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Possibili nuovi tagli ai rating sovrani dell' Eurozona, Uk esce dalla recessione

La Bce è fortemente preoccupata per il previsto forte aumento dei deficit e del debito pubblico nei Paesi dell'Eurozona. Il monito arriva da Juergen Stark, membro del Comitato esecutivo e capo-economista della Bce. "Le misure varate a livello di politica di bilancio hanno contribuito a stabilizzare la congiuntura", ha spiegat Stark, "nondimeno, senza una svolta in termini di politica di bilancio, il debito pubblico aggregato dell'Eurozona supererà presto il 100% del Pil".
E questo metterà sotto pressione i tassi a lungo termine, rendendo ancora più pesanti le conseguenze della crisi. In diversi Paesi dell'Eurozona "il deficit pubblico viene stimato a livelli superiori al 10% nel 2009" e, quindi, "non si possono escludere ulteriori declassamenti di rating sovrani e nuove reazioni negative da parte dei mercati finanziari", ha avvertito Stark.
Pur alla luce del previsto forte peggioramento dei parametri di finanza pubblica nell'Eurozona, il deficit aggregato per l'area resta, tuttavia, "significativamente inferiore a quello registrato dagli Stati Uniti". A sua volta il panorama congiunturale dell'Eurozona per il 2010 "è fortemente incerto".
Nel complesso, infatti, le stime sul passo della ripresa sono fortemente incerte. Un elemento centrale delle deboli prospettive di crescita sono le incerte prospettive del mercato del lavoro. Il peggio della crisi "sembra essere passato", ha aggiunto, ma "i costi economici sono enormi".
La velocità della ripresa dipenderà dalla velocità e dall'efficienza con le quali si lavorerà a stabilizzare il sistema finanziario, ridurre l'indebitamento pubblico e far avanzare le riforme strutturali. La Bce ha reagito velocemente e in modo adeguato alla crisi: ora Governi, banche e mercati devono creare le premesse per una crescita economica duratura.
In quest'ottica la Bce si muoverà con molta cautela nella sua strategia di uscita dalle misure straordinarie di liquidità messe a disposizione delle banche per superare la crisi: "navigheremo a vista da un trimestre all'altro", ha annunciato il membro del Comitato esecutivo. "Il punto ora non è fissare una determinata scadenza. Tutto dipende dall'andamento del mercato monetario". Tuttavia, per le sue decisioni, ha concluso Stark, la Bce non guarderà all'andamento dei bilanci delle banche: "questo non è compito di una Banca centrale".
E' dunque una magra consolazione la notizia di questa mattina che la Gran Bretagna è uscita dalla recessione. Con una crescita economica dello 0,1% segnata nell'ultimo trimestre del 2009 il Paese esce dalla più lunga crisi economica della sua storia. Peraltro l'economia è cresciuta meno delle stime. Gli analisti, infatti, avevano previsto una crescita del Pil dello 0,4%.
La recessione in Gran Bretagna è iniziata nell'aprile 2008 ed è durata per sei trimestri consecutivi, causando una contrazione del Pil del 6%. Nel solo 2009 il Paese segnò una flessione del Pil del 4,8%, il calo più pesante dal 1949, anno in cui si diede il via a questo tipo di statistica, ha ricordato l'Ufficio Nazionale di Statistica. Per il Premier, Gordon Brown, l'economia del Paese ''resta fragile'' e sarebbe un errore ritirare le misure di stimolo troppo presto.

Francesca Gerosa

fonte: MF online

Davos: l'Obama pensiero sulle banche divide gli economisti

Assente da Davos, Barack Obama e la sua riforma delle banche rischiano di diventare il convitato di pietra del World Economic Forum che si è aperto oggi a Davos in Svizzera. Tra chi lo accusa di "eccesso di populismo" e chi invece pensa che le sue proposte siano addirittura "insufficienti", gli economisti hanno dedicato il brain trust della mattina sulla "nuova normalità dell'economia mondiale" alle politiche Usa e al loro effetto di trascinamento negli altri Paesi.
Un "passo insufficiente", ha detto l'economista Nouriel Roubini, secondo cui "bisognerebbe tornare alla legge Seagull sulla separazione tra attività bancaria e di investimento". La proposta di Obama, ha detto "va nella giusta direzione ma non basta. Non si tratta solo di decisioni politiche, ha sottolineato l'economista, ma per avere un sistema finanziario più stabile "dobbiamo evitare un eccessivo leverage, i rischi dell'interconnessione e le distorsioni e anche le compensazioni".
Posizione non condivisa dagli altri economisti. "Gli investitori istituzionali temono che il Governo americano stia reagendo in modo eccessivo", ha notato David Rubenstein, Ceo di Carlyle Group. "Il rischio è che i progetti di regolamentazione si occupino solo degli aspetti più visibili e impediscano al settore finanziario di accompagnare la ripresa".
Quello che bisogna fare in materia di regolamentazione è molto difficile da spiegare nei dettagli alla gente, ha detto anche Raghuram Rajan, docente di finanza alla Chicago University. Mentre il numero uno di Pricewaterhousecoopers, Dennis Nally, ha insistito sulla creazione di "un dibattito populista".
Il più esplicito è stato George Soros, direttore del Soros Fund Management LLC e fondatore del The Open Society Institute, secondo cui la proposta dell'Amministrazione Obama per limitare le attività delle grandi banche è "prematura" perchè le banche non sono ancora fuori dal tunnel.
Soros ha poi affermato di supportare il piano in linea di principio, anche se ritiene che questo non sia "abbastanza" in quanto non considera i mercati finanziari. Nel pomeriggio il presidente francese, Nicolas Sarkozy, aprirà ufficialmente i lavori del Forum parlando di riforma del sistema bancario e, probabilmente, rinvangando le sue ultime dichiarazioni su un "capitalismo etico".

Francesca Gerosa
 
fonte: MF online

Obama: banche spaventate, anche in Europa

Il giorno dell’annuncio è stato scelto con l’abilità del grande comunicatore: giovedì 21 gennaio. In quella data Goldman Sachs ha presentato profitti per 13 miliardi di dollari, derivanti (per la maggior parte) da operazioni di trading. Nella stessa giornata – e mentre la conference call del colosso bancario con gli analisti era in corso - il presidente americano Barack Obama ha annunciato un piano per porre paletti all’attività degli istituti di credito.

Le proposte a cui sta lavorando la Casa bianca, che saranno contenute in un progetto più ampio di riforma del settore finanziario, vanno dal divieto di possedere e investire in hedge fund e società di private equity, all’impossibilità di fare il cosiddetto proprietary trading (operazioni di Borsa nelle quali si utilizzando i soldi depositati nei conti correnti). A questo si aggiungerebbero una serie di restrizioni sul fronte delle acquisizioni e sull’utilizzo della leva finanziaria. Le reazioni sulle piazze finanziarie non si sono fatte attendere. Nelle sedute di giovedì e venerdì scorso le banche americane hanno perso l’equivalente di 50 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato. In una settimana l’indice Msci globale del settore (calcolato in euro) si è lasciato per strada quasi il 5%.
Secondo gli operatori, la scelta del giorno della presentazione di Goldman per dare l’annuncio non è stata casuale. La banca, infatti, pur essendo uscita bene dalla crisi finanziaria non ha una buona reputazione presso l’opinione pubblica a causa della sua aggressività sui mercati. Senza contare che è proprietaria di hedge fund, da molti definiti fondi locusta. Il proprietary trading, inoltre, peserebbe per il 10% dei guadagni dell’istituto. Un esempio, insomma, di come i banchieri lavorino solo pere arricchire se stessi e i loro azionisti, a spese dei clienti. Un sospetto che l’amministratore delegato di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein non è riuscito a fugare nemmeno davanti alla commissione del Congresso Usa che sta investigando sulle cause della crisi finanziaria.
La prima a protestare contro le indicazioni di Obama è stata la Securities Industry and Financial Markets Association (una delle lobby più potenti di Wall Street), per bocca del suo rappresentante Tim Ryan. “Nei controlli sulle banche ci vuole flessibilità”, ha spiegato. “Solo in questo modo si possono mitigare gli effetti dei rischi del sistema. Arbitrarie restrizioni sulle strategie di crescita, non possono funzionare”.
Altri operatori sono meno preoccupati. “Quando si parla di provvedimenti di questo tipo bisogna distinguere fra quello che viene proposto e quello che poi effettivamente accadrà”, spiega in una nota Chris Costanza, analista azionario sugli Usa di Schroders. “In generale la miglior risposta che le banche possono dare a queste proposte, è il rafforzamento dei fondamentali. Un processo fattibile, visto che lo scenario macroeconomico, dal 2008, è migliorato”.
Le decisioni di Obama, secondo gli operatori, rischiano di condizionare lo scenario bancario anche in Europa. Poche ore dopo l’annuncio della riforma, il ministro ombra inglese del Tesoro, il conservatore George Osbourne, ha detto che se il suo partito vincerà le prossime elezioni, proporrà un progetto simile a quello americano. Per il ministro francese delle finanze Chistine Lagarde la scelta americana “è un bel passo nella giusta direzione”.
“Il timore degli investitori non è che il piano di Obama metta paletti alle banche straniere in territorio americano, quanto che azioni simili siano prese al di là dell’Atlantico”, conferma una nota di Morningstar. “E alla luce della sempre maggiore richiesta di regolamentazione che arriva dai cittadini e dagli esponenti politici, non è da escludere che questo avvenga. Insomma, dove va Obama, gli altri seguiranno. Quello che preoccupa il settore finanziario è non conoscere la direzione”.

fonte: Morningstar

Merrill Lynch: previsioni 2010 su economia e Borse

La banca d'affari Usa è più ottimista del Fmi sulla crescita economica. E punta sull'Asia.

Quest'anno le azioni batteranno i titoli di Stato e le obbligazioni societarie. A dirlo è Bill O'Neal, Portfolio Strategist di Merrill Lynch e autore della pubblicazione Merrill Lynch Wealth Management Year Ahead 2010.
Dal report emerge che O'Neal è decisamente più ottimista sulla crescita economica rispetto alle principali istituzioni internazionali. Lo studio, infatti, prevede che l'economia globale possa crescere nel 2010 del 4,3%, contro una previsione (già vista al rialzo) del 3,9% del Fondo monetario internazionale. La crescita dovrebbe essere principalmente supportata da un progressivo aumento del reddito delle famiglie, dalla ripresa dei consumi e del ricorso al credito.
"I governi hanno speso migliaia di miliardi di dollari per sanare l'economia", si legge nell'analisi. "Le banche centrali hanno ridotto quasi a zero i tassi d'interesse. Le imprese hanno portato avanti interventi di ristrutturazione, disinvestimenti e fusioni e hanno fatto ricorso al credito per prepararsi alla ripresa. Nel 2010, il testimone passerà al consumatore. Per metà anno dovremmo vedere i primi segnali del successo o dell'insuccesso di questa sorte di successione".
A guidare la ripresa globale saranno i due colossi emergenti Cina e India. Qui le previsioni si fanno ancor più ottimistiche. Secondo O'Neal la Cina dovrebbe registrare un incremento del Pil pari al 10% (esattamente come prevede il Fmi), mentre l'India potrebbe salire del 17% (il Fmi prevede un +7,7%). L'analista di Merrill Lynch suggerisce di puntare non solo sulle azioni cinesi e indiane, ma anche coreane, malesi e indonesiane.
Per quanto riguarda le aree sviluppate, nel 2010 si uscirà dalla recessione ma la crescita rimarrà modesta. Per gli Stati Uniti è previsto un incremento del 3,2% (2,1% per il Fmi) e per l'area Euro del 2,2% (1% per il Fmi). Anche la previsione sull'economia italiana è più rosea rispetto alle idee del governo e del Fondo (1,9% contro l'1% di Roma e del Fmi).
In conclusione, O'Neal stima che la minaccia di inflazione possa rimanere contenuta, anche grazie al (previsto) aumento dei tassi d'interesse da parte delle banche centrali. Perciò crede sia opportuno allontarsi dai titoli di Stato e dai corporate bond.

fonte: Morningstar

Borse spaventate dai problemi della Grecia

Gli affanni della Grecia mettono al tappeto le Borse europee e provocano il quinto ribasso di Piazza Affari nelle ultime sei sedute, l'indice Ftse Mib ha perso l'1,8%. Con il calo di oggi l'indice principale del listino italiano scende sui minimi degli ultimi 5 mesi, da inizio anno la perdita è del 7,1%.

Wall Street aveva aperto in modesto rialzo per effetto delle rassicurazioni in materia di costo del denaro arrivate ieri dalla Federal Riserve ma la situazione della Grecia e alcune trimestrali inferiori alle previsioni, tra cui quella del produttore di chip Qualcom hanno contribuito a far mutare il tono della seduta: il Nasdaq è in calo dell'1,9% e l'S&P500 dell'1,5%.
I mercati sono entrati in fibrillazione nel pomeriggio, nel momento in cui si sono diffuse voci che la Grecia abbia chiesto aiuto finanziario all'Unione Europea. Immediatamente sono scattate le vendite sul titolo di stato della Grecia ed il rendimento del bond decennale del Paese è schizzato di 39 punti base al 7,12%. Il differenziale con il titolo equivalente della Germania, considerato il più solido dell'Eurozone, ha superato in giornata la soglia record dei 400 punti base, toccando il massimo storico a 405 punti base. Di riflesso sono schizzati verso l'alto tutti i rendimenti dei Paesi cosiddetti periferici come Spagna (+9 punti base a 4,18%), Italia (+5 punti base a 4,12%) e Portogallo (+17 punti base a 4,39%).
L'ipotesi estrema che si fa strada tra gli investitori, alimentata da una buona dose di speculazione, è che possa nascere un euro sdoppiato, uno per i Paesi "virtuosi" e uno per i Paesi "viziosi".
Della situazione di estrema incertezza ne approfitta il dollaro, che pur acciaccato si porta sui massimi degli ultimi 7 mesi contro euro a quota 1,396.

fonte: www.websim.it

Interessante: Fiat torna al dividendo

Il consiglio d'amministrazione intende proporre all'assemblea degli azionisti il pagamento di un dividendo complessivo di 244 milioni di euro, pari a circa il 30% del saldo tra l'utile netto consolidato del 2008 e la perdita netta consolidata del 2009.

La proposta di distribuzione del dividendo sarà di 0,17 euro per azione ordinaria, (per un importo totale di 186 milioni), 0,31 euro per azione privilegiata (per un importo totale di 32 milioni) e 0,325 euro per azione di risparmio (per un importo totale di 26 milioni).
Secondo la nota del gruppo la ripresa della distribuzione di dividendi "riflette la normalizzazione dei mercati dei capitali quale fonte di finanziamento per il gruppo, nonchè la convinzione che il gruppo ha la capacità di continuare a generare utili, anche se in un contesto di mercato significativamente differente.
 
Per gli amanti dei dividendi significa un rendimento lordo, ai prezzi di chiusura odierni, di:
Fiat Priv. = 5,365 (rend. 5,77%)
Fiat Risp. = 5,645 (rend. 5,75%)
Fiat Ord. = 8,77 (rend. 1,93%)

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Grecia: La Germania non ha alcuna intenzione di aiutarla

La Germania non ha intenzione di aiutare la Grecia a superare i suoi problemi di bilancio e il paese deve assumersi le sue responsabilità di fronte alla zona euro.

"Il governo federale non sta considerando alcun supporto finanziario alla Grecia e questo vale sia per eventuali aiuti della zona euro sia particolarmente per un sostegno bilaterale", ha affermato la portavoce tedesca in una nota.
E' una secca smentita alle indiscrezioni riportate oggi dalla stampa quella del portavoce del ministero delle Finanze tedesco Jeanette Schwamberger a cui è seguita subito un'analoga affermazione da parte di una fonte del governo francese.
Dalla Francia una fonte governativa ha detto di non essere a conoscenza di alcun piano a sostegno della Grecia e che il paese dovrebbe trovare appoggio nel mercato per risolvere i problemi finanziari.
Questa mattina ha destato scalpore un articolo del quotidiano francese Le Monde secondo cui i governi della zona euro, compresi Francia e Germania, sarebbero pronti ad aiutare la Grecia a risolvere i suoi problemi finanziari, a condizione che Atene si impegni di più nel risanamento.
Il differenziale tra i rendimenti del reddito fisso greco e tedesco ha reagito alla smentita dei governi europei allargandosi nuovamente a 380 pb da 360.
Le Borse europee si avviano a chiudere la seduta sui minimi di giornata, penalizzati dalla situazione in Grecia che ha provocato un pesante ribasso dell'euro sul dollaro. L'euro passa di mano a 1,3957 dollari, ai minimi da fine luglio.
Inoltre pesa l'annuncio di S&P, per la quale il sistema bancario della Gran Bretagna non è più classificato tra quelli più stabili e a basso rischio. Incide sull'andamento del Vecchio Continente anche l'andamento negativo di Wall Street.

Obama: più morbido su banche, promette panel deficit pubblico

Il presidente Usa Barak Obama, consapevole della preoccupazione degli investitori per il deficit record del paese, ha detto nella notte che istituirà per iniziativa presidenziale una commissione bipartisan per il controllo delle finanze. Obama ha inoltre ammorbidito la sua posizione sui provvedimenti nei confronti delle banche.

"Se non prenderemo significative misure per ridurre il nostro debito, potremmo veder danneggiati i nostri mercati, incrementato il costo del debito, compromettendo la nostra ripresa" ha detto Obama nel suo annuale discorso allo Stato dell'Unione indirizzato al Congresso Ua e alla popolazione americana.
Molti preferirebbero, però, una commissione del Congresso dal momento che un panel istituito dal presidente non ha il potere coercitivo sul parlamento che ha il controllo dei cordoni della borsa.
Nel 2009 gli Stati Uniti hanno registrato un disavanzo record di 1.400 miliardi di dollari, circa il 10% del Pil e il Congressional budget office prevede che il deficit si allenti appena a 1.350 miliardi nel 2010. Obama ha proposto un congelamento di alcune spese interne per tre anni con l'obiettivo di risparmiare 20 miliardi di dollari nell'anno fiscale 2011.
Il presidente è anche tornato sul tema delle banche, attenuando parzialmente il tiro rispetto alle ultime dichiarazioni che avevano colpito pesantemente le quotazioni degli istituti di credito.
Il presidente ha detto che non è interessato a punire le banche, ma che respingerà qualsiasi riforma finanziaria che si presenti troppo debole.
Obama inoltre ha detto che estenderà la riduzione delle tasse anche alle famiglie della classe media.

fonte: reuters.it

ci piace pensare che il nostro auspicato intervento di Hillary Clinton, come richiesto nel post del 24/1, abbia avuto effetto