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Grecia: conseguenze e rimedi alla crisi economica

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Volendo ricostruire dal punto di vista macroeconomico quali sono le principali conseguenze della attuale crisi greca e fornire un punto di vista sui possibili rimedi partiamo, per semplicità, da un’ipotetica (seppur  improbabile) situazione di equilibrio Neoclassico. Immaginiamo dunque che l’economia Greca parta da una situazione di piena occupazione e piena flessibilità delle variabili monetarie (ex: prezzi e salari). In pratica, supponiamo che tale economia si trovi nel punto d’incontro tra domanda aggregata (Y=C+I+NX) e offerta aggregata di beni e servizi; lo stesso in cui tutti i fattori produttivi (lavoro e capitale) sono pienamente ed efficientemente impiegati. 






















Ora, se a tale idilliaco contesto si aggiungono una serie di fattori, primo fra tutti una politica di deficit spending quanto meno forsennata, la cattiva gestione delle finanze pubbliche e la pressocchè totale assenza di lotta all’evasione fiscale otteniamo i principali ingredienti per una recessione in piena regola. I sentori della crisi  provengono prima di tutto dall’aumento del premio per il rischio dei titoli greci da quando la nazione ha cominciato a temere di essere incapace di rimborsare il debito pubblico. Ciò ha indotto il governo greco ad applicare severe restrizioni fiscali e della spesa pubblica per ottenere le credenziali per il sostegno dell’unione europea, con la conseguente riduzione della quantità di moneta (depositi bancari e moneta circolante) nel paese, “espatriata” dai risparmiatori e dagli investitori internazionali verso “porti più sicuri”. La somma di questi 3 elementi ha comportato e comporterà la contrazione della domanda aggregata nel paese e, a parità di offerta, la recessione dell’economia reale (per la diminuzione del reddito, l’aumento della disoccupazione e la diminuzione dell’inflazione).
Trascurando i pur rilevantissimi argomenti di tipo microeconomico- Keynesiano sul riflesso che  tale situazione può comportare sul benessere economico e sulle aspettative di imprenditori e risparmiatori (capitalisti e famiglie) greci, la situazione in esame comporterà la riduzione anche dell’offerta aggregata di beni e servizi (curva blu nel piano) dipendente da elementi esogeni/istituzionali quali la tecnologia, il livello dei salari e la difficoltà delle relazioni imprese-sindacati (oggi tese più che mai).


Ad oggi la popolazione greca e la platea di investitori internazionali vede gi interventi del governo e della BCE più come un ostacolo che come un aiuto deprimendo così ulteriormente il loro tenore di vita. Il destino a breve termine dell’economia Greca sembra quindi essere indirizzato verso una forte contrazione dell’economia reale, cui non è detto segua una diminuzione dei prezzi che attenuerebbe la caduta dei salari nominali (sebbene la deflazione sia un male ben più difficile da sradicare dell’inflazione, il Giappone insegna…).
Per uscire da siffatta recessione le uniche vie praticabili quindi sarebbero:
  •  POLITICA MONETARIA ESPANSIVA: strumento non in mano alla Grecia, oltre al fatto che al momento, se anche fosse emessa moneta per prestiti all’economia non ci sarebbero sufficienti garanzie per indebitarsi (essendo ridotto il reddito e quindi la base imponibile);
  •  POLITICA FISCALE: nelle mani ma al momento non nelle possibilità del governo greco;
  •  FAVORIRE IL DEPREZZAMENTO DEL TASSO DI CAMBIO: al momento l’unica ancora di salvezza, sebbene la Grecia non sia un grande esportatore di beni e considerando che da solo il deprezzamento dell’euro non può consentire una stabile e solida ripresa dell’economia (oltre agli effetti spiacevoli che comporta il rincaro delle importazioni!).
Paradossalmente, l’unica vera possibilità di ripresa della Grecia è nella prossima estate e nella sua capacità di “esportare” servizi turistici, sfruttando le bellezze della sua terra, l’unica forse  intoccata dalla crisi economica.  Solo questo potrà fungere da propulsore per risvegliare la domanda aggregata dell’economia, se, ma solo se, le tensioni sociali e gli scioperi si placheranno…

 Dott.ssa Valeria Ponis

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L'Unione Europea senza leadership ha davanti a se 20 anni di crisi

L'Unione Europea è a un punto critico della sua esistenza e dovrà fare sforzi per 20 anni per conquistare influenza a meno che non trovi l'unità e una salda leadership. Lo dice un rapporto diffuso oggi ed elaborato da una gruppo di ex uomini di stato, guidati dall'ex premier spagnolo Felipe Gonzales.
Il rapporto di 35 pagine elaborato dal "Reflection Group", un comitato di 12 leader politici ed economici a cui nel dicembre 2007 era stato chiesto di analizzare le sfide che probabilmente la Ue si troverà a dover affrontare nel 2030, arriva alla conclusione che le previsioni per l'Unione non sono rassicuranti.
"L'Europa attualmente è a un punto di svolta della sua storia", dice il documento intitolato "Project Europe 2030".
"Supereremo le sfide che sono davanti a noi soltanto se tutti -- politici, cittadini, datori di lavoro e dipendenti -- saremo capaci di radunarci attorno a un nuovo scopo comune definito dalle necessità dell'epoca attuale".
Concentrandosi sull'impatto della crisi finanziaria ed economica -- che si è verificata poco dopo che il rapporto fu commissionato -- il gruppo dice che la struttura a due terzi dell'Europa, con 16 stati membri che fanno parte dell'euro zona e gli altri che operano su cicli diversi, rende essenziale una gestione economica più stretta.
"Rafforzare la governance economica nella Ue è una urgente necessità se vogliamo evitare gli shock asimmetrici che derivano dalla coesistenza della nostra unione monetaria e del mercato unico con politiche economiche divergenti".
"Le origini della crisi hanno poco a che fare con l'euro, la stabilità e il patto di crescita, ma questi meccanismo non sono stati sufficienti a garantire una convergenza economica durante la crisi".
Il Reflection Group raccomanda una serie di misure che la Ue dovrebbe assumere per rafforzare la propria leadership e migliorare la sua influenza economica, tra cui:

* riformare il funzionamento e la supervisione delle sue istituzioni finanziarie;

* rivedere i propri mercati del lavoro e le politiche pensionistiche;

* elaborare una strategia energetica comune, compreso il nucleare sicuro;

* guidare l'impegno globale contro il cambiamento climatico;

* considerare l'introduzione di una carbon tax europea e rafforzare il mercato unico, compreso il coordinamento fiscale

* aumentare il numero di donne che lavorano, investire nella ricerca e nello sviluppo e adottare politiche sull'immigrazione più aperte.

Il rapporto chiede anche alla Ue di indicare una guida più chiara, piuttosto che mantenere una serie di voci -- il presidente della Commissione Europea, i capo di stato Ue, il presidente del Consiglio Europeo, il presidente del Parlamento Europeo -- per parlare della direzione dell'Unione.
"Soprattutto, la situazione richiede una forte guida politica, una forma di leadership segnata dalla capacità di sostenere un dialogo onesto e fruttuoso con i cittadini e di governare in partnership", conclude il documento.
"Garantire il sostegno dei nostri cittadini sarà vitale, non solo perché l'Unione sopporti l'impatto sociale ed economico della crisi ma anche per dare corso alle riforme strutturali necessarie se l'Europa deve diventare più forte in futuro".

Ilona Wissenbach, BRUXELLES, 8 maggio  

fonte: Reuters

Draghi: senza aggiustamenti altri Paesi a rischio

Il governatore della Banca d'Italia e presidente del Financial Stability Board, Mario Draghi, sottolinea che le riforme del sistema finanziario vanno fatte senza tentennamenti.
Nel mondo ci sono altri Paesi che "senza aggiustamenti precauzionali" corrono gli stessi rischi della Grecia. In Europa bisogna pensare a rivedere il patto di stabilità includendo in esso i criteri per attuare riforme strutturali.
Nell'intervento presso la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali ha dichiarato:
"Il verificarsi di squilibri nella bilancia dei pagamenti comportano necessariamente cambiamenti nei flussi finanziari. E aggiustamenti nel conto capitale possono verificarsi in modo dannosamente veloce, forzando un rapido cambiamento della domanda che ha costi molto elevati dal punto di vista economico, finanziario e sociale. Questa è la situazione della Grecia oggi. ci sono altri Paesi nel mondo che corrono un rischio simile senza aggiustamenti precauzionali. La lezione della crisi è che occorre rivedere il concetto del Patto di stabilità e crescita e rafforzare il governo economico dell'Unione. Finora il Patto di stabilità è consistito in un meccanismo di osservazione dei bilanci pubblici. E' necessario ora renderlo più incisivo ed estenderlo all'area delle riforme strutturali perché la mancanza di tali riforme è il motivo alla base della mancata crescita di alcuni Paesi. Alcuni dicono che bisogna attuare le riforme gradualmente per evitare di compromettere la fragile ripresa in atto. Io rispondo che la ripresa è troppo fragile per permettere temporeggiamenti. I grandi squilibri della bilancia dei pagamenti sono ancora con noi e i flussi lordi di capitale sono pronti ad espandersi negli anni a venire. La possibilità di un'improvvisa inversione negativa è alta come dimostra la situazione in Grecia. Se si deteriorano le condizioni economiche e non avremo riformato il sistema finanziario dovremo affrontare il rischio di un rinnovato avvitamento verso il basso. Le opzioni per ulteriori allentamenti fiscali e monetari sono limitate - forse inesistenti. La solidità del sistema finanziario è perciò cruciale per la sostenibilità della ripresa economica".


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Analisi di Borsa settimana 26/30 aprile e Previsioni

Settimana molto pesante quella appena trascorsa con momenti addirittura drammatici. Mi riferisco alla raffica di downgrade che le agenzie di rating hanno divulgato tra lunedì e mercoledì e che hanno diffuso il panico nelle Borse. La sindrome da contagio della crisi greca ormai era assodata e solo le rassicurazioni della sig.ra Merkel, forse convinta proprio dal comportamento delle borse, sulla partecipazione della Germania nel pacchetto di aiuti, ha ridato un po’ di serenità. Ma seri danni ormai erano stati fatti.
Che si sia trattatto di “panic selling” non c’è dubbio. il problema greco aveva, fino ad allora, colpito solo i titoli bancari, da lunedì invece ha trascinato al ribasso tutti i titoli, anche quelli che con la crisi greca non hanno nulla a che vedere e la borsa italiana, tanto per cambiare, ha fatto peggio delle altre.
E’ notizia di oggi (domenica) che la UE e il governo greco si sono accordati per un prestito di 120 Mld in tre anni. Che un accordo si trovi di domenica la dice lunga sulla gravità della situazione e sui timori di un ulteriore aggravamento dei mercati. Servirà a riportare il sereno sulle borse? Auguriamocelo perché siamo sull’orlo del precipizio anzi, abbiamo già messo un piede oltre.
Graficamente la situazione è molto chiara. Parto dal grafico a 5 anni settimanale, quello che aveva pronosticato la caduta di inizio anno e la violenta risalita partita da fine febbraio. L’indice ha perforato all’ingiù la media mobile a 50 settimane, che corre a 21.832 punti, di oltre 300 punti (21.562). Un’ulteriore caduta aprirebbe la strada al raggiungimento del minimo relativo a 20.818 e oltre ma, soprattutto, invertirebbe il trend di lungo termine aprendo scenari drammatici che ho già fantasiosamente descritto nel post “Analisi e Previsioni settimanali di Borsa 1/5 febbraio 2010” . In quel post facevo vedere la somiglianza grafica tra l’andamento dell’indice nell’ultimo anno e quello del 1929. Sembrava un’elucubrazione, una mera dissertazione di fantafinanza e invece è tornato di preoccupante attualità. Tutto questo per sottolineare la posta in gioco. I nostri governanti debbono capire che un default della Grecia, con il suo contagio, avrebbe un effetto devastante 100 volte i mutui subprime e 1000 volte l’Argentina ed aprirebbe il varco ad un era che potremmo definire la Nuova Grande Depressione.
Ma per ora godiamoci l’accordo raggiunto oggi e pensiamo positivo.
Il grafico del FTSE MIB a 7 mesi ci fa vedere come l’indice abbia raggiunto, e anche parzialmente superato, la retta inclinata a 15° che parte dal minimo a 20.818 punti del 25 febbraio, concludendo di fatto la figura testa e spalla ribassista. Ora è tutto pronto, o quasi, per ripartire al rialzo. Potrebbe stazionare per breve tempo intorno ai 21.000 punti ma si può già iniziare a pensare di entrare con mano leggera.

Il Dj, dal canto suo, non è rimasto immune dal sospetto di contagio della crisi greca, a conferma del timore, se ce ne fosse bisogno, che possa diffondersi al mondo intero. Pur non essendo più una retta è tuttavia ancora ben impostato all’interno del canale rialzista in cui si trova. Non deve spurgare grandi eccessi, tuttavia la tenuta della parallela inferiore è cruciale. Non dovrebbero esserci problemi (Goldman Sachs, marea nera, legge sulle banche, crisi greca, attentati, permettendo).


UE accusa agenzie di rating

L'Unione Europea accusa le agenzie europee di fomentare la speculazione assegnando rating con troppa facilità e ingiusti. La  Ue chiede di tenere conto degli sforzi del governo greco e l'intervento congiunto di Ue e Fmi. Gia' sotto tiro nel pieno della crisi finanziaria dei subprime per aver omesso o peggio agevolato i rischi dei prodotti tossici, le agenzie tornano nell'occhio del ciclone per i tagli ai rating di Grecia, Portogallo e oggi anche Spagna, nel delicato momento delle trattative fra Ue-Fmi e governo di Atene

S&P taglia il rating di Grecia e Portogallo

Decisione dell'agenzia di rating S&P di abbassare il giudizio sulla Grecia e sul Portogallo. I titoli del debito pubblico di Atene sono stati declassati a BB+ con outlook (giudizio sulle prospettive future) negativo.
Il rating BB+ significa che i titoli di Stato di Atene sono definiti junk bond, ovvero "titoli spazzatura", e sulla base delle attuali regole la Bce non può accettarli in garanzia a fronte di richieste di finanziamenti. A questo punto l'allarme sulla Grecia è davvero massimo.
Il declassamento di Lisbona ad A- da A+, deciso per le preoccupazioni sul debito, segna un grosso punto a favore della speculazione che da settimane mira a mettere in difficoltà l'euro: è di fatto l'apertura di un secondo fronte dopo quello sulla Grecia, dove le incertezze della Ue, imbrigliata nei tatticismi elettorali di Angela Merkel, hanno fatto schizzare alle stelle il rendimento dei titoli di Stato di Atene. Il bond a due anni questa sera rende il 17%.
L'euro è sceso a 1,325 contro il dollaro, da 1,338 della sera prima.


Analisi di Borsa settimana 19/23 aprile e Previsioni

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Ci eravamo lasciati la scorsa settimana con l’indice FTSEMIB adagiato sulla parallela inferiore del canale riazista in cui si muoveva da metà marzo (vedi post). Come paventato la parallela non ha retto e l’indice ha raggiunto e perforato il livello a 22.820, in cui si configura un doppio minimo, fino a raggiungere nel durante della giornata di lunedì i 22.692 punti ed in chiusura i 22.785. Pronta la reazione il giorno successivo con un finale sul massimo di 23.271, aiutato dalle aspettative dello spin-off di Fiat.
Ma l’entusiasmo si è presto spento sotto i colpi dell’incertezza sul piano di salvataggio della Grecia (ancora lei) che hanno fatto indietreggiare l’indice fino a 23.045 mercoledì e ancor peggio giovedì a 22.616 finale e un durante che è andato a lambire i 22.500 punti (22.547). Debole reazione tecnica venerdì fino a 22.726 finale.
Fino a quando durerà l’influenza greca? Fino a quando la Merkel continuerà con questo tira e molla “te lo do, non te lo do” (l’aiuto)?. I mercati europei, e quello italiano in particolare, si stanno sgretolando; l’unica eccezione è Francoforte che sembra giovarsi della fermezza della Merkel e viaggia sui massimi da marzo 2009. L’euro intanto è ben lontano dai massimi di novembre 2009 nei confronti del dollaro.
Graficamente l’indice, dopo aver perforato all’insù la trendline discendente che passa per i massimi del 19 ottobre (24.425) e dell’8 gennaio (23.811), è riprecipitato travolgendo la suddetta trendline, la parallela inferiore del canale rialzista dove si trovava e il supporto a 45° che parte dal minimo a 20.818 punti del 25 febbraio. Ora si trova ad una manciata di punti dalla linea inclinata a 30° che potrebbe incontrare intorno ai 22.500 punti ma non è escluso che si concluda quella figura di testa e spalla ribassista, segnalata nel post dell’11 aprile, con il raggiungimento dei 22.373 punti.
Una tenuta della linea a 30° riproietterebbe l’indice a testare la trendline ribassista intorno ai 23.000 punti. Vedremo nei prossimi giorni i movimenti dell’indice all’interno del triangolo in cui si trova e soprattutto la direzione d’uscita che prenderà e che determinerà il suo futuro.
Dal canto suo il DJ prosegue l’ascesa senza sussulti, tanto che il suo grafico è diventato una retta. Fino a quando?