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Borse: è destinato a durare il rialzo del 10 maggio?

La domanda che  circola maggiormente in queste ore dopo il balzo eccezionale di ieri registrato dalle Borse è quanto questo rialzo sia destinato a durare o a rivelarsi piuttosto un fuoco di paglia.

Tanto gli analisti di BlackRock quanto quelli del Credit Agricole  ritengono che il piano di salvataggio contribuirà a stabilizzare i mercati e avrà senza dubbio ricadute positive nel breve termine. Il problema però sarà verificare la capacità dei vari paesi europei di ridurre il loro deficit, e vedere se al contempo il piano garantirà un miglioramento sostenibile della fiducia.

A detta di ING non sono ancora stati sciolti tutti i nodi, senza dimenticare che restano da chiarire i dettagli e la tempistica del piano approvato durante il week-end. Un intervento definito coraggioso ed esaustivo da Citigroup, mentre secondo JP Morgan l'aggiustamento fiscale necessario non potrà essere sostituito nè dagli aiuti bilaterali nè dagli acquisti di bond da parte della BCE. Viene in particolare criticata quest'ultima mossa che apre le porte all'inflazione o all'iperinflazione, anche se un intervento in questo direzione si è reso inevitabile per assicurare liquidità al sistema bancario europeo.

Non diverse le indicazioni che arrivano dai colleghi di Centrosim che a proposito delle decisioni prese lo scorso week-end dall'Eurofin, parlano di iniziative sollecitate dal mercato già da tempo. L'idea è che le stesse dovrebbero contribuire ad allentare le tensioni vissute di recente, soprattutto sul comparto dei titoli finanziari che proprio quest'oggi sono stati i titoli maggiormente acquistati dagli investitori.

Infine, secondo Equita SIM dopo il piano di salvataggio è probabile che le politiche fiscali diventino più restrittive, specie nel sud Europa, e proprio qui si potrebbe avere un allentamento delle tensioni sui tassi.


Euro: per Ciampi fu un errore estenderlo a paesi deboli

Per Carlo Azeglio Ciampi, tra i fondatori dell'euro ed ex Presidente della Repubblica Italiana l'attuale crisi dell'Unione europea, scatenata dalla Grecia, si deve in parte al fatto che l'allargamento ad altri Paesi fu fatto con parametri troppo poco severi.

"Paghiamo il fatto che alcuni Paesi, tra cui la Grecia, sono entrati con parametri troppo poco severi", spiega Ciampi in un'intervista alla Stampa, definendo "un errore" l'ampliamento del numero dei Paesi entrati nella moneta unica.
"E' vero che l'istruttoria fu molto severa per il primo gruppo di Paesi candidati, compresi noi italiani, che dovemmo fare una delle manovre più dure della storia dal Dopoguerra per entrare nei requisiti richiesti dal sistema, e che invece al momento dell'allargamento ci fu meno severità: in questo senso non solo la Grecia ma anche altri Paesi era chiaro che entravano firmando una serie di obblighi che dovevano rispettare e di tappe successive che non hanno raggiunto", dice l'ex capo dello Stato.
"Proprio perché molti di noi dovettero affrontare sacrifici importanti, oggi dovremmo chiederci se sarebbe stato meglio non essere di manica larga. La risposta è senz'altro sì: il rigore avrebbe dovuto essere lo stesso per tutti", aggiunge Ciampi. "Sarebbe stato un rischio calcolato se insieme con l'euro fosse andato avanti il rafforzamento della collaborazione e del coordinamento in fatto di politiche economiche. Cosa che purtroppo non è avvenuta, con le conseguenze che vediamo".


Analisi di Borsa settimana 3/7 maggio e Previsioni

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Settimana drammatica quella appena conclusa che, per alcuni aspetti, è stata addirittura disgustosa. Mi riferisco a quei due oscuri episodi accaduti (l’ordine sbagliato di giovedì e il black out di venerdì) che gettano un’ulteriore ombra sulle borse. L’impressione che tutti hanno è che ci sia una regia ben orchestrata dietro a questi episodi riconducibile, come al solito, alla speculazione. Già ma dietro al termine generico di speculazione con cui si giustifica tutto e il contrario di tutto cosa si nasconde? E inoltre, visto che questa speculazione fa tanti danni come è possibile contrastarla?

Non è facile rispondere. La speculazione ormai è un’entità eterea, impalpabile, inqualificabile, inafferabile. Conosciamo la sua origine, la tribù dei grandi finanzieri americani (e non a caso la chiamo tribù), che da almeno un secolo prosperano sulle inefficienze del mercato. Loro studiano, scrutano, analizzano e seguono ogni fenomeno legato all’economia e alla finanza, sia delle società che delle nazioni e dove vedono inefficienze e distorsioni affondano le loro unghie. Si potrebbe quasi parlare di meritoria funzione “spazzino” della speculazione, che distrugge gli organismi malati ed esalta quelli sani, se non fosse che dietro agli stati sovrani ci sono i cittadini, ci siamo noi.

Che anche gli stati abbiano bisogno di qualcuno che li controlli è fuori di dubbio, la stessa vicenda della Grecia ne è un esempio. Apprendiamo in questi giorni che per decenni il paese ellenico ha sperperato, ecco alcuni esempi: 60.000 pensioni pagate a persone decedute; 320.000 pensioni fasulle pagate nel settore agricolo; il 43% dei pensionati che ha un secondo lavoro su cui ovviamente non paga le tasse; i ministeri che premiano con un bonus i dipendenti che arrivano puntuali al lavoro (e altri 20 tipi di indennità); commissioni statali con gli incarichi più fantasiosi, come quello ad esempio di gestire le acque di un lago prosciugato 80 anni fa, e così via. Ma il massimo dello sperpero lo ascoltiamo nel settore delle pensioni agli statali, ai quali è possibile andarci dopo 25 anni di servizio (generalmente sotto i 50 anni).

Tra i motivi della rivolta nelle strade di Atene è proprio l’intenzione del governo di portare la pensione a 63 anni. Già ma da noi, che dovremo dare alla Grecia quasi 15 miliardi di euro in 3 anni, l’età pensionabile è di 65 anni e con il meccanismo automatico messo a punto dal ministro Sacconi, legato all’allungamento delle aspettative di vita, arriverà in breve tempo ben oltre visto che l’apettativa di vita, secondo studi attendibili, aumenta di 3 mesi l’anno. Allora, mi chiedo, chi la deve pagare la crisi greca? Quantomeno vorremmo vedere tutti i lavoratori europei e a maggior ragione quelli greci andare in pensione alla stessa età, visto che pochi mesi fa l’Europa ha imposto anche alle lavoratrici italiane di andarci a 65 anni. Invece no, in questa corte dei miracoli che è l’Europa si deve vedere anche questo: scontri di piazza ad Atene, con relativi morti, perché i greci, poverini, dovranno andare in pensione a 63 anni, mentre la cancelliera Merkel viene lapidata perché chiede alla Grecia più rigore. No, qui c’è qualcosa che non funziona.

E mi chiedo ancora, doveva pensarci la speculazione a smascherare le inefficenze della Grecia, con tutte le conseguenze che sta comportando? Perché l’Eurogruppo non ha indagato e prevenuto questa situazione?
Ora sono tutti riuniti al capezzale della Grecia per evitare il suo collasso ed il contagio ad altri paesi che comporterebbe la frana dell’euro. Oggi, sabato 8 maggio, i componenti dell’Eurogruppo si sono riuniti ed hanno stanziato 70 miliardi immediati per arginare la speculazione. Poveri illusi, pensano di arginare la speculazione con solo 70 miliardi; forse ci riusciranno per alcuni giorni ma i problemi per l’euro torneranno, come prima, peggio di prima.

Le dimensioni e la forza della speculazione sono immense, dalla piccola tribù di New York è diventata un continente, il 7° continente: Speculonia.

Al contrario dell’Antartide che ha zero abitanti e un’enorme superficie, Speculonia ha zero superficie ma un’enormità di abitanti. Forse è improprio parlare di zero superficie perché in realtà Speculonia virtualmente esiste, forse potremmo misurarla in pixel quadrati o terabyte al quadrato, quello che è certo è che non ha confini né di spazio, né di tempo né di forza economica. Su di essa non tramonta mai il sole, ovunque si accenda un computer, davanti al quale c’è un trader di qualsiasi nazionalità, lì è territorio di Speculonia. Ecco perché fa paura.

E i primi ad aver paura sono proprio i governi che non sanno esattamente contro chi devono combattere. Si sentono osservati, perennemente sotto esame, verificati, giudicati. Come erano belli quei tempi in cui potevano fare quello che gli pareva e nessuno sapeva niente…! Aumentavano gli stipendi a quelli, assumevano quegli altri, mandavano in prepensionamento quella categoria e così si garantivano voti e poltrone nei secoli dei secoli. Il costo di tutto era un semplice: “pagherò”.

Ma la cosa bella è che sono stati proprio i governi, assecondando il capitalismo, a generare il Mostro della speculazione. Come il dottor Victor von Frankstein prima lo hanno generato poi lo hanno rinnegato, lasciandolo libero di compiere tutte le sue malefatte in nome del “mercato”. Ora essi stessi sono vittime del Mostro, sempre in nome del mercato. Ma che mercato è questo? Cosa è rimasto del “principio della domanda e dell’offerta”? Nulla. Oggi si può vendere quello che non si ha, comprare con pochi soldi, emettere titoli basati sul nulla, scommettere sul futuro, amplificare i risultati ecc. ecc.

Se andiamo a ben vedere sotto questo sedicente mercato c’è un solo filo conduttore: la scommessa. E allora mi chiedo, che differenza c’è tra la Borsa e un Casinò? Nessuna. Anche qui a vincere è sempre il banco (banche, sim, sgr ecc.) che di volta in volta gestisce giochi da lui inventati e regolamentati a suo favore. Chi glielo ha permesso? Chi non ha vigilato sull’espansione di questo meccanismo perverso? Il capitalismo. Il Mostro si è rivoltato contro suo padre e lo sta strangolando.

Ma il Mostro non ha solo un padre, ha anche una madre: la democrazia, che sarà la prossima vittima.
In che modo ucciderà sua madre? Semplice. Ormai tutti gli esseri umani sono direttamente o indirettamente coinvolti dalle malefatte del Mostro. Fondi pensioni, azioni, obbligazioni, titoli di stato sovrani…tutto è coinvolto e un crollo del loro valore renderebbe tutti più poveri. Anche chi non ha un euro da investire verrebbe coinvolto dalla crisi dei consumi e al massimo si salverebbero quelle nazioni che riescono a produrre a prezzi stracciati sfruttando i lavoratori 12 ore al giorno.

La disoccupazione di massa farebbe emergere il primo bisogno dell’uomo: mangiare. Chi darebbe da mangiare a 7 miliardi di persone? La risposta la trovo pensando a quando, 25 anni fa, facevo l’apicoltore. All’inizio dell’estate, quando c’è una abbondante fioritura, l’ape è l’essere vivente più calmo, laborioso, organizzato di tutti. Ogni arnia pensa a raccogliere e conservare il miele ed il polline necessari per passare l’inverno. Ma quando, in autunno, le fioriture sono finite e per qualche ragione ci sono arnie che non hanno accumulato provviste, si scatenano i saccheggi. L’ape da tranquilla e laboriosa creatura diventa una feroce assassina andando a prendere con la forza quello che le occorre per sopravvivere.
Io credo che il comportamento umano non sarebbe dissimile e per contrastarlo si dovrebbero abolire principi democratici essenziali. Ecco come il Mostro può uccidere anche sua madre.

Dall’alto della sua saggezza ed esperienza il Presidente Napolitano ha già fatto accenno al pericolo di un ritorno dei disordini e del terrorismo. Ma il vero pericolo non è quello del riemergere di iniziative di qualche gruppo estremista, il vero pericolo è che il Popolo intero si rivolti contro i governi dando luogo ad una nuova rivoluzione d’ottobre.
La crisi non deve essere pagata solo dal Popolo, ben vengano i riequilibri del settore statale in Grecia ma far pagare le crisi sempre e solo agli impiegati statali non è possibile. E in Italia, per favore, non facciamo credere che, con un gioco di 3 carte, i 15 miliardi di aiuti vengano fuori dal nulla. Sempre gli statali pagheranno, Scuola in testa.

Esagerazioni? Visioni apocalittiche? Speriamo ma giusto oggi, in una riunione straordinaria a Bruxelles, Il Presidente della Banca centrale europea Trichet ha addirittura parlato di crisi sistemica. Esattamente quel che qui ho detto in maniera un po’ più cruda.

Per la prossima settimana spero solo che il Mostro sia sazio. Non credo all’efficacia degli interventi dell’Ecofin e alle barricate in difesa dell’euro. Non credo neanche che in poche ore si possano varare misure per depotenziare il Mostro, al massimo si può anestetizzarlo per qualche ora. L’unica vera flebile speranza è che le quotazioni siano ormai arrivate ad un livello tale che lo inducano a cambiare strategia: da venditore a compratore.

Grecia: conseguenze e rimedi alla crisi economica

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Volendo ricostruire dal punto di vista macroeconomico quali sono le principali conseguenze della attuale crisi greca e fornire un punto di vista sui possibili rimedi partiamo, per semplicità, da un’ipotetica (seppur  improbabile) situazione di equilibrio Neoclassico. Immaginiamo dunque che l’economia Greca parta da una situazione di piena occupazione e piena flessibilità delle variabili monetarie (ex: prezzi e salari). In pratica, supponiamo che tale economia si trovi nel punto d’incontro tra domanda aggregata (Y=C+I+NX) e offerta aggregata di beni e servizi; lo stesso in cui tutti i fattori produttivi (lavoro e capitale) sono pienamente ed efficientemente impiegati. 






















Ora, se a tale idilliaco contesto si aggiungono una serie di fattori, primo fra tutti una politica di deficit spending quanto meno forsennata, la cattiva gestione delle finanze pubbliche e la pressocchè totale assenza di lotta all’evasione fiscale otteniamo i principali ingredienti per una recessione in piena regola. I sentori della crisi  provengono prima di tutto dall’aumento del premio per il rischio dei titoli greci da quando la nazione ha cominciato a temere di essere incapace di rimborsare il debito pubblico. Ciò ha indotto il governo greco ad applicare severe restrizioni fiscali e della spesa pubblica per ottenere le credenziali per il sostegno dell’unione europea, con la conseguente riduzione della quantità di moneta (depositi bancari e moneta circolante) nel paese, “espatriata” dai risparmiatori e dagli investitori internazionali verso “porti più sicuri”. La somma di questi 3 elementi ha comportato e comporterà la contrazione della domanda aggregata nel paese e, a parità di offerta, la recessione dell’economia reale (per la diminuzione del reddito, l’aumento della disoccupazione e la diminuzione dell’inflazione).
Trascurando i pur rilevantissimi argomenti di tipo microeconomico- Keynesiano sul riflesso che  tale situazione può comportare sul benessere economico e sulle aspettative di imprenditori e risparmiatori (capitalisti e famiglie) greci, la situazione in esame comporterà la riduzione anche dell’offerta aggregata di beni e servizi (curva blu nel piano) dipendente da elementi esogeni/istituzionali quali la tecnologia, il livello dei salari e la difficoltà delle relazioni imprese-sindacati (oggi tese più che mai).


Ad oggi la popolazione greca e la platea di investitori internazionali vede gi interventi del governo e della BCE più come un ostacolo che come un aiuto deprimendo così ulteriormente il loro tenore di vita. Il destino a breve termine dell’economia Greca sembra quindi essere indirizzato verso una forte contrazione dell’economia reale, cui non è detto segua una diminuzione dei prezzi che attenuerebbe la caduta dei salari nominali (sebbene la deflazione sia un male ben più difficile da sradicare dell’inflazione, il Giappone insegna…).
Per uscire da siffatta recessione le uniche vie praticabili quindi sarebbero:
  •  POLITICA MONETARIA ESPANSIVA: strumento non in mano alla Grecia, oltre al fatto che al momento, se anche fosse emessa moneta per prestiti all’economia non ci sarebbero sufficienti garanzie per indebitarsi (essendo ridotto il reddito e quindi la base imponibile);
  •  POLITICA FISCALE: nelle mani ma al momento non nelle possibilità del governo greco;
  •  FAVORIRE IL DEPREZZAMENTO DEL TASSO DI CAMBIO: al momento l’unica ancora di salvezza, sebbene la Grecia non sia un grande esportatore di beni e considerando che da solo il deprezzamento dell’euro non può consentire una stabile e solida ripresa dell’economia (oltre agli effetti spiacevoli che comporta il rincaro delle importazioni!).
Paradossalmente, l’unica vera possibilità di ripresa della Grecia è nella prossima estate e nella sua capacità di “esportare” servizi turistici, sfruttando le bellezze della sua terra, l’unica forse  intoccata dalla crisi economica.  Solo questo potrà fungere da propulsore per risvegliare la domanda aggregata dell’economia, se, ma solo se, le tensioni sociali e gli scioperi si placheranno…

 Dott.ssa Valeria Ponis

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L'Unione Europea senza leadership ha davanti a se 20 anni di crisi

L'Unione Europea è a un punto critico della sua esistenza e dovrà fare sforzi per 20 anni per conquistare influenza a meno che non trovi l'unità e una salda leadership. Lo dice un rapporto diffuso oggi ed elaborato da una gruppo di ex uomini di stato, guidati dall'ex premier spagnolo Felipe Gonzales.
Il rapporto di 35 pagine elaborato dal "Reflection Group", un comitato di 12 leader politici ed economici a cui nel dicembre 2007 era stato chiesto di analizzare le sfide che probabilmente la Ue si troverà a dover affrontare nel 2030, arriva alla conclusione che le previsioni per l'Unione non sono rassicuranti.
"L'Europa attualmente è a un punto di svolta della sua storia", dice il documento intitolato "Project Europe 2030".
"Supereremo le sfide che sono davanti a noi soltanto se tutti -- politici, cittadini, datori di lavoro e dipendenti -- saremo capaci di radunarci attorno a un nuovo scopo comune definito dalle necessità dell'epoca attuale".
Concentrandosi sull'impatto della crisi finanziaria ed economica -- che si è verificata poco dopo che il rapporto fu commissionato -- il gruppo dice che la struttura a due terzi dell'Europa, con 16 stati membri che fanno parte dell'euro zona e gli altri che operano su cicli diversi, rende essenziale una gestione economica più stretta.
"Rafforzare la governance economica nella Ue è una urgente necessità se vogliamo evitare gli shock asimmetrici che derivano dalla coesistenza della nostra unione monetaria e del mercato unico con politiche economiche divergenti".
"Le origini della crisi hanno poco a che fare con l'euro, la stabilità e il patto di crescita, ma questi meccanismo non sono stati sufficienti a garantire una convergenza economica durante la crisi".
Il Reflection Group raccomanda una serie di misure che la Ue dovrebbe assumere per rafforzare la propria leadership e migliorare la sua influenza economica, tra cui:

* riformare il funzionamento e la supervisione delle sue istituzioni finanziarie;

* rivedere i propri mercati del lavoro e le politiche pensionistiche;

* elaborare una strategia energetica comune, compreso il nucleare sicuro;

* guidare l'impegno globale contro il cambiamento climatico;

* considerare l'introduzione di una carbon tax europea e rafforzare il mercato unico, compreso il coordinamento fiscale

* aumentare il numero di donne che lavorano, investire nella ricerca e nello sviluppo e adottare politiche sull'immigrazione più aperte.

Il rapporto chiede anche alla Ue di indicare una guida più chiara, piuttosto che mantenere una serie di voci -- il presidente della Commissione Europea, i capo di stato Ue, il presidente del Consiglio Europeo, il presidente del Parlamento Europeo -- per parlare della direzione dell'Unione.
"Soprattutto, la situazione richiede una forte guida politica, una forma di leadership segnata dalla capacità di sostenere un dialogo onesto e fruttuoso con i cittadini e di governare in partnership", conclude il documento.
"Garantire il sostegno dei nostri cittadini sarà vitale, non solo perché l'Unione sopporti l'impatto sociale ed economico della crisi ma anche per dare corso alle riforme strutturali necessarie se l'Europa deve diventare più forte in futuro".

Ilona Wissenbach, BRUXELLES, 8 maggio  

fonte: Reuters

Draghi: senza aggiustamenti altri Paesi a rischio

Il governatore della Banca d'Italia e presidente del Financial Stability Board, Mario Draghi, sottolinea che le riforme del sistema finanziario vanno fatte senza tentennamenti.
Nel mondo ci sono altri Paesi che "senza aggiustamenti precauzionali" corrono gli stessi rischi della Grecia. In Europa bisogna pensare a rivedere il patto di stabilità includendo in esso i criteri per attuare riforme strutturali.
Nell'intervento presso la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali ha dichiarato:
"Il verificarsi di squilibri nella bilancia dei pagamenti comportano necessariamente cambiamenti nei flussi finanziari. E aggiustamenti nel conto capitale possono verificarsi in modo dannosamente veloce, forzando un rapido cambiamento della domanda che ha costi molto elevati dal punto di vista economico, finanziario e sociale. Questa è la situazione della Grecia oggi. ci sono altri Paesi nel mondo che corrono un rischio simile senza aggiustamenti precauzionali. La lezione della crisi è che occorre rivedere il concetto del Patto di stabilità e crescita e rafforzare il governo economico dell'Unione. Finora il Patto di stabilità è consistito in un meccanismo di osservazione dei bilanci pubblici. E' necessario ora renderlo più incisivo ed estenderlo all'area delle riforme strutturali perché la mancanza di tali riforme è il motivo alla base della mancata crescita di alcuni Paesi. Alcuni dicono che bisogna attuare le riforme gradualmente per evitare di compromettere la fragile ripresa in atto. Io rispondo che la ripresa è troppo fragile per permettere temporeggiamenti. I grandi squilibri della bilancia dei pagamenti sono ancora con noi e i flussi lordi di capitale sono pronti ad espandersi negli anni a venire. La possibilità di un'improvvisa inversione negativa è alta come dimostra la situazione in Grecia. Se si deteriorano le condizioni economiche e non avremo riformato il sistema finanziario dovremo affrontare il rischio di un rinnovato avvitamento verso il basso. Le opzioni per ulteriori allentamenti fiscali e monetari sono limitate - forse inesistenti. La solidità del sistema finanziario è perciò cruciale per la sostenibilità della ripresa economica".


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Analisi di Borsa settimana 26/30 aprile e Previsioni

Settimana molto pesante quella appena trascorsa con momenti addirittura drammatici. Mi riferisco alla raffica di downgrade che le agenzie di rating hanno divulgato tra lunedì e mercoledì e che hanno diffuso il panico nelle Borse. La sindrome da contagio della crisi greca ormai era assodata e solo le rassicurazioni della sig.ra Merkel, forse convinta proprio dal comportamento delle borse, sulla partecipazione della Germania nel pacchetto di aiuti, ha ridato un po’ di serenità. Ma seri danni ormai erano stati fatti.
Che si sia trattatto di “panic selling” non c’è dubbio. il problema greco aveva, fino ad allora, colpito solo i titoli bancari, da lunedì invece ha trascinato al ribasso tutti i titoli, anche quelli che con la crisi greca non hanno nulla a che vedere e la borsa italiana, tanto per cambiare, ha fatto peggio delle altre.
E’ notizia di oggi (domenica) che la UE e il governo greco si sono accordati per un prestito di 120 Mld in tre anni. Che un accordo si trovi di domenica la dice lunga sulla gravità della situazione e sui timori di un ulteriore aggravamento dei mercati. Servirà a riportare il sereno sulle borse? Auguriamocelo perché siamo sull’orlo del precipizio anzi, abbiamo già messo un piede oltre.
Graficamente la situazione è molto chiara. Parto dal grafico a 5 anni settimanale, quello che aveva pronosticato la caduta di inizio anno e la violenta risalita partita da fine febbraio. L’indice ha perforato all’ingiù la media mobile a 50 settimane, che corre a 21.832 punti, di oltre 300 punti (21.562). Un’ulteriore caduta aprirebbe la strada al raggiungimento del minimo relativo a 20.818 e oltre ma, soprattutto, invertirebbe il trend di lungo termine aprendo scenari drammatici che ho già fantasiosamente descritto nel post “Analisi e Previsioni settimanali di Borsa 1/5 febbraio 2010” . In quel post facevo vedere la somiglianza grafica tra l’andamento dell’indice nell’ultimo anno e quello del 1929. Sembrava un’elucubrazione, una mera dissertazione di fantafinanza e invece è tornato di preoccupante attualità. Tutto questo per sottolineare la posta in gioco. I nostri governanti debbono capire che un default della Grecia, con il suo contagio, avrebbe un effetto devastante 100 volte i mutui subprime e 1000 volte l’Argentina ed aprirebbe il varco ad un era che potremmo definire la Nuova Grande Depressione.
Ma per ora godiamoci l’accordo raggiunto oggi e pensiamo positivo.
Il grafico del FTSE MIB a 7 mesi ci fa vedere come l’indice abbia raggiunto, e anche parzialmente superato, la retta inclinata a 15° che parte dal minimo a 20.818 punti del 25 febbraio, concludendo di fatto la figura testa e spalla ribassista. Ora è tutto pronto, o quasi, per ripartire al rialzo. Potrebbe stazionare per breve tempo intorno ai 21.000 punti ma si può già iniziare a pensare di entrare con mano leggera.

Il Dj, dal canto suo, non è rimasto immune dal sospetto di contagio della crisi greca, a conferma del timore, se ce ne fosse bisogno, che possa diffondersi al mondo intero. Pur non essendo più una retta è tuttavia ancora ben impostato all’interno del canale rialzista in cui si trova. Non deve spurgare grandi eccessi, tuttavia la tenuta della parallela inferiore è cruciale. Non dovrebbero esserci problemi (Goldman Sachs, marea nera, legge sulle banche, crisi greca, attentati, permettendo).