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Cosa sono i Derivati?

Sono contratti, non titoli. Contratti che derivano il loro valore dal prezzo di una merce o dal valore di un prodotto finanziario sottostante. I titoli sottostanti più comuni sono valute, tassi di interessi, tassi di cambio, indici di Borsa, beni, materie prime.


Si possono suddividere in:

- Commodities derivatives : derivati su merci o materie prime; da qui ha avuto origine l'uso dei derivati, si trattava di mettersi al riparo dal rischio di aumenti o diminuzioni dei prezzi, stipulando un contratto che stabilisce oggi il prezzo di una merce (oro, petrolio, grano…) che sarà consegnata in futuro;

- Financial derivatives: derivati relativi ad entità finanziarie (tendono a mettere al riparo dal rischio di fluttuazioni di valute, tassi di interesse, indici di Borsa, e permettono di "scommettere" sul futuro andamento di queste grandezze);

- Credit derivatives: derivati sui rischi di credito, contratti finanziari mediante i quali si ottiene un'attenuazione dei rischi di credito su determinate attività detenute in portafoglio.

I più noti contratti derivati sono: i futures, le opzioni, i warrant, gli swap, i derivati sui rischi di credito e quelli legati ad attività finanziarie.

fonte: il Sole 24ore

Cos'è il Carry Trade?

Il carry trade consiste in una operazione finanziaria con la quale ci si approvvigiona di fondi in un Paese a costo del danaro basso e si impiegano poi queste disponibilità in un Paese con alti tassi di interesse. Per esempio, si possono prendere a prestito degli yen, pagando solo l'1%, convertirli in dollari australiani che rendono il 7-8%, e lucrare così la differenza di rendimento.

Naturalmente, c'è un rischio valutario: la convenienza dell'operazione dipende dal cambio. Se prima della scadenza lo yen si rivaluta per più della differenza di rendimento, l'operazione è in perdita. É interessante notare, tuttavia, che di per sè il carry trade tende all'opposto a deprimere il cambio dello yen, dato che comporta la vendita di yen contro altra valuta, e quindi esalta la convenienza dell'operazione. Il cambio però dipende da molti altri fattori, e il carry trade si fa solo quando i mercati sono favorevoli all'assunzione di rischio. Se fatto su larga scala, il carry trade può portare a movimenti destabilizzanti fra le valute, sia nella fase crescente che quando i carry trade vengono "smontati" perché si temono apprezzamenti nella valuta di rifornimento.

fonte: il Sole 240re

Cosa sono le Cartolarizzazioni?

Il processo di cartolarizzazione consiste in una specie di alchimia finanziaria che tramuta una attività finanziaria indivisa – per esempio, un credito – in una attività divisa e vendibile, cioè a dire in titoli ("carta"). Per esempio, supponiamo che la banca abbia fra le sue attività un certo numero di prestiti immobiliari; la banca può decidere di cartolarizzarli, cioè di emettere dei titoli che hanno come garanzia quei mutui. Questi titoli sono poi venduti a investitori privati o istituzionali, e così la banca rientra dei soldi prestati ai mutuatari: i fondi che la banca ottiene possono essere usati per espandere la propria attività.

I titoli cartolarizzati hanno, come le obbligazioni normali, una scadenza e un tasso di interesse, e il servizio del debito è legato ai rimborsi e ai pagamenti di interessi da parte degli originali mutuatari. La banca, oltre al vantaggio di mobilizzare quelle attività poco liquide, si viene a spogliare anche del rischio legato a quei mutui: il rischio è passato agli investitori. Le attività a fronte delle quali avviene la cartolarizzazione possono essere le più diverse: dai mutui ai crediti connessi alle carte di credito, da singoli prestiti concessi a grossi prenditori di fondi ai prestiti agli studenti universitari (in Usa, student loans), o a un portafoglio di "microprestiti" per gli acquisti di auto. Anche i Governi, a livello statale e locale, possono cartolarizzare: per esempio, in Italia l'Inps può cartolarizzare i crediti contributivi nei confronti delle aziende.

Le cartolarizzazioni presentano modalità diverse per quanto riguarda il trasferimento di rischio. Nel caso dei mutui, ad esempio, allentano il rapporto fra mutuante e mutuatario e possono quindi portare, come è successo in America nel caso dei subprime, a una troppo facile concessione di prestiti immobiliari. Fra le riforme volte ad attenuare questo problema c'è l'imposizione di un obbligo di mantenere nei bilanci dell'ente che cartolarizza una porzione dei titoli cartolarizzati, così da allineare gli interessi degli investori con quelli dell'emittente.

fonte: il Sole 24ore

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Cos'è il Credit Default Swap - Cds

Uno swap è un baratto, e in questo caso il baratto consiste in questo: la parte A paga periodicamente una somma alla parte B, e la parte B in cambio si impegna a rifondere alla parte A il valore facciale di un titolo C, nel caso il debitore C vada in bancarotta. Insomma, A ha comprato l'obbligazione emessa da C, ma A vuole esser sicuro che C rimborsi il capitale alla scadenza. La finanza ha creato questo strumento di copertura del rischio, e il credit default swap è in effetti come una polizza di assicurazione. Se, per esempio, il valore dei titoli acquistati è di 100mila euro (facciali), e il cds è di 120 punti base, vuol dire che A deve pagare ogni anno 1200 euro per essere sicuro del rimborso. Questi cds sono quotati in mercati over the counter, e se il costo dovesse balzare, mettiamo, a 800 punti base, vuol dire che il mercato teme che il debitore C avrà difficoltà a far fronte ai propri impegni.

fonte: il Sole 24ore

Cos'è il Beta?

Il beta – seconda lettera dell'alfabeto greco – rappresenta, possimo dire nel caso della finanza, l'aurea mediocrità (quando beta=1). Un beta pari a 1, per il risultato della gestione di un portafoglio, indica che il risultato è pari a quello dell'indice di riferimento. Il beta è una misura del rischio, e serve a distinguere l'abilità di un gestore dalla sua propensità al rischio. Riferito a singole azioni o titoli, un coefficiente beta maggiore di 1 indica che quel titolo è più volatile del mercato: per esempio, se è pari a 2 vuol dire che se il mercato sale (o scende) del 2%, quel titolo si muoverà nella stessa direzione (in media) per il 4 per cento. Il beta può essere negativo, nel qual caso vuol dire che si muove nella direzione opposta a quella del mercato. Se è pari a zero, vuol dire che non ha nessuna correlazione col mercato.

fonte: Il Sole 24ore

Cos'è il Credit Crunch?

Il Credit Crunch (stretta creditizia) è una condizione economica in cui il capitale d'investimento è difficile da ottenere. Le banche e gli investitori diventano diffidenti nei confronti dei prestiti alle imprese, facendo salire il prezzo dei prodotti di debito per i mutuatari.

I Credit Crunches sono normalmente considerati un'estensione delle recessioni. La crisi del credito rende praticamente impossibile per le aziende prendere prestiti, poiché i creditori hanno paura di fallimenti o di inadempienze, ciò si traduce in tassi più elevati. La conseguenza è una recessione prolungata (o di un recupero più lento), che si verifica come conseguenza della contrazione dell'offerta di credito.
Ma può essere provocata anche dalle autorità monetarie. Si ha la stretta pilotata dalle Banche centrali quando sono queste che inducono le banche a fare meno prestiti. Questo pesante invito può assumere varie forme: alzando i tassi di interesse, aumetnando la riserva obbligatoria (la percentuale dei depositi che non è disponibile per i prestiti ma che deve essere mantenuta presso la Banca centrale), o attravero strumenti ormai dimenticati come il ‘massimale' sui crediti (la percentuale massima di cui una banca può aumentare i crediti rispetto all'anno prima).
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Titoli interessanti sul DAX 30 e CAC 40

Facendo seguito al post "FTSEMib, DAX30, CAC40, 3 indici di Borse europee a confronto", in cui si esprimeva l'esigenza di diversificare il portafoglio a livello europeo, propongo alcuni titoli che ritengo più interessanti sul DAX30 tedesco  e CAC40 francese

DAX30

ADIDAS
BASF
FRESENIUS VZ
HENKEL
INFINEON
LINDE
RWE - A
DEUTSCHE POST

CAC40

LVMH
TECHNIP
ESSILOR
CARREFOUR
LOREAL
MICHELIN
PEUGEOUT
PPR
RENAULT
SANOFI
SCHNEIDER
SUEZ
VALLOUREC
VINCI

interessante: Exor, forte flusso di dividendi in arrivo

Ottime notizie per Exor (EXO.MI), la holding della famiglia Agnelli. Dopo l'inatteso dividendo di Fiat (Exor possiede il 30% del capitale ordinario), arriva anche l'extra cedola da Banca Leonardo, di cui Exor possiede il 9,5%.

La banca guidata da Gerardo Bragiotti ha annunciato dividendi per 280 milioni di euro. Exor incasserà 26,9 milioni. Sommando i 70 milioni di euro in arrivo dalla cedola di Fiat, Exor riceverà fra pochi mesi liquidità per 96,9 milioni di euro: una cifra decisamente maggiore rispetto agli 84 milioni di dividendi che la stessa Exor aveva distribuito ai suoi azionisti l'anno scorso.
In una nota inviata ai propri clienti, Mediobanca spiega che una cedola pari a quella dell'anno passato significa un rendimento del 2,6% per le azioni ordinarie e di oltre il 5% per le risparmio e le privilegiate.
Nel weekend sono arrivate buone notizie dalla controllata Alpitour che ha chiuso l'anno con un utile di 4,1 milioni di euro, superiore ai 3 milioni attesi dagli analisti.
Secondo la valutazione di un analista, Exor ha in pancia attività, al netto dei debiti, per 5,33 miliardi di euro, quando in Borsa capitalizza solo 2,48 miliardi. Il titolo dunque è a sconto del 53% sulla somma delle sue parti (Nav).
In particolare la partecipazione di gran lunga più importante della holding Agnelli è il 30% di Fiat che a prezzo di Borsa vale 3,233 miliardi di euro, ovvero il 60% di tutto il portafoglio della holding. Valutare Fiat al prezzo di Borsa vuol dire già applicargli uno sconto. "Il Lingotto infatti quota al 35% di sconto della somma delle sue parti", spiega un analista.
Dopo Fiat, la seconda partecipazione per importanza di Exor è il 15% della svizzera Sgs (ai prezzi di Borsa vale 1 miliardo di euro), società specializzata in certificazione e consulenza aziendale, che da sola pesa per il 20,4% del Nav.
Tra le altre attività quotate troviamo il 60% della Juventus (JUVE.MI), che vale 106,2 milioni di euro (il 2% del Nav), lo 0,6% di IntesaSanpaolo (ISP.MI), pari a 194 milioni di euro (il 3,6% del Nav), e il 26% di Sequana, holding francese che vale 392 milioni di euro (1,9% del Nav).
A questa lunga lista di partecipazioni in società quotate, si aggiungono quelle in società non quotate. Ad esempio, non è quotata Cushman & Wakefield, società americana di servizi immobiliari di cui Exor possiede il 71,8%, quota valutata 461 milioni di euro (8,6% del Nav).
L'elenco comprende il 100% di Alpitour (0,9% del Nav), il 9,7% di Banca Leonardo (1,5% del Nav) e ancoraVision Investment Management, Banjay Capital Entertainment, Noco, Soyem, Perella Weinberg che insieme pesano per il 2,8% del Nav.
Sommando le attività quotate e quelle non quotate, si arriva ad un valore di 5,83 miliardi di euro, ovvero il 53% in più di quanto quota oggi Exor in Borsa. "Storicamente lo sconto è sempre stato vicino al 30%", spiega un analista.
Stamattina in una nota inviataai propri clienti Mediobanca spiegava che applicando uno sconto del 40%, Exor in Borsa dovrebbe valere almeno 14 euro ovvero il 18% di più rispetto alle attuali quotazioni.
Le quotazioni di Exor potrebbero migliorare in futuro se la Fiat si deciderà a varare lo scorporo del settore Auto, un'operazione che dovrebbe ridurre lo sconto valutativo di cui soffre la stessa Fiat, e a monte anche quello di Exor. Ma la decisione non è dietro l'angolo: "Credo che prima la Fiat punterà a incrementare la propria partecipazione in Chrysler, dunque di scorporo non si parlerà prima di metà 2011", precisa un analista.

fonte: www.websim.it