di Unicredit

La recessione è alle spalle, la ripresa è in corso, ma è troppo presto per poter abbassare la guardia. Nell'Eurozona la crescita 2010 sarà moderata e non certo dinamica e i mercati, nei prossimi mesi, dovranno superare scogli difficili.

Nell'Outlook 2010 presentato oggi a Milano, gli economisti di Unicredit si mostrano estremamente cauti sull'anno appena iniziato, non solo per le complesse variabili macro, ma anche per i mercati azionari che, ha spiegato il capo economista Marco Annunziata, si troveranno di fronte a una fase di normalizzazione. "Prima il mercato scontava la fine del mondo ed era facile seguire la direzione, poi c'è stato il rimbalzo. Ora, in un mondo che va normalizzandosi, bisogna tornare a guardare i fondamentali e capire quali sono gli elementi che traineranno la crescita".
Secondo Unicredit i mercati azionari e obbligazionari si troveranno di fronte diverse difficoltà nei mesi futuri.
Italia. Secondo le stime di Unicredit, il nostro Paese crescerà dello 0,5% nel 2010 e dell'1% nel 2011, meno rispetto alla zona euro (+0,9% e +1,3%), mentre gli Stati Uniti dovrebbero crescere dell'1,8% in entrambi gli anni. La debolezza del Pil italiano rispetto a quello di altri Paesi , ha detto Annunziata , è dovuto a problemi strutturali come la produttività, il mercato del lavoro e la spesa pubblica, che necessitano di riforme. I punti di forza, però, vengono dal fatto che nel settore privato non ci sono squilibri, le famiglie sono poco indebitate e nel panorama imprenditoriale ci sono molte realtà che si ricavano nicchie di mercato nel mondo". Una cosa è certa: per tornare ai livelli pre-crisi, ci vorranno almeno 4-5 anni.

Exit Strategy. Le banche centrali fino ad ora hanno adottato una politica di tassi bassi inondando il mercato di liquidità per favorire l'uscita dalla crisi. "Il momento difficile , ha spiegato Annunziata , sarà quando la Fed e la Bce decideranno che è arrivata l'ora di rimuovere gli stimoli, drenando liquidità e alzando i tassi". Unicredit si attende che in America la Fed alzi i tassi da settembre 2010, mentre la Bce dovrebbe adottare una politica di tassi fermi per tutto l'anno. "L'exit strategy delle banche centrali , ha proseguito l'economista , sarà il tema centrale del 2010: rimuovere liquidità dal sistema o alzare i tassi troppo in fretta potrebbe azzoppare una crescita già fragile".

Debiti pubblici. Per tamponare la crisi, i governi hanno dovuto aumentare il debito pubblico, che ora rischia di diventare un problema in un contesto di crescita economica ancora fragile. "Il tema delle finanze pubbliche , ha detto Annunziata , rischia di avere ripercussioni sui mercati: se i governi non daranno prova di sapere realizzare riforme adeguate, i mercati potrebbero chiedere rendimenti più elevati sui titolo di Stato". A questo, si affianca il "rischio crescita", ossia azzoppare la ripresa per finanziare gli interessi passivi sul debito. Difficili le soluzioni al problema: "O si decide di tagliare la spesa pubblica, o si propende per alzare le tasse, rischiando però di fermare la ripresa".
I margini di manovra sono dunque molto risicati e anche le economie emergenti, quelle asiatiche, non daranno più la spinta propulsiva di un tempo. "La Cina - ha spiegato Annunziata - quest'anno crescerà del 10%, e il governo sta già discutendo misure per raffreddare la crescita".

Petrolio. Le materie prime faranno da traino per i mercati, e in particolare è attesa tensione sul greggio. Secondo le stime di Unicredit, il greggio da qui al 2011 potrebbe arrivare intorno ai 100 dollari al barile, per effetto della fame crescente dei Paesi asiatici. Il rialzo del greggio produrrà solo in parte tensione inflazionistiche, che sono attese più forti in Asia e in Europa dell'Est per effetto di un incremento dei prezzi dei prodotti alimentari.

Euro/Dollaro. I mercati valutari saranno molto volatili nel 2010. "In un primo tempo - dice Annunziata - l'euro si rafforzerà tornando a quota 1,50 contro il dollaro, recuperando le perdite legate alla crisi della Grecia. Successivamente tornerà a salire il dollaro". La fiducia nella ripresa Usa, le prime indicazione della Fed che farà capire di voler alzare i tassi, faranno sì che i mercati torneranno a focalizzarsi sul differenziale fra i tassi Ue e Usa, con un rafforzamento del dollaro.

Grecia. Il caso Grecia, alle prese con un debito pubblico elevatissimo, non preoccupa gli analisti di Unicredit che escludono categoricamente una catastrofe economica. "È impensabile - ha detto Annunziata - che l'Europa faccia fallire la Grecia e i mercati in questo momento non scontano certo una possibile uscita del Paese dall'Unione europea.". Piuttosto, ha proseguito, è verosimile che ci sarà volatilità con un allargamento degli spread.

fonte:www.websim.it

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Banche Usa in rivolta contro la tassa di responsabilita' per la crisi


Il presidente americano Barack Obama, come atteso, ha proposto una "tassa di responsabilità per la crisi finanziaria" per far sì che le grandi banche e le altre istituzioni finanziarie restituiscano ai contribuenti il denaro ricevuto per il loro salvataggio durante la crisi.

"Il mio impegno è recuperare ogni singolo centesimo che spetta al popolo americano", ha detto Obama in una nota rilasciata dalla Casa Bianca. "E la mia determinazione a raggiungere questo obiettivo è solo rafforzata dal vedere i profitti massicci e i bonus indecenti di quelle stesse società che devono la loro esistenza al popolo americano.. che continua ad affrontare le difficoltà di questa recessione", ha detto.

La tassa proposta intende recuperare una cifra fino a 117 miliardi di dollari, pari alle perdite sostenute dai contribuenti attraverso il piano Tarp, il fondo per il salvataggio delle grandi imprese allestito all'apice della crisi finanziaria.
Per i dettagli del piano bisognerà però attendere l'approvazione della legge finanziaria per l'anno fiscale 2011, prevista per i primi di febbraio. La parola definitiva spetterà quindi al Congresso.
Secondo le anticipazioni, il prelievo - che arriva mentre nel paese monta l'irritazione per il ritorno dei super-bonus bancari quando la disoccupazione tocca il 10% - dovrebbe ammontare allo 0,15% delle "covered liabilities", somma determinata sottraendo agli asset totali il capitale Tier 1.
E' inoltre previsto che solo i grandi gruppi, con almeno 50 miliardi di dollari di patrimonio siano soggetti all'imposizione. Le stime degli analisti indicano in una cinquantina il numero di società coinvolte dalla tassa, di cui 10-15 filiali americane di gruppi esteri. Tra le americane sarà coinvolto il gigante assicurativo Aig (AIG.N), mentre saranno esclusi Fannie Mae e Freddie Mac, che stanno ancora ricevendo supporto dal governo.
La proposta riguarda unicamente società di tipo bancario, finanziario e assicurativo, non toccando invece il settore automobilistico. L'imposizione resterà in vigore un minimo di 10 anni e comunque fino al pagamento completo delle perdite sul fondo Tarp.