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L'italia è ancora un Popolo di Risparmiatori

Nel contesto delle grandi nazione europee, l’Italia è quella dove le famiglie – nel 2009 – si sono indebitate di meno.
Gli italiani sono un popolo di risparmiatori, lo si è sempre saputo. Adesso, un’analisi elaborata dalla Cgia di Mestre conferma che – anche nell’anno più acuto della crisi economica – le famiglie italiane si sono attestate su livelli di risparmio privato molto elevati, soprattutto se in confronto con il comportamento dei nuclei familiari delle altre nazioni europee.
Nel 2009, l’indebitamento delle famiglie italiane ha toccato quota 524,1 mld di euro, evidenziando una crescita, ma confermandosi più contenuto di quello registrato nei più sviluppati Paesi d’oltre confine. Delle grandi nazioni europee, quella con un ammontare d’indebitamento privato più vicino a quello dell’Italia è la Spagna. Se l’indebitamento privato delle famiglie iberiche è di 896,7 miliardi di euro, ben altri sono i dati relativi a Francia, Germania e Gran Bretagna. Le famiglie francesi, nel 2009, si sono indebitate per 942,4 miliardi di euro, quelle tedesche per 1.515,2 miliardi di euro e quelle britanniche, addirittura, per 1605,3 miliardi di euro – il triplo di quelle italiane.
Dai dati complessivi, si deduce che – a livello disaggregato – ogni famiglia italiana, nel 2009, si è indebitata mediamente per 21.270 euro. Non egualmente virtuose, le altre famiglie europee: in media, le famiglie francesi hanno navigato attraverso il 2009 contraendo 36.150 euro di debiti. Qualche debito in più, durante l’anno, per i nuclei familiari tedeschi (37.785 euro), spagnoli (55.886 euro) e inglesi (63.477 euro).

fonte: FTAOnline

Dopo la Grecia tocca a Spagna e Portogallo

Questo revival della crisi finanziaria globale in Europa è legato a doppio filo con la crescente preoccupazione per la tenuta dei debiti sovrani. Le manovre straordinarie dei governi contro gli ultimi terribili anni dell’economia globale hanno, infatti, messo in dubbio la tenuta dei bilanci pubblici chiamati a manovre straordinarie mai viste prima. Così capita che anche l’Europa veda sotto attacco i propri paesi più deboli, dalla Grecia alla Spagna, dall’Irlanda al Portogallo con l’aggiunta, per qualcuno, dell’Italia.Non mancano fra gli osservatori internazionali coloro che sottolineano i rischi provenienti per tutta Eurolandia da certe situazioni a rischio. Già a Davos l’economista Nouriel Roubini aveva affermato che la Spagna era per il Vecchio Continente un pericolo maggiore della Grecia, del Portogallo e dell’Irlanda. Parole assai simili a quelle più recenti del premio Nobel per l’economia Paul Krugman e vicine a quelle del numero uno del Fondo monetario internazionale Dominique Strauss Kahn che ha parlato di crisi molto profonda.Già dopo l’affaire greco che ha costretto il governo di George Papandreou a presentare rapidamente un duro piano di rientro dalla crisi a Bruxelles la fiducia della comunità finanziaria aveva iniziato in quei giorni a guardare anche alla Penisola iberica. Prime avvisaglie della crisi erano venute con alcuni allarmi delle agenzie di rating sul debito sovrano del Portogallo. A chi ha cominciato a ricordare che la peggiore crisi immobiliare d’Europa è in Spagna e non in Grecia e a paventare un altro attacco all’Eurozona da quel versante, Madrid ha risposto come Lisbona: “La nostra situazione è diversa da quella della Grecia”.In realtà fra il deficit del 12,7% esploso in Grecia e quello dell’11,4% registrato nel 2009 non corre poi tanta differenza, tuttavia il fatto che il debito pubblico della Spagna sia al 55,2% del Pil invece che al 113,4% come nel caso di Atene crea un abisso tra le due situazioni. La situazione del Portogallo non pare più rosea: con un deficit al 9,3% e debito pubblico al 76,6% del Prodotto interno lordo bisognerà lavorare molto anche a Lisbona. L’Irlanda, uno dei paesi che più hanno pagato dazio all’elevata finanziarizzazione degli ultimi anni, registra un deficit all’11,6% del Pil e un debito pubblico al 64,5%: c’è poco da gioire, dunque, anche a Dublino. Per il momento l’Italia sembra più solida degli altri, perché una dura disciplina nei conti pubblici ci ha permesso di mantenere il deficit al 5,4% (ma il debito al 113,9% rimane comunque un problema con il quale fare i conti).Altre variabili complicano inoltre questa crisi dell’”Europa periferica” (come l’hanno definita) o, se si preferisce, mediterranea. In particolare il fatto che Atene e Madrid siano sede di due governi socialisti rende assai più difficile che altrove l’applicazione di dure misure di taglio della spesa. Il governo Zapatero ha già avanzato l’ipotesi di un innalzamento dell’età pensionistica e sarà difficilissimo coniugare dei tagli alla spesa sociale previsti in 50 miliardi di euro con una disoccupazione tra le più alte d’Europa. In Spagna si deve gestire un tasso di disoccupazione che al 18,8% (praticamente 8 milioni di persone senza lavoro) con la più grande crisi immobiliare del Vecchio Continente. L’economia del Paese però – è vero – non può essere paragonata a quella della Grecia e in parte sconta anni di brillante crescita che l’hanno portata nel consesso delle più grandi economie del mondo.Né bisogna sottovalutare l’impatto sistemico delle crisi dei paesi dell’Europa Meridionale su tutta l’economia dell’Unione. Ieri il presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet ha sottolineato che le stime sull’Europa dei 16 parlano di un deficit/Pil al 6% contro il 10% del Giappone e degli Stati Uniti: è un dato molto importante che difende la solidità dell’Unione nel giorno in cui l’euro ritorna a 1,37 dollari toccando il minimo degli ultimi sette mesi. Nel frattempo, come qualcuno ha notato, sui credit default swap (le assicurazioni sul debito sovrano contro i fallimenti delle nazioni) si sono trasferite le tensioni che una volta erano sui cambi valutari: Spagna e Portogallo hanno fatto un balzo notevole e, sebbene siano ancora lontani dai livelli della Grecia, portano nuove preoccupazioni sulla tenuta dell’economia unica del Vecchio Continente.Le tensioni speculative e il clima di sfiducia rischiano dunque di portare nuovi colpi all’Unione Europea e Bruxelles si trova nuovamente nella necessità di dimostrare al mondo la coesione dell’Europa. (GD)

fonte: FTA Online

Un Consiglio al giorno: Approfittare dei crolli di Borsa per ristrutturare il Portafoglio

  I crolli di Borsa sono sempre eventi negativi che mettono a dura prova i nostri nervi. Tuttavia, a meno che non siamo dei turisti di Borsa che al primo intoppo scappano a gambe levate, dobbiamo imparare a gestire lo stress e approfittare delle occasioni che si presentano. Questo vale soprattutto per coloro che, non avendo applicato le tecniche di difesa del capitale come lo stoploss e il trailingstop, si ritrovano in portafoglio titoli con perdite a due cifre e non hanno il coraggio di consolidare queste perdite vendendoli. Bene, vi dico che è arrivato il momento di fare pulizie. Ci sono titoli che potete tenerli anche 100 anni non ci rifarete mai i soldi investiti. Viceversa ci sono titoli che in questi giorni vengono svenduti sull’onda dell’emotività e che avranno, appena le crisi isteriche saranno passate, ottime possibilità di risalita. E’ un po’ come avere due palle in mano, una di carta e una di gomma e lasciarle cadere dalla finestra, arriveranno ambedue a terra nello stesso istante ma quella di gomma rimbalzerà molto più in alto. Come scegliere le palle di gomma? Osservando i grafici e scegliendo le azioni che hanno un grafico in forte salita, la cui correzione ha provocato solo un momentaneo ripiegamento.
Esempi sul FTSEMib : Ansaldo STS, Atlantia, Autogrill, Bulgari, Campari, CIR, Luxottica, Mediaset, Pirelli & C, Prysmian, Saipem, Snam Rete Gas, Tenaris, Terna.
Per il CAC40 e il DAX30 ribadisco quanto detto nel post Titoli interessanti sul DAX 30 e CAC 40

Interessante: Ansaldo STS, un Portafoglio Ricco di Commesse

Ansaldo STS beneficia del contratto vinto ieri per l'esercizio e la manutenzione della metropolitana automatica senza guidatore di Copenhagen e segna una delle migliori performance tra le blue chip, con un +1,55% a 14,42 euro per azione . L'importo del contratto, della durata di 5 anni, è pari a circa 180 milioni di euro con l'opzione per ulteriori 3 anni.

Potenzialmente gli analisti stimano altri 100 milioni di euro. La commessa è importante in quanto vale circa il 12% della raccolta ordini che si stima per l'anno in corso pari a circa 1,5 miliardi di euro, ovvero book to bill oltre 1,2 volte; vale circa il 3% del fatturato annuo; tipicamente la manutenzione genera margini superiori alla media.
Fioccano così i consigli d'acquisto sul titolo: Equita sim stamani ha ribadito il rating buy e un target price a 16,6 euro, Intermonte outperform e un target price a 16,50 euro, Mediobanca outperform e un target price a 16,5 euro, Banca Akros accumulate e un prezzo obiettivo a 16 euro e Banca Imi add con un target a 16 euro.
"L'azione tratta a un P/E 2010 di 14,4 volte con una crescita visibile dell'Eps dell'11,2%", si legge nella nota di Mediobanca. E mentre Banca Akros rimarca il fatto che Ansaldo STS è sulla strada giusta per incrementare la quota di ricavi derivante da O&M dal livello attuale sotto il 10% a circa il 15% nel 2012, Banca Imi si aspetta che il ruppo vinca altri ordini dalla Danimarca e stima potenziali contratti per 150 milioni di euro. "Ci aspettiamo notizie in merito nel secondo trimestre 2010 insieme ad altre novità sulla metropolitana a Tripoli, Tunisia e Panama".

Francesca Gerosa

fonte: MF online

Cos'è un' Opzione Call

Un'opzione call è uno strumento derivato che dà all'acquirente il diritto, ma non l'obbligo, di acquistare un titolo (detto sottostante) a un dato prezzo di esercizio. Come in ogni contratto derivato, per acquisire tale diritto l'acquirente paga un premio. Attraverso l'opzione call vengono costruiti molti contratti derivati nei quali la base comune è il diritto di acquisto del sottostante che l'acquirente si assicura se ritiene che un'azione o una merce saliranno di prezzo.
Il vantaggio del compratore di una call è che il suo rischio è limitato al costo del diritto di acquisto (premio). Se il prezzo della azione o della merce si abbasserà, non esercita la facoltà di acquisto e perderà solo il premio. Ma al contempo il beneficio è illimitato, quanto più sale il prezzo della azione o della merce (al di là del livello fissato), maggiori saranno i benefici: egli acquisterà al prezzo prefissato e rivenderà contestualmente, lucrando sulla differenza. Al contrario, per il venditore di call il beneficio è limitato al premio, e il ‘maleficio' è potenzialmente illimitato. Per questo i compratori di opzioni sono solitamente privati mentre i venditori sono solitamente banche o società finanziarie con le spalle larghe.
Il periodo in cui si può esercitare l'opzione è di solito limitato a pochi mesi. L'opzione call si può esercitare in più modi: alla scadenza (stile europeo), ad intervalli regolari o durante tutto il periodo (stile americano).

fonte: il Sole24ORE

Cos'è un' Opzione Put?

Un'opzione put è uno strumento derivato in base al quale l'acquirente dell'opzione acquista il diritto, ma non l'obbligo, di vendere un titolo (detto sottostante) a un dato prezzo di esercizio. Al fine di acquisire tale diritto, l'acquirente paga un premio. Perché si può essere disposti a pagare un premio per potere vendere delle azioni fra, poniamo, due mesi a un dato prezzo? Perché pensiamo che il prezzo si abbasserà oltre quel livello. Se il compratore di una opzione put acquisisce un diritto di vendere azioni, il venditore di una opzione put si assume l'obbligo di acquistarle. Come contropartita la persona che vende una put incassa un premio. Simmetricamente all'opzione call, con l'opzione put il venditore può perdere un multiplo del premio, mentre per il compratore, che può perdere solo il premio, il beneficio è potenzialmemte (quasi) illimitato.

Attraverso l'opzione put vengono costruite molte tipologie di contratti derivati (future). Rispetto alla scadenza dell'opzione, il diritto può essere esercitato in più modi: all'europea (alla scadenza), all'americana (in qualunque momento). Contratti più complessi vanno sotto il nome di opzione put di tipo asiatico, Bermudan, e altri ancora.

fonte: il Sole24ORE

Cos'è l'Euribor?

L'Euribor è il tasso interbancario sui fondi in euro, secondo diverse scadenze. Questo ‘Euro interbank offered rate' è il tasso al quale depositi in euro vengono scambiati fra banche primarie, e viene calcolato ogni giorno come media delle transazioni svolte in quel giorno. Le scadenze vanno da una settimana a 12 mesi. All'Euribor sono legati vari contratti di prestito a tasso variabile, per esempio i mutui per la casa: questi possono stipulare che i tassi vengano periodicamente variati secondo l'andamento dell'Euribor (di solito a 1 o a 3 mesi).


fonte: il Sole24ORE

Cos'è il Libor?

Sono le iniziali di London Interbank Offered Rate, e si tratta di un tasso di riferimento per le transazioni sul mercato interbancario, cioè sul mercato dove le banche si scambiano fondi a breve. Il Libor è da molto tempo il tasso standard cui sono agganciati molti altri tassi – per esempio, i mutui a tasso variabile e

molti prodotti derivati, come i Forward rate agreement e gli Interest rate swap – e viene calcolato dalla British Bankers' Association e reso disponibile ogni giorno intorno alle 11.45 ora di Londra. Viene calcolato come media degli otto valori centrali forniti da sedici grandi banche. Vi sono molti Libor, per varie scadenze (dall'overnight a 12 mesi) e per molte valute (dollaro Usa, canadese, australiano e neozelandese – euro (sostituito dall'Euribor) – Yen – sterlina – franco svizzero – corona danese e svedese).
Nel 2008 la British Bankers' Association si è dovuta difendere dall'accusa di aver pubblicato dati Libor non veritieri, perché le banche non volevano far vedere – in quei mesi in cui si aggravavano le tensioni sul mercato interbancario – che i tassi erano più alti di quello che si pensava. In risposta a queste accuse la Bba ha annunciato una serie di misure per rafforzare la governance del processo di costruzione del Libor.

fonte: Il Sole24ore