Questo revival della crisi finanziaria globale in Europa è legato a doppio filo con la crescente preoccupazione per la tenuta dei debiti sovrani. Le manovre straordinarie dei governi contro gli ultimi terribili anni dell’economia globale hanno, infatti, messo in dubbio la tenuta dei bilanci pubblici chiamati a manovre straordinarie mai viste prima. Così capita che anche l’Europa veda sotto attacco i propri paesi più deboli, dalla Grecia alla Spagna, dall’Irlanda al Portogallo con l’aggiunta, per qualcuno, dell’Italia.Non mancano fra gli osservatori internazionali coloro che sottolineano i rischi provenienti per tutta Eurolandia da certe situazioni a rischio. Già a Davos l’economista Nouriel Roubini aveva affermato che la Spagna era per il Vecchio Continente un pericolo maggiore della Grecia, del Portogallo e dell’Irlanda. Parole assai simili a quelle più recenti del premio Nobel per l’economia Paul Krugman e vicine a quelle del numero uno del Fondo monetario internazionale Dominique Strauss Kahn che ha parlato di crisi molto profonda.Già dopo l’affaire greco che ha costretto il governo di George Papandreou a presentare rapidamente un duro piano di rientro dalla crisi a Bruxelles la fiducia della comunità finanziaria aveva iniziato in quei giorni a guardare anche alla Penisola iberica. Prime avvisaglie della crisi erano venute con alcuni allarmi delle agenzie di rating sul debito sovrano del Portogallo. A chi ha cominciato a ricordare che la peggiore crisi immobiliare d’Europa è in Spagna e non in Grecia e a paventare un altro attacco all’Eurozona da quel versante, Madrid ha risposto come Lisbona: “La nostra situazione è diversa da quella della Grecia”.In realtà fra il deficit del 12,7% esploso in Grecia e quello dell’11,4% registrato nel 2009 non corre poi tanta differenza, tuttavia il fatto che il debito pubblico della Spagna sia al 55,2% del Pil invece che al 113,4% come nel caso di Atene crea un abisso tra le due situazioni. La situazione del Portogallo non pare più rosea: con un deficit al 9,3% e debito pubblico al 76,6% del Prodotto interno lordo bisognerà lavorare molto anche a Lisbona. L’Irlanda, uno dei paesi che più hanno pagato dazio all’elevata finanziarizzazione degli ultimi anni, registra un deficit all’11,6% del Pil e un debito pubblico al 64,5%: c’è poco da gioire, dunque, anche a Dublino. Per il momento l’Italia sembra più solida degli altri, perché una dura disciplina nei conti pubblici ci ha permesso di mantenere il deficit al 5,4% (ma il debito al 113,9% rimane comunque un problema con il quale fare i conti).Altre variabili complicano inoltre questa crisi dell’”Europa periferica” (come l’hanno definita) o, se si preferisce, mediterranea. In particolare il fatto che Atene e Madrid siano sede di due governi socialisti rende assai più difficile che altrove l’applicazione di dure misure di taglio della spesa. Il governo Zapatero ha già avanzato l’ipotesi di un innalzamento dell’età pensionistica e sarà difficilissimo coniugare dei tagli alla spesa sociale previsti in 50 miliardi di euro con una disoccupazione tra le più alte d’Europa. In Spagna si deve gestire un tasso di disoccupazione che al 18,8% (praticamente 8 milioni di persone senza lavoro) con la più grande crisi immobiliare del Vecchio Continente. L’economia del Paese però – è vero – non può essere paragonata a quella della Grecia e in parte sconta anni di brillante crescita che l’hanno portata nel consesso delle più grandi economie del mondo.Né bisogna sottovalutare l’impatto sistemico delle crisi dei paesi dell’Europa Meridionale su tutta l’economia dell’Unione. Ieri il presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet ha sottolineato che le stime sull’Europa dei 16 parlano di un deficit/Pil al 6% contro il 10% del Giappone e degli Stati Uniti: è un dato molto importante che difende la solidità dell’Unione nel giorno in cui l’euro ritorna a 1,37 dollari toccando il minimo degli ultimi sette mesi. Nel frattempo, come qualcuno ha notato, sui credit default swap (le assicurazioni sul debito sovrano contro i fallimenti delle nazioni) si sono trasferite le tensioni che una volta erano sui cambi valutari: Spagna e Portogallo hanno fatto un balzo notevole e, sebbene siano ancora lontani dai livelli della Grecia, portano nuove preoccupazioni sulla tenuta dell’economia unica del Vecchio Continente.Le tensioni speculative e il clima di sfiducia rischiano dunque di portare nuovi colpi all’Unione Europea e Bruxelles si trova nuovamente nella necessità di dimostrare al mondo la coesione dell’Europa. (GD)
fonte: FTA Online