La capogruppo di Nakheel, il colosso immobiliare impegnato nella costruzione delle “Palm Islands”
Il caso Dubai World
Lo scorso novembre la holding statale Dubai World aveva chiesto ai suoi creditori una moratoria di 6 mesi sulle proprie passività che ammontavano a 59 miliardi di dollari.
La notizia aveva pesato molto sull’andamento dei principali indici delle borse internazionali. Dubai World, infatti, è la capogruppo di Nakheel, il colosso immobiliare impegnato nella costruzione delle “Palm Islands”, detiene anche consistenti partecipazioni nei mercati azionari di tutto il mondo.
Dubai World, che rappresenta il cuore degli affari di Dubai, uno dei sette emirati che compongono gli Emirati arabi uniti, oltre alla moratoria di sei mesi sui propri debiti aveva anche provato a rinegoziare la sua posizione debitoria e un bond islamico della controllata Nakheel Properties.
L’aiuto di Abu Dhabi
Recentemente Abu Dhabi, la capitale degli Emirati ha fornito a Dubai World 10 miliardi di dollari che sono stati utilizzati dall’immobiliare Nakheel per rimborsare un bond per oltre 4 miliardi di dollari in scadenza.
La decisione di andare in soccorso della sorella minore non dovrebbe tuttavia costituire un caso isolato, in quanto il Ministro dell’economia degli Emirati arabi uniti, Sultan al-Mansouri ha lasciato intendere che Dubai World non sarà lasciata sola.
Infatti, nonostante la rivalità tra i due Emirati, gli istituti di credito di Abu Dhabi posseggono circa un terzo dei debiti di Dubai e hanno ogni interesse a non stare ad osservare a mani conserte.
Condanne più severe
I recenti accadimenti sembrano aver messo a dura prova l’emirato di Dubai che ha inasprito le condanne per frodi finanziarie (in particolare quelle sui fondi governativi) con lo scopo di meglio tutelare gli interessi di Dubai e dei suoi investitori.
Le nuove regole introducono pene detentive da 5 a 20 anni che però decadono in caso di restituzione delle somme illegittimamente sottratte.
Verso la ristrutturazione
Ora non resta che attendere la proposta di ristrutturazione della prima parte del debito con le banche, pari a 26 miliardi di dollari, prevista per metà gennaio.
Il piano di ristrutturazione di Dubai World coinvolge alcune delle sue società (tra cui Nakheel) e prevede alcuni importanti cambi al vertice. La proposta di ristrutturazione avanzata da Dubai World prevedrebbe inoltre la fusione di tre società di real estate (Dubai Properties, Sama Dubai e Tatweer).
Non dovrebbero invece essere ricomprese nel piano Istithmar World, Ports & Free Zone World e Infinity World Holding.
Tra i creditori del gruppo si contano 90 istituti di credito che avranno come compito quello di nominare un comitato di coordinamento mentre la società di revisione Deloitte si occuperà del mandato di rappresentanza di Dubai World.
fonte: Borsa Italiana
Operazioni di mercato aperto
Le acquisizioni e vendite di titoli di Stato effettuate in Borsa dalle banche centrali
Con il termine "operazioni di mercato aperto" ci si riferisce alle acquisizioni e vendite di titoli di Stato effettuate in Borsa dalle banche centrali.
Si parla nello specifico di operazioni di mercato aperto riferendosi a quelle messe in atto dalle banche centrali per ampliare o ridurre la base monetaria, dove con base monetaria ci si riferisce all'aggregato monetario che rappresenta lo stock di valuta (monete e banconote) e di depositi caratterizzati da diversi gradi di liquidità presenti in un sistema finanziario.
La base monetaria è data dal totale delle banconote e delle monete in circolazione sommate alle riserve (obbligatorie e facoltative) e ai depositi detenuti presso un sistema finanziario. Essa rappresenta una passività nel bilancio della banca centrale.
Attraverso le operazioni di mercato aperto la banca centrale acquista e vende titoli di Stato e così facendo inietta e ritira moneta dal sistema.
Il collocamento dei titoli di Stato avviene attraverso un'asta riservata a grandi investitori istuzionali che poi rivendono i titoli ai propri risparmiatori e ad altri soggetti economici.
Gli acquirenti (banche, imprese e piccoli risparmiatori) potranno poi rivendere i titoli sul mercato secondario di Borsa italiana.
L'acquisto o la vendita di titoli di Stato rappresenta il principale canale con cui una Banca centrale assolve al proprio compito istituzionale di regolare la quantità di moneta in circolazione.
Insieme alle operazioni attivabili su iniziativa delle controparti e alla riserva obbligatoria rappresenta uno degli strumenti a disposizione dell’Eurosistema per la conduzione della politica monetaria.
Come chiarisce infatti la Banca d'Italia le operazioni di mercato aperto hanno la funzione di immettere o drenare la liquidità. Può prendervi parte ogni istituzione creditizia residente nei paesi dell’Eurosistema in possesso dei necessari requisiti.
La Banca d’Italia esegue le operazioni di mercato aperto nei confronti delle banche presenti sul territorio nazionale attenendosi alle istruzioni impartite dalla BCE e alle regole e alle procedure comuni concordate all’interno dell’Eurosistema. Inoltre, come precisato dalla Banca stessa, è responsabile della gestione delle garanzie che stanno a fronte delle operazioni svolte e individua le attività finanziarie emesse in Italia che possono essere utilizzate come garanzia.
Le operazioni di mercato aperto rappresentano quindi uno dei modi con cui tecnicamente le banche centrali danno attuazione alla politica monetaria, a seguito di una decisione di alzare/abbassare i tassi.
Nello specifico il mercato aperto è rappresentato dalla banca centrale, dalle banche nazionali ed estere autorizzate dalla Banca Centrale ad operare sul territorio, e da alcune Sim. L'oggetto scambiato nelle operazioni di mercato aperto sono i titoli di Stato e lo scambio come già accennato avviene secondo procedure bilaterali tra ogni singola banca e la Banca Centrale, con aste mensili a tasso fisso oppure tramite aste settimanali a tasso variabile. Ogni asta è gestite dalla Banca Centrale, che stabilisce quali banche sono risultate aggiudicatarie dei titoli in base al regolamento applicato.
fonte: Borsa Italiana
Con il termine "operazioni di mercato aperto" ci si riferisce alle acquisizioni e vendite di titoli di Stato effettuate in Borsa dalle banche centrali.
Si parla nello specifico di operazioni di mercato aperto riferendosi a quelle messe in atto dalle banche centrali per ampliare o ridurre la base monetaria, dove con base monetaria ci si riferisce all'aggregato monetario che rappresenta lo stock di valuta (monete e banconote) e di depositi caratterizzati da diversi gradi di liquidità presenti in un sistema finanziario.
La base monetaria è data dal totale delle banconote e delle monete in circolazione sommate alle riserve (obbligatorie e facoltative) e ai depositi detenuti presso un sistema finanziario. Essa rappresenta una passività nel bilancio della banca centrale.
Attraverso le operazioni di mercato aperto la banca centrale acquista e vende titoli di Stato e così facendo inietta e ritira moneta dal sistema.
Il collocamento dei titoli di Stato avviene attraverso un'asta riservata a grandi investitori istuzionali che poi rivendono i titoli ai propri risparmiatori e ad altri soggetti economici.
Gli acquirenti (banche, imprese e piccoli risparmiatori) potranno poi rivendere i titoli sul mercato secondario di Borsa italiana.
L'acquisto o la vendita di titoli di Stato rappresenta il principale canale con cui una Banca centrale assolve al proprio compito istituzionale di regolare la quantità di moneta in circolazione.
Insieme alle operazioni attivabili su iniziativa delle controparti e alla riserva obbligatoria rappresenta uno degli strumenti a disposizione dell’Eurosistema per la conduzione della politica monetaria.
Come chiarisce infatti la Banca d'Italia le operazioni di mercato aperto hanno la funzione di immettere o drenare la liquidità. Può prendervi parte ogni istituzione creditizia residente nei paesi dell’Eurosistema in possesso dei necessari requisiti.
La Banca d’Italia esegue le operazioni di mercato aperto nei confronti delle banche presenti sul territorio nazionale attenendosi alle istruzioni impartite dalla BCE e alle regole e alle procedure comuni concordate all’interno dell’Eurosistema. Inoltre, come precisato dalla Banca stessa, è responsabile della gestione delle garanzie che stanno a fronte delle operazioni svolte e individua le attività finanziarie emesse in Italia che possono essere utilizzate come garanzia.
Le operazioni di mercato aperto rappresentano quindi uno dei modi con cui tecnicamente le banche centrali danno attuazione alla politica monetaria, a seguito di una decisione di alzare/abbassare i tassi.
Nello specifico il mercato aperto è rappresentato dalla banca centrale, dalle banche nazionali ed estere autorizzate dalla Banca Centrale ad operare sul territorio, e da alcune Sim. L'oggetto scambiato nelle operazioni di mercato aperto sono i titoli di Stato e lo scambio come già accennato avviene secondo procedure bilaterali tra ogni singola banca e la Banca Centrale, con aste mensili a tasso fisso oppure tramite aste settimanali a tasso variabile. Ogni asta è gestite dalla Banca Centrale, che stabilisce quali banche sono risultate aggiudicatarie dei titoli in base al regolamento applicato.
fonte: Borsa Italiana
Cos'è Basilea II
Standard per la gestione del credito delle banche.
Cos’è
Quando si parla di Basilea II ci si riferisce all'accordo maturato dal Comitato di Basilea per la Supervisione Bancaria, sostitutivo del precedente Basilea I.
L'obiettivo dell'accordo è quello di sopperire alle lacune del precedente protocollo nato con l’obiettivo di stabilire degli standard comuni in merito alla gestione del credito delle banche diventata troppo poco prudente.
Il compito principale del primo accordo è stato quello di mettere ordine nel quadro normativo delle banche relativamente al modo con cui gli istituti di credito valutavano i rischi delle aziende a cui facevano credito.
Basilea viene inquadrato come un atto di autoregolamentazione del sistema creditizio su scala internazionale. Infatti le indicazioni del Comitato di Basilea diventano atti giuridicamente vincolanti per le singole banche solo con il loro recepimento da parte delle banche centrali nazionali.
L’implementazione del nuovo accordo da parte delle banche è stata completata alla fine dell’anno 2007.
Da Basilea I a Basilea II
Il mancato raggiungimento di alcuni degli obiettivi inizialmente fissati da Basilea I portò il Comitato a presentare nel 1999 una nuova proposta che va sotto il nome per l’appunto di Basilea II.
Uno dei nodi fondamentali da sbrogliare riguardava in primis il fatto che l'accordo Basilea I valutava le aziende in base a requisiti molto semplificati (come negli obiettivi dell’accordo). Esso si limitava infatti a prendere atto della storia patrimoniale di un’azienda, e della sua capacità attuale di rimborso, ma non si proponeva di valutare in modo dinamico la capacità dell’azienda di generare reddito (fatto che assume importanza notevole nelle aziende che fanno innovazione).
Questa ragione in particolare unitamente ad altre portò il Comitato a elaborare nuove linee guida, standard e raccomandazioni.
In particolare il contenuto del Nuovo Accordo si articola su tre pilastri:
1) Requisiti patrimoniali minimi: gli accordi di Basilea II hanno fissato il coefficiente di solvibilità all'8%. Tale coefficiente fissa l'ammontare minimo di capitale che le banche devono possedere in rapporto al complesso delle attività ponderate in base al loro rischio creditizio. Sono stati introdotti poi i concetti di rischio operativo (ad es. frode interna, frode esterna, risarcimenti richiesti da dipendenti, violazione delle norme a tutela della salute e sicurezza del personale, pratiche discriminatorie, responsabilità civile e penale) e di rischio di mercato (definito come il rischio di perdite derivanti da negoziazione di strumenti finanziari sui mercati, indipendentemente dalla loro classificazione in bilancio). Per la misurazione del rischio di credito le banche potranno utilizzare varie metodologie di calcolo dei requisiti. Tra queste maggior risalto va dato ai sistemi di internal rating, il cui compito principale è rappresentato dal garantire una maggior sensibilità ai rischi.
2) Basilea II inoltre prevede che le Banche Centrali abbiano una maggiore discrezionalità nel valutare l'adeguatezza patrimoniale delle banche, potendo imporre una copertura superiore ai requisiti minimi stabiliti.
3) Il terzo requisito infine è quello della disciplina e della trasparenza del mercato che introduce più stringenti regole di trasparenza per l'informazione al pubblico.
Il rating
Particolare rilevanza viene data infine al rating interno.
Basilea II, infatti, introduce la possibilità, per gli istituti di credito, di affiancare ai rating emessi dalle agenzie specializzate, anche rating prodotti al proprio interno.
Questo permette alle banche di dotarsi di maggiori strumenti per il rischio di impresa garantendo agli istituti un maggior numero di informazioni rilevanti e permettendo loro di formulare valutazioni più concrete e realistiche.
Tuttavia ciò implica vincoli più stringenti in termini di rapporto tra rischi e finanziamenti.
Ecco perché una delle critiche a Basilea II è rappresentata dall’effetto di carattere restrittivo nella concessione del credito alle imprese.
Il primo effetto è che le imprese di più basso rating (generalmente Pmi) vedrebbero peggiorate le loro condizioni di credito.
fonte: Borsa Italiana
Cos’è
Quando si parla di Basilea II ci si riferisce all'accordo maturato dal Comitato di Basilea per la Supervisione Bancaria, sostitutivo del precedente Basilea I.
L'obiettivo dell'accordo è quello di sopperire alle lacune del precedente protocollo nato con l’obiettivo di stabilire degli standard comuni in merito alla gestione del credito delle banche diventata troppo poco prudente.
Il compito principale del primo accordo è stato quello di mettere ordine nel quadro normativo delle banche relativamente al modo con cui gli istituti di credito valutavano i rischi delle aziende a cui facevano credito.
Basilea viene inquadrato come un atto di autoregolamentazione del sistema creditizio su scala internazionale. Infatti le indicazioni del Comitato di Basilea diventano atti giuridicamente vincolanti per le singole banche solo con il loro recepimento da parte delle banche centrali nazionali.
L’implementazione del nuovo accordo da parte delle banche è stata completata alla fine dell’anno 2007.
Da Basilea I a Basilea II
Il mancato raggiungimento di alcuni degli obiettivi inizialmente fissati da Basilea I portò il Comitato a presentare nel 1999 una nuova proposta che va sotto il nome per l’appunto di Basilea II.
Uno dei nodi fondamentali da sbrogliare riguardava in primis il fatto che l'accordo Basilea I valutava le aziende in base a requisiti molto semplificati (come negli obiettivi dell’accordo). Esso si limitava infatti a prendere atto della storia patrimoniale di un’azienda, e della sua capacità attuale di rimborso, ma non si proponeva di valutare in modo dinamico la capacità dell’azienda di generare reddito (fatto che assume importanza notevole nelle aziende che fanno innovazione).
Questa ragione in particolare unitamente ad altre portò il Comitato a elaborare nuove linee guida, standard e raccomandazioni.
In particolare il contenuto del Nuovo Accordo si articola su tre pilastri:
1) Requisiti patrimoniali minimi: gli accordi di Basilea II hanno fissato il coefficiente di solvibilità all'8%. Tale coefficiente fissa l'ammontare minimo di capitale che le banche devono possedere in rapporto al complesso delle attività ponderate in base al loro rischio creditizio. Sono stati introdotti poi i concetti di rischio operativo (ad es. frode interna, frode esterna, risarcimenti richiesti da dipendenti, violazione delle norme a tutela della salute e sicurezza del personale, pratiche discriminatorie, responsabilità civile e penale) e di rischio di mercato (definito come il rischio di perdite derivanti da negoziazione di strumenti finanziari sui mercati, indipendentemente dalla loro classificazione in bilancio). Per la misurazione del rischio di credito le banche potranno utilizzare varie metodologie di calcolo dei requisiti. Tra queste maggior risalto va dato ai sistemi di internal rating, il cui compito principale è rappresentato dal garantire una maggior sensibilità ai rischi.
2) Basilea II inoltre prevede che le Banche Centrali abbiano una maggiore discrezionalità nel valutare l'adeguatezza patrimoniale delle banche, potendo imporre una copertura superiore ai requisiti minimi stabiliti.
3) Il terzo requisito infine è quello della disciplina e della trasparenza del mercato che introduce più stringenti regole di trasparenza per l'informazione al pubblico.
Il rating
Particolare rilevanza viene data infine al rating interno.
Basilea II, infatti, introduce la possibilità, per gli istituti di credito, di affiancare ai rating emessi dalle agenzie specializzate, anche rating prodotti al proprio interno.
Questo permette alle banche di dotarsi di maggiori strumenti per il rischio di impresa garantendo agli istituti un maggior numero di informazioni rilevanti e permettendo loro di formulare valutazioni più concrete e realistiche.
Tuttavia ciò implica vincoli più stringenti in termini di rapporto tra rischi e finanziamenti.
Ecco perché una delle critiche a Basilea II è rappresentata dall’effetto di carattere restrittivo nella concessione del credito alle imprese.
Il primo effetto è che le imprese di più basso rating (generalmente Pmi) vedrebbero peggiorate le loro condizioni di credito.
fonte: Borsa Italiana
La riforma Sanitaria in USA
Il progetto di riforma di Obama prevede l’istituzione di un’assicurazione pubblica sulla salute
All’inizio di novembre 2009 la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato la riforma sanitaria. Affinché tuttavia si possa promulgare la legge entro la fine dell’anno, come nelle intenzioni del presidente Barack Obama, sarà necessaria l’approvazione anche da parte del Senato, dove la maggioranza democratica non è così netta come alla Camera.
Il progetto di riforma prevede una copertura finanziaria di circa mille miliardi di dollari in dieci anni con l’istituzione di un’assicurazione pubblica sulla salute, che dovrebbe competere con quelle private e in questo modo ridurre le tariffe sanitarie e mediche che hanno raggiunto livelli molto elevati. Il piano messo a punto prevede di ridurre dell’1,5% l’anno i costi dell’assistenza medica.
L’obiettivo di Obama è quello di garantire l’assistenza sanitaria a 36 milioni di cittadini americani che attualmente non godono di alcuna copertura. Il progetto prevede inoltre di arrivare a coprire il 96% della popolazione in un arco di dieci anni, per un ammontare complessivo di 1.200 miliardi di dollari.
Il testo della riforma introduce peraltro alcune norme restrittive per le compagnie assicurative come l’obbligo da parte dei datori di lavoro di assicurare i loro dipendenti o anche il divieto per le compagnie assicurative di negare ai clienti la copertura sulla base delle cosiddette "condizioni mediche preesistenti" oppure di aumentare in misura rilevante il prezzo delle polizze nei confronti delle persone più anziane.
Qualora approvata, si tratterebbe della maggiore riforma sanitaria dal 1965, quando venne varato il programma "Medicare" per l’assistenza medica ad anziani e pensionati.
In sintesi, la riforma proposta da Obama prevede tre obiettivi:.
- Il primo è di garantire stabilità e sicurezza a chi possiede già un’assicurazione. A questi il governo proporrà una valida alternativa, a costi minori. L’intenzione è di creare un mercato competitivo (a tutela del consumatore), spingendo le grandi compagnie private a diminuire i costi delle loro polizze. Le compagnie assicurative saranno infatti tenute a pagare una tassa sulle polizze eccessivamente costose che permetterà di coprire parte dei costi della riforma, favorendo parallelamente una generale riduzione dei prezzi. Ogni cittadino potrà quindi scegliere se essere assicurato con una compagnia privata o con quella governativa.
- Il secondo obiettivo è la garanzia dell’assistenza sanitaria ai 36 milioni di cittadini statunitensi attualmente privi di una copertura assicurativa, i quali potranno usufruire di cure mediche gratuite. Nonostante nel 1965 siano stati istituiti i programmi “Medicare” (per gli adulti con età superiore ai 65 anni) e “Medicaid” (per le famiglie con basso reddito), questi non riescono a coprire la richiesta dell’intera popolazione di indigenti. Peraltro questi programmi sono fonte di inefficienza in quanto impongono al governo costi esorbitanti e sono gravati da sprechi e frodi da parte delle stesse compagnie assicurative private, alle quali è affidata parte della gestione dei beneficiari.
- Il terzo obiettivo è la riduzione dei costi di gestione e il miglioramento delle rendite del settore medico a lungo termine, al fine di realizzare un risparmio per le famiglie, le imprese e il governo. L’intenzione di Obama è quella di aprire un mercato assicurativo più accessibile, con nuovi clienti anche per le compagnie private visto che si prevede che solo il 5% dei cittadini statunitensi usufruirà delle cure offerte dallo Stato (gli altri avranno la possibilità di acquistare polizze private ad un prezzo ridotto da una sana competizione), e di introdurre nel sistema sanitario tutti coloro che attualmente, per condizione economica, ne sono tagliati fuori.
Gli elettori sono tuttavia preoccupati dal costo relativo all’attuazione della riforma ma il presidente Obama ha già assicurato che questa non andrà a incrementare il deficit americano.
fonte: Borsa italiana
All’inizio di novembre 2009 la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato la riforma sanitaria. Affinché tuttavia si possa promulgare la legge entro la fine dell’anno, come nelle intenzioni del presidente Barack Obama, sarà necessaria l’approvazione anche da parte del Senato, dove la maggioranza democratica non è così netta come alla Camera.
Il progetto di riforma prevede una copertura finanziaria di circa mille miliardi di dollari in dieci anni con l’istituzione di un’assicurazione pubblica sulla salute, che dovrebbe competere con quelle private e in questo modo ridurre le tariffe sanitarie e mediche che hanno raggiunto livelli molto elevati. Il piano messo a punto prevede di ridurre dell’1,5% l’anno i costi dell’assistenza medica.
L’obiettivo di Obama è quello di garantire l’assistenza sanitaria a 36 milioni di cittadini americani che attualmente non godono di alcuna copertura. Il progetto prevede inoltre di arrivare a coprire il 96% della popolazione in un arco di dieci anni, per un ammontare complessivo di 1.200 miliardi di dollari.
Il testo della riforma introduce peraltro alcune norme restrittive per le compagnie assicurative come l’obbligo da parte dei datori di lavoro di assicurare i loro dipendenti o anche il divieto per le compagnie assicurative di negare ai clienti la copertura sulla base delle cosiddette "condizioni mediche preesistenti" oppure di aumentare in misura rilevante il prezzo delle polizze nei confronti delle persone più anziane.
Qualora approvata, si tratterebbe della maggiore riforma sanitaria dal 1965, quando venne varato il programma "Medicare" per l’assistenza medica ad anziani e pensionati.
In sintesi, la riforma proposta da Obama prevede tre obiettivi:.
- Il primo è di garantire stabilità e sicurezza a chi possiede già un’assicurazione. A questi il governo proporrà una valida alternativa, a costi minori. L’intenzione è di creare un mercato competitivo (a tutela del consumatore), spingendo le grandi compagnie private a diminuire i costi delle loro polizze. Le compagnie assicurative saranno infatti tenute a pagare una tassa sulle polizze eccessivamente costose che permetterà di coprire parte dei costi della riforma, favorendo parallelamente una generale riduzione dei prezzi. Ogni cittadino potrà quindi scegliere se essere assicurato con una compagnia privata o con quella governativa.
- Il secondo obiettivo è la garanzia dell’assistenza sanitaria ai 36 milioni di cittadini statunitensi attualmente privi di una copertura assicurativa, i quali potranno usufruire di cure mediche gratuite. Nonostante nel 1965 siano stati istituiti i programmi “Medicare” (per gli adulti con età superiore ai 65 anni) e “Medicaid” (per le famiglie con basso reddito), questi non riescono a coprire la richiesta dell’intera popolazione di indigenti. Peraltro questi programmi sono fonte di inefficienza in quanto impongono al governo costi esorbitanti e sono gravati da sprechi e frodi da parte delle stesse compagnie assicurative private, alle quali è affidata parte della gestione dei beneficiari.
- Il terzo obiettivo è la riduzione dei costi di gestione e il miglioramento delle rendite del settore medico a lungo termine, al fine di realizzare un risparmio per le famiglie, le imprese e il governo. L’intenzione di Obama è quella di aprire un mercato assicurativo più accessibile, con nuovi clienti anche per le compagnie private visto che si prevede che solo il 5% dei cittadini statunitensi usufruirà delle cure offerte dallo Stato (gli altri avranno la possibilità di acquistare polizze private ad un prezzo ridotto da una sana competizione), e di introdurre nel sistema sanitario tutti coloro che attualmente, per condizione economica, ne sono tagliati fuori.
Gli elettori sono tuttavia preoccupati dal costo relativo all’attuazione della riforma ma il presidente Obama ha già assicurato che questa non andrà a incrementare il deficit americano.
fonte: Borsa italiana
Cos'è l'ammortamento
L'ammortamento è un procedimento amministrativo-contabile con cui il costo di un bene viene ripartito nel corso di più esercizi.
Oggetto del procedimento di ammortamento sono i cosiddetti beni a fecondità ripetuta, ovvero, che mantengono la loro utilità nel corso del tempo.
Attraverso la procedura di ammortamento infatti il costo di tali beni viene spalmato su più anni in ragione della loro durata economica.
La decisione da parte di un’azienda di ripartire il costo di un bene su più anni viene messa in pratica suddividendo il costo del bene in più quote, il cui numero varia in funzione del numero di esercizi in cui il bene (impianto, macchinario etc.) sarà utilizzato.
Ad imporre l’ammortamento è anche il principio contabile della competenza economica delle componenti reddituali, secondo cui non è possibile imputare un bene che viene utilizzato in più esercizi interamente all'esercizio in cui è stato acquistato.
Oggetto dell'ammortamento possono essere:
Le immobilizzazioni materiali ovvero l’insieme di tutti i fattori produttivi ad utilità pluriennale fisicamente tangibili (ad esempio, fabbricati, macchinari, impianti, automezzi, attrezzature industriali e commerciali, computer, mobili d'ufficio ecc.).
Le immobilizzazioni immateriali come l’insieme di tutti i fattori produttivi ad utilità pluriennale non fisicamente tangibili (ad esempio, brevetti e marchi, diritti di utilizzo di opere dell'ingegno, concessioni governative, costi di ricerca & sviluppo, costi di pubblicità ecc.).
Mentre per le immobilizzazioni materiali viene usato spesso il metodo indiretto, che fa confluire ogni anno la quota nel fondo ammortamento; per le immobilizzazioni immateriali si applica il metodo diretto, consistente nel portare direttamente in deduzione dal costo storico del bene pluriennale le quote d'ammortamento.
La procedura dell'ammortamento è stabilita dal Codice Civile (art. 2426 c.c.) ai fini della redazione del bilancio d'esercizio. Esiste anche il cosiddetto ammortamento fiscale, dettato dal legislatore fiscale ai fini di determinare la base imponibile.
L’ammortamento redatto a fini fiscali deve essere calcolato seguendo le aliquote di ammortamento previste dall’Agenzia delle entrate (pubblicate con decreto ministeriale ogni anno), che indicano la quota massima deducibile ai fini della determinazione del reddito d'impresa fiscalmente imponibile.
Le tipologie:
Esistono varie tecniche di ammortamento:
Tuttavia a volte si parla di piano di ammortamento riferendosi al calcolo degli ammortamenti dei beni aziendali, che consiste nella previsione delle quote annuali di ammortamento per tutti gli esercizi previsti
Oggetto del procedimento di ammortamento sono i cosiddetti beni a fecondità ripetuta, ovvero, che mantengono la loro utilità nel corso del tempo.
Attraverso la procedura di ammortamento infatti il costo di tali beni viene spalmato su più anni in ragione della loro durata economica.
La decisione da parte di un’azienda di ripartire il costo di un bene su più anni viene messa in pratica suddividendo il costo del bene in più quote, il cui numero varia in funzione del numero di esercizi in cui il bene (impianto, macchinario etc.) sarà utilizzato.
Ad imporre l’ammortamento è anche il principio contabile della competenza economica delle componenti reddituali, secondo cui non è possibile imputare un bene che viene utilizzato in più esercizi interamente all'esercizio in cui è stato acquistato.
Oggetto dell'ammortamento possono essere:
Le immobilizzazioni materiali ovvero l’insieme di tutti i fattori produttivi ad utilità pluriennale fisicamente tangibili (ad esempio, fabbricati, macchinari, impianti, automezzi, attrezzature industriali e commerciali, computer, mobili d'ufficio ecc.).
Le immobilizzazioni immateriali come l’insieme di tutti i fattori produttivi ad utilità pluriennale non fisicamente tangibili (ad esempio, brevetti e marchi, diritti di utilizzo di opere dell'ingegno, concessioni governative, costi di ricerca & sviluppo, costi di pubblicità ecc.).
Mentre per le immobilizzazioni materiali viene usato spesso il metodo indiretto, che fa confluire ogni anno la quota nel fondo ammortamento; per le immobilizzazioni immateriali si applica il metodo diretto, consistente nel portare direttamente in deduzione dal costo storico del bene pluriennale le quote d'ammortamento.
La procedura dell'ammortamento è stabilita dal Codice Civile (art. 2426 c.c.) ai fini della redazione del bilancio d'esercizio. Esiste anche il cosiddetto ammortamento fiscale, dettato dal legislatore fiscale ai fini di determinare la base imponibile.
L’ammortamento redatto a fini fiscali deve essere calcolato seguendo le aliquote di ammortamento previste dall’Agenzia delle entrate (pubblicate con decreto ministeriale ogni anno), che indicano la quota massima deducibile ai fini della determinazione del reddito d'impresa fiscalmente imponibile.
Le tipologie:
Esistono varie tecniche di ammortamento:
- ammortamento a rate posticipate;
- ammortamento a rate anticipate;
- ammortamento con anticipazione degli interessi;
- ammortamento con quote capitali costanti (italiano);
- ammortamento con quote capitali costanti (tedesco);
- ammortamento a rate costanti (francese);
- ammortamento con quote di accumulazione a due tassi (americano).
Non sempre viene redatto un piano di ammortamento più comunemente utilizzato per l’estinzione di debiti finanziari come i mutui.
fonte: Borsa Italiana
Che cos'è l'Inflazione?
l'Inflazione è un dato Macro-Economico capace di influenzare le decisioni di Politica Monetaria
L’inflazione, in economia, indica una crescita generalizzata e continuativa dei prezzi nel tempo.
Per calcolare l’inflazione è necessario costruire un indice dei prezzi al consumo e nella maggior parte dei paesi la misura di questo indice è attribuita all'Istituto nazionale di statistica.
L'indice dei prezzi al consumo è uno strumento statistico che misura le variazioni nel tempo dei prezzi di un insieme, denominato paniere, di beni e servizi, caratteristico dei consumi delle famiglie di un determinato paese.
In Italia l’Istituto nazionale di statistica è l'Istat, che elabora tre diversi indici dei prezzi al consumo: quello per l'intera collettività nazionale NIC, quello relativo ad operai e impiegati FOI oltre all'indice armonizzato europeo IPCA. Quest’ultimo è di grande rilevanza poiché viene utilizzato come indicatore per verificare la convergenza delle economie dei paesi membri della UE (Unione Europea), al fine della permanenza o dell'ingresso nell'Unione Monetaria.
L’inflazione rappresenta dunque un dato macroeconomico importante, molto seguito dagli economisti poichè capace di influenzare le decisioni di politica monetaria delle Banche Centrali internazionali. L’obiettivo principale degli Istituti Centrali è infatti quello di mantenere la stabilità dei prezzi, circostanza che, secondo gli esperti, rappresenta una delle condizioni basilari per l'innalzamento del livello dell'attività economica e dell'occupazione.
Un’inflazione superiore ai limiti di tolleranza imposti dalle autorità finanziarie induce le Banche Centrali ad attuare politiche monetarie restrittive, che implicano dunque un rialzo dei tassi d’interesse. Le ripercussioni che tali scelte possono avere sull'andamento dei mercati fanno si che l'inflazione venga seguita con molta attenzione da tutti gli operatori finanziari.
fonte: Borsa italiana
L’inflazione, in economia, indica una crescita generalizzata e continuativa dei prezzi nel tempo.
Per calcolare l’inflazione è necessario costruire un indice dei prezzi al consumo e nella maggior parte dei paesi la misura di questo indice è attribuita all'Istituto nazionale di statistica.
L'indice dei prezzi al consumo è uno strumento statistico che misura le variazioni nel tempo dei prezzi di un insieme, denominato paniere, di beni e servizi, caratteristico dei consumi delle famiglie di un determinato paese.
In Italia l’Istituto nazionale di statistica è l'Istat, che elabora tre diversi indici dei prezzi al consumo: quello per l'intera collettività nazionale NIC, quello relativo ad operai e impiegati FOI oltre all'indice armonizzato europeo IPCA. Quest’ultimo è di grande rilevanza poiché viene utilizzato come indicatore per verificare la convergenza delle economie dei paesi membri della UE (Unione Europea), al fine della permanenza o dell'ingresso nell'Unione Monetaria.
L’inflazione rappresenta dunque un dato macroeconomico importante, molto seguito dagli economisti poichè capace di influenzare le decisioni di politica monetaria delle Banche Centrali internazionali. L’obiettivo principale degli Istituti Centrali è infatti quello di mantenere la stabilità dei prezzi, circostanza che, secondo gli esperti, rappresenta una delle condizioni basilari per l'innalzamento del livello dell'attività economica e dell'occupazione.
Un’inflazione superiore ai limiti di tolleranza imposti dalle autorità finanziarie induce le Banche Centrali ad attuare politiche monetarie restrittive, che implicano dunque un rialzo dei tassi d’interesse. Le ripercussioni che tali scelte possono avere sull'andamento dei mercati fanno si che l'inflazione venga seguita con molta attenzione da tutti gli operatori finanziari.
fonte: Borsa italiana
Rischi dell'Investimento azionario
Statisticamente le economie attraversano più periodi di crescita che di recessione, quindi le azioni rappresentano un buon mezzo per superare gli effetti dell’inflazione. Per esempio, 10.000 € lasciate sotto il materasso, ipotizzando un aumento annuo del 2,5% nel costo dei prodotti e servizi a causa dell’inflazione, dopo un anno varrebbero 9.750 € . Dopo cinque anni tale valore sarebbe sceso fino a 8.810 €.
Tuttavia il possesso azionario non è privo di rischi. Può darsi che quindi l’inflazione rosicchi i risparmi nel lungo termine, ma in caso di un crollo delle quotazioni azionarie, si corre il rischio di perdere gran parte del capitale investito. In caso di fallimento dell’impresa partecipata, le azioni possedute potrebbero diventare prive di valore.
Si può anche perdere denaro senza che le imprese falliscano. Altri investitori potrebbero semplicemente decidere che la società non vale quanto inizialmente pagato, forse a seguito di una diminuzione nella relativa quota di mercato, e laddove il numero di quelli che la pensano così sia sufficiente, si assisterà ad una perdita di valore della partecipazione detenuta. Le azioni tendono a svalutarsi altresì in caso di andamento negativo dell’economia, poiché gli investitori ravvisano un potenziale calo dei profitti.
Vale però la pena di notare che, a parte le società che falliscono, le imprese che hanno subito un calo si possono riprendere nel tempo. In alcuni casi, laddove un’azione sia calata, può essere utile conservarla in attesa del recupero, mentre altre volte può essere meglio ‘tagliare le perdite’ ed investire in una società con migliori prospettive.
fonte: Borsa italiana
Tuttavia il possesso azionario non è privo di rischi. Può darsi che quindi l’inflazione rosicchi i risparmi nel lungo termine, ma in caso di un crollo delle quotazioni azionarie, si corre il rischio di perdere gran parte del capitale investito. In caso di fallimento dell’impresa partecipata, le azioni possedute potrebbero diventare prive di valore.
Si può anche perdere denaro senza che le imprese falliscano. Altri investitori potrebbero semplicemente decidere che la società non vale quanto inizialmente pagato, forse a seguito di una diminuzione nella relativa quota di mercato, e laddove il numero di quelli che la pensano così sia sufficiente, si assisterà ad una perdita di valore della partecipazione detenuta. Le azioni tendono a svalutarsi altresì in caso di andamento negativo dell’economia, poiché gli investitori ravvisano un potenziale calo dei profitti.
Vale però la pena di notare che, a parte le società che falliscono, le imprese che hanno subito un calo si possono riprendere nel tempo. In alcuni casi, laddove un’azione sia calata, può essere utile conservarla in attesa del recupero, mentre altre volte può essere meglio ‘tagliare le perdite’ ed investire in una società con migliori prospettive.
fonte: Borsa italiana
Investire in Azioni
Cosa sono le azioni?
Esistono numerose tipologie di azioni che si possono acquistare ma quella più comune è l’azione ordinaria. Le azioni ordinarie rappresentano semplicemente delle quote di possesso di un’impresa.
Mediante l’acquisto di azioni, dette anche titoli azionari, si diventa letteralmente proprietario di una quota dell’attività commerciale in questione. Per esempio, se la ditta ABC spa è suddivisa in 100.000 azioni del valore nominale di 1 € ciascuna, acquistando azioni per un importo pari a 1.000 €, si diventa proprietario dell’1% della società.
Un’impresa non deve necessariamente quotarsi in borsa per emettere azioni: tali società vengono chiamate imprese non quotate e spesso per descrivere i loro titoli si usa il termine ‘non quotati’.
La qualifica di azionista dà il diritto di intervenire negli affari della società mediante il voto nelle assemblee nonché, naturalmente, la possibilità di condividere le sue ricchezze. Se l’impresa va bene, il valore dell’investimento sale, ma in caso di andamento negativo, si potrebbe assistere ad un calo nel valore delle azioni.
Perchè investire in Azioni?
Ci sono due modi in cui si può trarre beneficio dal possesso di azioni. Il primo modo è attraverso la crescita dell’impresa. Per esempio, supponiamo che, in un anno, la società ABC SpA consegua un reddito di 100.000 € . Al netto degli oneri, le rimangono 50.000 €, il suo utile.
Reinveste poi questo denaro nell’attività, magari investendo in una migliore tecnologia, che consente una riduzione dei costi e, quindi, il conseguimento di un utile maggiore l’anno successivo. Laddove riesca a proseguire il miglioramento dei suoi utili, la domanda per le sue azioni crescerà e la relativa quotazione azionaria salirà. Tali società, definiti titoli di sviluppo, attirano quegli investitori che non hanno bisogno di percepire un reddito dai loro investimenti.
Molte società distribuiscono altresì un dividendo. Supponiamo, per esempio, che la società XYZ SpA consegua un reddito di 100.000 € . Al netto dei suoi oneri e dopo avere reinvestito nella propria attività, le restano 10.000 €. Decide di restituire questa somma agli azionisti mediante il pagamento di un dividendo. Se la società conta 100.000 azionisti, a ciascuna azione spetterà un dividendo di 10 centesimi. Dunque, in caso di possesso di 100 azioni, il dividendo totale sarà pari a 10 €.
Le società possono utilizzare anche altri modi per restituire il denaro agli azionisti, come per esempio il riacquisto delle proprie azioni. In tal modo incrementano il valore delle azioni rimaste in circolazione.
Investendo in azioni, si crea inoltre un collegamento tra la propria ricchezza patrimoniale e la salute dell’economia nazionale e di quella estera. La proporzione dei prodotti e servizi venduti sul mercato interno e all’estero aumenta quando l’economia è in crescita e diminuisce in caso di recessione, incidendo di conseguenza sui profitti.
fonte: Borsa Italiana
Esistono numerose tipologie di azioni che si possono acquistare ma quella più comune è l’azione ordinaria. Le azioni ordinarie rappresentano semplicemente delle quote di possesso di un’impresa.
Mediante l’acquisto di azioni, dette anche titoli azionari, si diventa letteralmente proprietario di una quota dell’attività commerciale in questione. Per esempio, se la ditta ABC spa è suddivisa in 100.000 azioni del valore nominale di 1 € ciascuna, acquistando azioni per un importo pari a 1.000 €, si diventa proprietario dell’1% della società.
Un’impresa non deve necessariamente quotarsi in borsa per emettere azioni: tali società vengono chiamate imprese non quotate e spesso per descrivere i loro titoli si usa il termine ‘non quotati’.
La qualifica di azionista dà il diritto di intervenire negli affari della società mediante il voto nelle assemblee nonché, naturalmente, la possibilità di condividere le sue ricchezze. Se l’impresa va bene, il valore dell’investimento sale, ma in caso di andamento negativo, si potrebbe assistere ad un calo nel valore delle azioni.
Perchè investire in Azioni?
Ci sono due modi in cui si può trarre beneficio dal possesso di azioni. Il primo modo è attraverso la crescita dell’impresa. Per esempio, supponiamo che, in un anno, la società ABC SpA consegua un reddito di 100.000 € . Al netto degli oneri, le rimangono 50.000 €, il suo utile.
Reinveste poi questo denaro nell’attività, magari investendo in una migliore tecnologia, che consente una riduzione dei costi e, quindi, il conseguimento di un utile maggiore l’anno successivo. Laddove riesca a proseguire il miglioramento dei suoi utili, la domanda per le sue azioni crescerà e la relativa quotazione azionaria salirà. Tali società, definiti titoli di sviluppo, attirano quegli investitori che non hanno bisogno di percepire un reddito dai loro investimenti.
Molte società distribuiscono altresì un dividendo. Supponiamo, per esempio, che la società XYZ SpA consegua un reddito di 100.000 € . Al netto dei suoi oneri e dopo avere reinvestito nella propria attività, le restano 10.000 €. Decide di restituire questa somma agli azionisti mediante il pagamento di un dividendo. Se la società conta 100.000 azionisti, a ciascuna azione spetterà un dividendo di 10 centesimi. Dunque, in caso di possesso di 100 azioni, il dividendo totale sarà pari a 10 €.
Le società possono utilizzare anche altri modi per restituire il denaro agli azionisti, come per esempio il riacquisto delle proprie azioni. In tal modo incrementano il valore delle azioni rimaste in circolazione.
Investendo in azioni, si crea inoltre un collegamento tra la propria ricchezza patrimoniale e la salute dell’economia nazionale e di quella estera. La proporzione dei prodotti e servizi venduti sul mercato interno e all’estero aumenta quando l’economia è in crescita e diminuisce in caso di recessione, incidendo di conseguenza sui profitti.
fonte: Borsa Italiana
Davos: nessun risultato concreto al World Economic Forum
Banchieri e policymaker hanno trovato alcuni punti d'intesa oggi, dopo mesi di recriminazioni sulla crisi finanziaria, ma alcuni hanno espresso frustrazione per la lentezza con cui procedono le riforme bancarie.
Un incontro informale a porte chiuse tra una decina di protagonisti della finanza e funzionari di governo, svoltosi a margine del World Economic Forum, ha visto poche proposte concrete sul tavolo, sebbene, a detta dei partecipanti, dei passi avanti siano stati fatti.
"Ogni volta che i rappresentati del settore privato o di quello pubblico di diversi Paesi raggiungono un livello di intesa maggiore, penso che sia effettivamente qualcosa di valido", ha detto il consigliere economico Usa a Davos, Larry Summers, al termine del meeting durato due ore.
Altri partecipanti, tuttavia, hanno espresso delusione per il livello di cambiamento. La Gran Bretagna ha detto che le banche, i legislatori e i regolatori dovrebbero muoversi rapidamente sui punti concordati, inclusa la necessità di aumentare i requisiti di capitale e gli strumenti che consentono la chiusura rapida di una banca fallita.
"Quel che è cambiato qui è l'accettazione da parte delle banche che occorrono dei cambiamenti e che devono farli rapidamente", ha detto il ministro delle Finanze britannico Alistair Darling in un'intervista.
"Si sono mossi da una posizione di risentimento per un'interferenza pubblica a quella di accettare la necessità di rimettere ordine in casa".
Darling ha avvisato del rischio di veder sfumare l'occasione per una riforma e di perdere "una grande opportunità per il ritorno alla crescita".
Il numero uno del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, ha convenuto: "Ci sono voluti 12 anni per costruire (le regole di) Basilea, ma oggi non abbiamo 12 anni per costruire una riforma finanziaria. Dobbiamo sbrigarci".
Mario Draghi, presidente del Financial Stability Board, ha detto in un'intervista a Reuters che tra le proposte dibattute vi è quella di un'agenzia che gestisca il fallimento delle banche "in modo ordinato".
I banchieri hanno detto però che l'istituzione di un fondo che consenta al sistema di assorbire il fallimento di una banca non è stato al centro dei colloqui e che non è stato raggiunto alcun accordo sull'argomento.
di Dominic Evans e Lisa Jucca
fonte: Reuters
Un incontro informale a porte chiuse tra una decina di protagonisti della finanza e funzionari di governo, svoltosi a margine del World Economic Forum, ha visto poche proposte concrete sul tavolo, sebbene, a detta dei partecipanti, dei passi avanti siano stati fatti.
"Ogni volta che i rappresentati del settore privato o di quello pubblico di diversi Paesi raggiungono un livello di intesa maggiore, penso che sia effettivamente qualcosa di valido", ha detto il consigliere economico Usa a Davos, Larry Summers, al termine del meeting durato due ore.
Altri partecipanti, tuttavia, hanno espresso delusione per il livello di cambiamento. La Gran Bretagna ha detto che le banche, i legislatori e i regolatori dovrebbero muoversi rapidamente sui punti concordati, inclusa la necessità di aumentare i requisiti di capitale e gli strumenti che consentono la chiusura rapida di una banca fallita.
"Quel che è cambiato qui è l'accettazione da parte delle banche che occorrono dei cambiamenti e che devono farli rapidamente", ha detto il ministro delle Finanze britannico Alistair Darling in un'intervista.
"Si sono mossi da una posizione di risentimento per un'interferenza pubblica a quella di accettare la necessità di rimettere ordine in casa".
Darling ha avvisato del rischio di veder sfumare l'occasione per una riforma e di perdere "una grande opportunità per il ritorno alla crescita".
Il numero uno del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, ha convenuto: "Ci sono voluti 12 anni per costruire (le regole di) Basilea, ma oggi non abbiamo 12 anni per costruire una riforma finanziaria. Dobbiamo sbrigarci".
Mario Draghi, presidente del Financial Stability Board, ha detto in un'intervista a Reuters che tra le proposte dibattute vi è quella di un'agenzia che gestisca il fallimento delle banche "in modo ordinato".
I banchieri hanno detto però che l'istituzione di un fondo che consenta al sistema di assorbire il fallimento di una banca non è stato al centro dei colloqui e che non è stato raggiunto alcun accordo sull'argomento.
di Dominic Evans e Lisa Jucca
fonte: Reuters
La Cina minaccia di sanzioni gli Usa dopo vendita armi a Taiwan
Continua sempre più minacciosa la reazione della Cina alla decisione americana di vendere armi a Taiwan.
La Cina ha minacciato oggi di imporre sanzioni alle imprese Usa che vendono armamenti a Taiwan e di interrompere la cooperazione con Washington se non annullerà una vendita di armi da 6,4 miliardi di dollari al governo dell'isola, in una mossa senza precedenti che segnala il crescente potere di Pechino sulla scena mondiale.
La Cina ha denunciato aspramente l'annuncio dell'amministrazione Obama di un accordo per la vendita di armi a Taiwan, che Pechino considera una provincia illegittimamente autonoma.
"Gli Stati Uniti dovranno assumersi la responsabilità di serie ripercussioni, se non revocheranno immediatamente la decisione sbagliata di vendere armi a Taiwan", ha detto il viceministro degli Esteri cinese He Yafei all'ambasciatore Usa in Cina, Jon Huntsman, secondo le dichiarazioni riportate dal sito web del ministero degli Esteri.
La disputa minaccia di peggiorare i rapporti diplomatici tra i due Paesi, membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu.
Il Dipartimento di Stato Usa ha difeso oggi i piani Usa con Taiwan. "Queste vendite contribuiscono a mantenere la sicurezza e la stabilità nello Stretto di Taiwan", ha detto Laura Tischler, portavoce del Dipartimento di Stato.
fonte: Reuters
La Cina ha minacciato oggi di imporre sanzioni alle imprese Usa che vendono armamenti a Taiwan e di interrompere la cooperazione con Washington se non annullerà una vendita di armi da 6,4 miliardi di dollari al governo dell'isola, in una mossa senza precedenti che segnala il crescente potere di Pechino sulla scena mondiale.
La Cina ha denunciato aspramente l'annuncio dell'amministrazione Obama di un accordo per la vendita di armi a Taiwan, che Pechino considera una provincia illegittimamente autonoma.
"Gli Stati Uniti dovranno assumersi la responsabilità di serie ripercussioni, se non revocheranno immediatamente la decisione sbagliata di vendere armi a Taiwan", ha detto il viceministro degli Esteri cinese He Yafei all'ambasciatore Usa in Cina, Jon Huntsman, secondo le dichiarazioni riportate dal sito web del ministero degli Esteri.
La disputa minaccia di peggiorare i rapporti diplomatici tra i due Paesi, membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu.
Il Dipartimento di Stato Usa ha difeso oggi i piani Usa con Taiwan. "Queste vendite contribuiscono a mantenere la sicurezza e la stabilità nello Stretto di Taiwan", ha detto Laura Tischler, portavoce del Dipartimento di Stato.
fonte: Reuters
Libia: approvata zona di libero scambio
Il principale organismo legislativo della Libia ha approvato una legge che istituisce una zona di libero scambio lungo la costa mediterranea libica. Lo ha detto Saadi Gheddafi, figlio del leader libico Muammar Gheddafi, oggi in un'intervista a Reuters.
"Dopo l'accordo del leader (Muammar) Gheddafi... l'idea della legge di una zona economica speciale è stata presentata ai Congressi popolari di base, che a loro volta hanno mostrato il loro accordo all'istituzione della legge", ha detto Gheddafi, un imprenditore che dovrebbe essere nominato capo del comitato di gestione della zona.
L'area avrà un libero movimento di capitali e merci e gli investitori avranno 10 anni di esenzione fiscale, secondo una copia della legge vista da Reuters. I gestori della zona istituiranno anche una borsa, si legge nel documento.
fonte: Reuters
"Dopo l'accordo del leader (Muammar) Gheddafi... l'idea della legge di una zona economica speciale è stata presentata ai Congressi popolari di base, che a loro volta hanno mostrato il loro accordo all'istituzione della legge", ha detto Gheddafi, un imprenditore che dovrebbe essere nominato capo del comitato di gestione della zona.
L'area avrà un libero movimento di capitali e merci e gli investitori avranno 10 anni di esenzione fiscale, secondo una copia della legge vista da Reuters. I gestori della zona istituiranno anche una borsa, si legge nel documento.
fonte: Reuters
Analisi di Borsa settimanale 25/29 gennaio 2010
Situazione non facile da decifrare quella che appare dal grafico che la scorsa ottava ci consegna. Nello scorso post avevamo messo in conto il raggiungimento del livello di 22.000 punti, sforabile fino a 21.922 punti senza alcun problema ma da quel punto ci saremmo attesi una reazione violenta che, in parte, è avvenuta ma da un livello più basso. Giovedì 28, infatti, l’indice ha chiuso a 21.603 dopo aver perforato con decisione quella linea che congiunge tre minimi relativi passante per 21.922. Ora questo livello da supporto si è trasformato in resistenza, già testata nel durante della giornata di venerdì 29 in cui si è registrato un massimo a 22.042, e nelle prossime sedute dovrà mostrare la capacita di oltrepassarlo.
Dopo quanto accaduto nelle ultime due settimane l’indice è alla ricerca di nuovi equilibri. Gli scarsi elementi che abbiamo indicato sul grafico lo dimostrano, esistono scarsissimi punti di riferimento, la linea del Piave è rappresentata da quel livello a 21.922 al di sopra del quale l’indice può allungare fino al raggiungimento di un’ipotetica linea discendente (tratteggiata), che passa per due massimi relativi in diminuzione recentemente disegnati, che può incontrare intorno ai 23.000 punti.
Al di sotto del livello di 21922 ha strada aperta fino al raggiungimento della media mobile più lenta (50 settimane) evidenziata nel grafico a 2 anni e che corre attualmente a 20.453 punti. La discesa sarebbe molto dolorosa ma preparerebbe solide basi per un importante rally primaverile avendo spurgato tutti gli eccessi messi già in luce nel post del 9 dicembre 2009.
Dopo quanto accaduto nelle ultime due settimane l’indice è alla ricerca di nuovi equilibri. Gli scarsi elementi che abbiamo indicato sul grafico lo dimostrano, esistono scarsissimi punti di riferimento, la linea del Piave è rappresentata da quel livello a 21.922 al di sopra del quale l’indice può allungare fino al raggiungimento di un’ipotetica linea discendente (tratteggiata), che passa per due massimi relativi in diminuzione recentemente disegnati, che può incontrare intorno ai 23.000 punti.
Al di sotto del livello di 21922 ha strada aperta fino al raggiungimento della media mobile più lenta (50 settimane) evidenziata nel grafico a 2 anni e che corre attualmente a 20.453 punti. La discesa sarebbe molto dolorosa ma preparerebbe solide basi per un importante rally primaverile avendo spurgato tutti gli eccessi messi già in luce nel post del 9 dicembre 2009.
TREMONTI: serve Politica non solo regole tecniche
Con la visione pragmatica dell’economia che gli è consueta ieri il ministro Tremonti ha sottolineato come a Davos, nel World Economic Forum, si stiano affrontando i problemi economici in maniera troppo tecnicistica.
- Nelle finanze e nell'economia determinante il ruolo della politica e "non bastano le regole tecniche che, anzi, sono dannose perché fanno perdere tempo". Lo ha detto il ministro dell'economia, Giulio Tremonti, a margine della cerimonia nel corso della quale gli verrà conferito il diploma di sci ad honorem. Parlando dei lavori di Davos, che Tremonti ha definito "una montagna incantata", il ministro dell'economia ha detto che "il discorso di maggiore spessore è stato quello del presidente francese Sarkozy che ha parlato di una nuova Bretton Woods. E quello che cerco di sostenere da tanti anni. "Quello che qualcuno fa passare come divergenze personali - ha sottolineato il ministro - è invece una profonda diversa visione del mondo: c'é chi dice che non è necessario passare dai parlamenti, io sostengo che è fondamentale invece l'impegno della politica che prende forma nei trattati. Tutto il resto è perdita di tempo. Fare un trattato sull'economia mondiale è difficilissimo ma fare regole tecniche è inutile, anzi peggio, é dannoso perché fa perdere tempo".- (Ansa)
E’ un intervento importante soprattutto ora che i governi, in ordine sparso, cercano di inventare formule tecniche per prevenire crisi finanziarie ed economiche come quelle in corso. L’idea di un Trattato mondiale scaturito da una nuova Bretton Woods è l’unica strada seriamente percorribile per evitare non solo perdite di tempo ma anche danni, come già sta accadendo, dalle decisioni di singoli Stati.
- Nelle finanze e nell'economia determinante il ruolo della politica e "non bastano le regole tecniche che, anzi, sono dannose perché fanno perdere tempo". Lo ha detto il ministro dell'economia, Giulio Tremonti, a margine della cerimonia nel corso della quale gli verrà conferito il diploma di sci ad honorem. Parlando dei lavori di Davos, che Tremonti ha definito "una montagna incantata", il ministro dell'economia ha detto che "il discorso di maggiore spessore è stato quello del presidente francese Sarkozy che ha parlato di una nuova Bretton Woods. E quello che cerco di sostenere da tanti anni. "Quello che qualcuno fa passare come divergenze personali - ha sottolineato il ministro - è invece una profonda diversa visione del mondo: c'é chi dice che non è necessario passare dai parlamenti, io sostengo che è fondamentale invece l'impegno della politica che prende forma nei trattati. Tutto il resto è perdita di tempo. Fare un trattato sull'economia mondiale è difficilissimo ma fare regole tecniche è inutile, anzi peggio, é dannoso perché fa perdere tempo".- (Ansa)
E’ un intervento importante soprattutto ora che i governi, in ordine sparso, cercano di inventare formule tecniche per prevenire crisi finanziarie ed economiche come quelle in corso. L’idea di un Trattato mondiale scaturito da una nuova Bretton Woods è l’unica strada seriamente percorribile per evitare non solo perdite di tempo ma anche danni, come già sta accadendo, dalle decisioni di singoli Stati.
Tensione tra Cina e Stati Uniti per la vendita di armi a Taiwan
Citando la barzelletta di liceale memoria, c’è solo da dire: “ne ha fatta un’altra”. Questa volta però l’autore non è la fiatosa signora Gloria ma lo smagliante Presidente Obama. Ho perso il conto di quante ne ha fatte e ne ha dette da quando è stato eletto e, sinceramente, mi incomincio a preoccupare seriamente. L’ultima in ordine di tempo (ma forse è già vecchia) è la vendita di armi a Taiwan per 6 Mld di dollari. L’entità della commessa è l’unico elemento per spiegare un simile atto. Le reazioni cinesi (prese da un comunicato AGI) sono le seguenti:
Si acuisce la tensione tra Cina e Stati Uniti. Barack Obama, sulla falsariga del suo predecesore, ha autorizzato la vendita di armi per oltre 6 miliardi di dollari a Taiwan. Una mossa che, dopo il caso Google e gli altri dossier commerciali aperti, ha scatenato le ire di Pechino, che considera l'isola una provincia ribelle ma parte integrante della madrepatria. Il governo cinese ha intimato agli Usa di fermare l'operazione che rischia di "danneggiare seriamente" i rapporti tra i due Paesi perche' rappresenta "un grave minaccia" alla sicurezza cinese. Il viceministro degli Esteri, He Yafai, si e' detto "fortemente indignato" dell'operazione e ha notificaro all'ambasciatore americano a Pechino, Jon Huntsman, una formale protesta. "I piani Usa minerano definitivamente le relazioni sino-americane e avranno un impatto estremamente negativo sullo scambio e la cooperazione tra i due Paesi nei principali settori".
E infatti le conseguenze pratiche non si sono fatte attendere:
(da Reuters) La Cina applicherà sanzioni contro le compagnie Usa che vendono armi a Taiwan, ha detto oggi il ministero degli Esteri, aggiungendo che la vendita di armi potrebbe intaccare la cooperazione sino-americana su importanti questioni internazionali.
L'agenzia stampa ufficiale Xinhua, citando il Taiwan Affairs Office cinese, ha aggiunto che la vendita di armi non farà che "alimentare le fiamme" dell'indipendenza di Taiwan e porre ostacoli sul cammino dello sviluppo pacifico dello Stretto.
Ora io mi chedo: in un momento così delicato per la ripresa economica mondiale c’era bisogno di un’altra guerra fredda? Non bastano tutte le decisioni quanto meno imprudenti e premature, prese nei riguardi del sistema finanziario americano, che stanno mettendo a dura prova le Borse mondiali?
Se il Premio Nobel per la Pace pensa che la Cina sia come la Russia si sbaglia di grosso. Il 30% del deficit USA è coperto da obbligazioni sottoscritte proprio dalla Cina. Alla prossima emissione di bond americani ne vedremo delle belle.
Si acuisce la tensione tra Cina e Stati Uniti. Barack Obama, sulla falsariga del suo predecesore, ha autorizzato la vendita di armi per oltre 6 miliardi di dollari a Taiwan. Una mossa che, dopo il caso Google e gli altri dossier commerciali aperti, ha scatenato le ire di Pechino, che considera l'isola una provincia ribelle ma parte integrante della madrepatria. Il governo cinese ha intimato agli Usa di fermare l'operazione che rischia di "danneggiare seriamente" i rapporti tra i due Paesi perche' rappresenta "un grave minaccia" alla sicurezza cinese. Il viceministro degli Esteri, He Yafai, si e' detto "fortemente indignato" dell'operazione e ha notificaro all'ambasciatore americano a Pechino, Jon Huntsman, una formale protesta. "I piani Usa minerano definitivamente le relazioni sino-americane e avranno un impatto estremamente negativo sullo scambio e la cooperazione tra i due Paesi nei principali settori".
E infatti le conseguenze pratiche non si sono fatte attendere:
(da Reuters) La Cina applicherà sanzioni contro le compagnie Usa che vendono armi a Taiwan, ha detto oggi il ministero degli Esteri, aggiungendo che la vendita di armi potrebbe intaccare la cooperazione sino-americana su importanti questioni internazionali.
L'agenzia stampa ufficiale Xinhua, citando il Taiwan Affairs Office cinese, ha aggiunto che la vendita di armi non farà che "alimentare le fiamme" dell'indipendenza di Taiwan e porre ostacoli sul cammino dello sviluppo pacifico dello Stretto.
Ora io mi chedo: in un momento così delicato per la ripresa economica mondiale c’era bisogno di un’altra guerra fredda? Non bastano tutte le decisioni quanto meno imprudenti e premature, prese nei riguardi del sistema finanziario americano, che stanno mettendo a dura prova le Borse mondiali?
Se il Premio Nobel per la Pace pensa che la Cina sia come la Russia si sbaglia di grosso. Il 30% del deficit USA è coperto da obbligazioni sottoscritte proprio dalla Cina. Alla prossima emissione di bond americani ne vedremo delle belle.
FTSEMib, DAX30, CAC40, 3 indici di Borse europee a confronto
Da un primo esame visivo dei 3 grafici, riguardanti il nostro FTSEMib, il tedesco DAX30 e il francese CAC40, salta subito all’occhio il loro differente comportamento. I 3 grafici sono stati presi tutti lo stesso giorno (30 gennaio 2010) e hanno lo stesso intervallo di tempo(2 anni). Escludendo ovviamente la parte che riguarda il crollo culminato con il minimo di febbraio 2009, osservando come i tre indici hanno reagito da quel minimo fino ad oggi vediamo che ad un andamento tonico e deciso, pur con i suoi alti e bassi, del DAX30 ha risposto i modo quasi analogo, forte e convinto, il CAC40. Ambedue hanno disegnato una terza onda rialzista, sia pur piccola, andando a migliorare il massimo relativo dei primi di ottobre.
Al contrario il nostro FTSEMib non ha un bell’aspetto. Durante le prime due onde rialziste ha clonato fedelmente gli altri due indici dopodiché ne ha perso il contatto, mostrando un andamento addirittura dimesso. E’ infatti da un paio di mesi che sottoperforma costantemente gli altri indici tanto da non avergli consentito di superare il massimo relativo dei primi di ottobre, come invece hanno fatto i cugini.
Come mai questo andamento difforme? I motivi a mio avviso possono essere due. Il primo è che nell’indice italiano sono presenti molti titoli bancari che in questa fase, di fine anno inizio nuovo, non hanno certo goduto di buona salute (ancora oggi, complice l’Obama pensiero, non hanno vita facile). Il secondo, e spero tanto di sbagliarmi, potrebbe riguardare un certo “rischio paese” che inizia a serpeggiare. E’ una conseguenza di quanto successo in Grecia e che, purtroppo, coinvolge per simpatia anche altri paesi sud europei, che al nord sono considerati il “ventre molle” dell’Eurogruppo. I componenti in questione sono: Grecia, Portogallo, Spagna e Italia le cui Borse non hanno conseguentemente lo stesso appeal delle consorelle nordiche.
Senza entrare troppo in merito a questa questione diciamo che in qualche modo gli investitori si debbono difendere, quindi urge una maggiore diversificazione tra le Borse europee e a tal fine nei prossimi post suggerirò alcuni titoli interessanti sia a Parigi che a Francoforte.
L'economia USA cresce del 5,7%, il maggior incremento dal 2003
L'economia Usa cresce piu' del previsto nel quarto trimestre e i futures sugli indici di Wall Street sono in netto rialzo dopo i dati macro Usa. Il derivato sul Dow Jones guadagna lo 0,5% mentre quello su Nasdaq e S&P/500 salgono dello 0,4% e fanno pensare ad un avvio di seduta positivo.
Ottimi dati dal Pil Usa salito al 5,7% nel quarto trimestre dell'anno, contro il +2,2% del terzo trimestre, molto meglio delle attese degli analisi che si attendevano al massimo un 4,7%, si tratta della crescita piu' forte da sei anni a questa parte , ovvero dal 2003.
In crescita anche i consumi cresciuti nel trimestre del 2%, meglio dell'1,8% atteso.
La relazione Dipartimento del Commercio è la migliore fino ad oggi dopo la peggiore recessione dal 1930 chiusa lo scorso anno, anche se un gruppo di accademici dichiara che la recessione non si può ancora ufficialmente dichiarare finita.
I due trimestri consecutivi di crescita dello scorso anno fanno seguito al record di quattro quarti di declino economico. Tuttavia la crescita alla fine dello scorso anno è stata principalmente alimentata da imprese che hanno dovuto ripristinare le scorte esaurite, una tendenza che presto svanirà.
Il rapporto dichiara inoltre che l'economia della nazione è diminuita complessivamente del 2,4 per cento nel 2009, il maggior calo dal 1946. .
Davos: Almunia, nessuna possibilità di default o uscita da euro per la Grecia
Il Commissario Ue agli Affari economici e monetari Joaquin Almunia ha detto che non ci sono rischi che la Grecia vada in default o esca dalla zona euro.
"No, la Grecia non andrà in default. Per favore. Nella zona euro il default non esiste", ha detto a Bloomberg TV Almunia.
Alla domanda sulle possibilità che la Grecia lasci la moneta unica, ha risposto: "Non c'è nessuna possibilità. Perchè è folle cercare di risolvere i problemi dell'economia greca fuori della zona euro".
Almunia ha aggiunto che non ci sono piani speciali dell'Europa per la Grecia, anche se la prossima settimana verrà pubblicato il solito documento mensile con le raccomandazioni sul disequilibrio fiscale di Grecia e altri paesi. "E' un normale documento di analisi che viene scritto ogni mese", ha spiegato. "Non abbiamo un piano B. Il piano A è sul tavolo", ha detto in riferimento ai piani della Grecia di aggiustamento fiscale.
Fonte: reuters
Previsioni di Fitch e Merrill Lynch sulla ripresa economica in Italia
La ripresa economica dell'Italia sarà più lenta rispetto agli altri Paesi dell'area euro. Lo prevede l'agenzia di rating Fitch che stima per il 2009 una contrazione del Pil italiano pari al 4,8% contro il -4% medio dell'area euro. Date le caratteristiche strutturali dell'economia italiana, l'agenzia si aspetta una ripresa più lenta e meno pronunciata rispetto alle altre principali economie dell'area euro.
Fitch inoltre stima che il tasso di disoccupazione in Italia salirà e si manterrà tra il 9 e il 9,5% nel 2010 e nel 2011 e riguarderà in particolare i lavoratori giovani, gli stranieri e quelli impiegati con contratti temporanei. Nel "Global economic outlook" dello scorso dicembre Fitch ha comunque previsto che la crescita italiana si attesterà all'1% nel 2010, in linea con la crescita della zona euro, e all'1,8% nel 2011 contro l'1,9% atteso per l'area euro.
E' Merrill Lynch, in realtà, a battere Governo e Commissione Ue in termini di ottimismo sulla crescita italiana. La banca d'affari prevede infatti nel 2010 un Pil in in rialzo dell'1,9% rispetto all'1% di Roma e allo 0,7% di Bruxelles. Il dato risulta dalla presentazione di oggi del ''Merrill Lynch wealth management year ahead 2010''.
Il broker prevede poi un +2,2% per il 2011. "Le esportazioni e non i consumi continueranno a guidare la crescita italiana", ha sottolineato Bill O'Neill, che lavora presso la sede londinese di Merrill Lynch Wealth Management Emea come portfolio strategist. L'ottimismo di questi numeri, ha quindi aggiunto, è dovuto soprattutto alle esportazioni della locomotiva tedesca.
Tuttavia i problemi con cui continua a confrontarsi l'Italia sono competività, demografia e finanza pubblica. L'Italia deve concentrarsi sulla riduzione della spesa e il problema del Paese resta non tanto il ciclo macro economico quanto i nodi strutturali. Anche se "l'Italia non è la Grecia o l'Irlanda", ha aggiunto O'Neill, "i mercati continueranno a pagare un premio al rischio Paese per l'Italia".
fonte: MF online
Possibili nuovi tagli ai rating sovrani dell' Eurozona, Uk esce dalla recessione
La Bce è fortemente preoccupata per il previsto forte aumento dei deficit e del debito pubblico nei Paesi dell'Eurozona. Il monito arriva da Juergen Stark, membro del Comitato esecutivo e capo-economista della Bce. "Le misure varate a livello di politica di bilancio hanno contribuito a stabilizzare la congiuntura", ha spiegat Stark, "nondimeno, senza una svolta in termini di politica di bilancio, il debito pubblico aggregato dell'Eurozona supererà presto il 100% del Pil".
E questo metterà sotto pressione i tassi a lungo termine, rendendo ancora più pesanti le conseguenze della crisi. In diversi Paesi dell'Eurozona "il deficit pubblico viene stimato a livelli superiori al 10% nel 2009" e, quindi, "non si possono escludere ulteriori declassamenti di rating sovrani e nuove reazioni negative da parte dei mercati finanziari", ha avvertito Stark.
Pur alla luce del previsto forte peggioramento dei parametri di finanza pubblica nell'Eurozona, il deficit aggregato per l'area resta, tuttavia, "significativamente inferiore a quello registrato dagli Stati Uniti". A sua volta il panorama congiunturale dell'Eurozona per il 2010 "è fortemente incerto".
Nel complesso, infatti, le stime sul passo della ripresa sono fortemente incerte. Un elemento centrale delle deboli prospettive di crescita sono le incerte prospettive del mercato del lavoro. Il peggio della crisi "sembra essere passato", ha aggiunto, ma "i costi economici sono enormi".
La velocità della ripresa dipenderà dalla velocità e dall'efficienza con le quali si lavorerà a stabilizzare il sistema finanziario, ridurre l'indebitamento pubblico e far avanzare le riforme strutturali. La Bce ha reagito velocemente e in modo adeguato alla crisi: ora Governi, banche e mercati devono creare le premesse per una crescita economica duratura.
In quest'ottica la Bce si muoverà con molta cautela nella sua strategia di uscita dalle misure straordinarie di liquidità messe a disposizione delle banche per superare la crisi: "navigheremo a vista da un trimestre all'altro", ha annunciato il membro del Comitato esecutivo. "Il punto ora non è fissare una determinata scadenza. Tutto dipende dall'andamento del mercato monetario". Tuttavia, per le sue decisioni, ha concluso Stark, la Bce non guarderà all'andamento dei bilanci delle banche: "questo non è compito di una Banca centrale".
E' dunque una magra consolazione la notizia di questa mattina che la Gran Bretagna è uscita dalla recessione. Con una crescita economica dello 0,1% segnata nell'ultimo trimestre del 2009 il Paese esce dalla più lunga crisi economica della sua storia. Peraltro l'economia è cresciuta meno delle stime. Gli analisti, infatti, avevano previsto una crescita del Pil dello 0,4%.
La recessione in Gran Bretagna è iniziata nell'aprile 2008 ed è durata per sei trimestri consecutivi, causando una contrazione del Pil del 6%. Nel solo 2009 il Paese segnò una flessione del Pil del 4,8%, il calo più pesante dal 1949, anno in cui si diede il via a questo tipo di statistica, ha ricordato l'Ufficio Nazionale di Statistica. Per il Premier, Gordon Brown, l'economia del Paese ''resta fragile'' e sarebbe un errore ritirare le misure di stimolo troppo presto.
Francesca Gerosa
fonte: MF online
Davos: l'Obama pensiero sulle banche divide gli economisti
Assente da Davos, Barack Obama e la sua riforma delle banche rischiano di diventare il convitato di pietra del World Economic Forum che si è aperto oggi a Davos in Svizzera. Tra chi lo accusa di "eccesso di populismo" e chi invece pensa che le sue proposte siano addirittura "insufficienti", gli economisti hanno dedicato il brain trust della mattina sulla "nuova normalità dell'economia mondiale" alle politiche Usa e al loro effetto di trascinamento negli altri Paesi.
Un "passo insufficiente", ha detto l'economista Nouriel Roubini, secondo cui "bisognerebbe tornare alla legge Seagull sulla separazione tra attività bancaria e di investimento". La proposta di Obama, ha detto "va nella giusta direzione ma non basta. Non si tratta solo di decisioni politiche, ha sottolineato l'economista, ma per avere un sistema finanziario più stabile "dobbiamo evitare un eccessivo leverage, i rischi dell'interconnessione e le distorsioni e anche le compensazioni".
Posizione non condivisa dagli altri economisti. "Gli investitori istituzionali temono che il Governo americano stia reagendo in modo eccessivo", ha notato David Rubenstein, Ceo di Carlyle Group. "Il rischio è che i progetti di regolamentazione si occupino solo degli aspetti più visibili e impediscano al settore finanziario di accompagnare la ripresa".
Quello che bisogna fare in materia di regolamentazione è molto difficile da spiegare nei dettagli alla gente, ha detto anche Raghuram Rajan, docente di finanza alla Chicago University. Mentre il numero uno di Pricewaterhousecoopers, Dennis Nally, ha insistito sulla creazione di "un dibattito populista".
Il più esplicito è stato George Soros, direttore del Soros Fund Management LLC e fondatore del The Open Society Institute, secondo cui la proposta dell'Amministrazione Obama per limitare le attività delle grandi banche è "prematura" perchè le banche non sono ancora fuori dal tunnel.
Soros ha poi affermato di supportare il piano in linea di principio, anche se ritiene che questo non sia "abbastanza" in quanto non considera i mercati finanziari. Nel pomeriggio il presidente francese, Nicolas Sarkozy, aprirà ufficialmente i lavori del Forum parlando di riforma del sistema bancario e, probabilmente, rinvangando le sue ultime dichiarazioni su un "capitalismo etico".
Francesca Gerosa
fonte: MF online
Obama: banche spaventate, anche in Europa
Il giorno dell’annuncio è stato scelto con l’abilità del grande comunicatore: giovedì 21 gennaio. In quella data Goldman Sachs ha presentato profitti per 13 miliardi di dollari, derivanti (per la maggior parte) da operazioni di trading. Nella stessa giornata – e mentre la conference call del colosso bancario con gli analisti era in corso - il presidente americano Barack Obama ha annunciato un piano per porre paletti all’attività degli istituti di credito.
Le proposte a cui sta lavorando la Casa bianca, che saranno contenute in un progetto più ampio di riforma del settore finanziario, vanno dal divieto di possedere e investire in hedge fund e società di private equity, all’impossibilità di fare il cosiddetto proprietary trading (operazioni di Borsa nelle quali si utilizzando i soldi depositati nei conti correnti). A questo si aggiungerebbero una serie di restrizioni sul fronte delle acquisizioni e sull’utilizzo della leva finanziaria. Le reazioni sulle piazze finanziarie non si sono fatte attendere. Nelle sedute di giovedì e venerdì scorso le banche americane hanno perso l’equivalente di 50 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato. In una settimana l’indice Msci globale del settore (calcolato in euro) si è lasciato per strada quasi il 5%.
Secondo gli operatori, la scelta del giorno della presentazione di Goldman per dare l’annuncio non è stata casuale. La banca, infatti, pur essendo uscita bene dalla crisi finanziaria non ha una buona reputazione presso l’opinione pubblica a causa della sua aggressività sui mercati. Senza contare che è proprietaria di hedge fund, da molti definiti fondi locusta. Il proprietary trading, inoltre, peserebbe per il 10% dei guadagni dell’istituto. Un esempio, insomma, di come i banchieri lavorino solo pere arricchire se stessi e i loro azionisti, a spese dei clienti. Un sospetto che l’amministratore delegato di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein non è riuscito a fugare nemmeno davanti alla commissione del Congresso Usa che sta investigando sulle cause della crisi finanziaria.
La prima a protestare contro le indicazioni di Obama è stata la Securities Industry and Financial Markets Association (una delle lobby più potenti di Wall Street), per bocca del suo rappresentante Tim Ryan. “Nei controlli sulle banche ci vuole flessibilità”, ha spiegato. “Solo in questo modo si possono mitigare gli effetti dei rischi del sistema. Arbitrarie restrizioni sulle strategie di crescita, non possono funzionare”.
Altri operatori sono meno preoccupati. “Quando si parla di provvedimenti di questo tipo bisogna distinguere fra quello che viene proposto e quello che poi effettivamente accadrà”, spiega in una nota Chris Costanza, analista azionario sugli Usa di Schroders. “In generale la miglior risposta che le banche possono dare a queste proposte, è il rafforzamento dei fondamentali. Un processo fattibile, visto che lo scenario macroeconomico, dal 2008, è migliorato”.
Le decisioni di Obama, secondo gli operatori, rischiano di condizionare lo scenario bancario anche in Europa. Poche ore dopo l’annuncio della riforma, il ministro ombra inglese del Tesoro, il conservatore George Osbourne, ha detto che se il suo partito vincerà le prossime elezioni, proporrà un progetto simile a quello americano. Per il ministro francese delle finanze Chistine Lagarde la scelta americana “è un bel passo nella giusta direzione”.
“Il timore degli investitori non è che il piano di Obama metta paletti alle banche straniere in territorio americano, quanto che azioni simili siano prese al di là dell’Atlantico”, conferma una nota di Morningstar. “E alla luce della sempre maggiore richiesta di regolamentazione che arriva dai cittadini e dagli esponenti politici, non è da escludere che questo avvenga. Insomma, dove va Obama, gli altri seguiranno. Quello che preoccupa il settore finanziario è non conoscere la direzione”.
fonte: Morningstar
Merrill Lynch: previsioni 2010 su economia e Borse
La banca d'affari Usa è più ottimista del Fmi sulla crescita economica. E punta sull'Asia.
Quest'anno le azioni batteranno i titoli di Stato e le obbligazioni societarie. A dirlo è Bill O'Neal, Portfolio Strategist di Merrill Lynch e autore della pubblicazione Merrill Lynch Wealth Management Year Ahead 2010.
Dal report emerge che O'Neal è decisamente più ottimista sulla crescita economica rispetto alle principali istituzioni internazionali. Lo studio, infatti, prevede che l'economia globale possa crescere nel 2010 del 4,3%, contro una previsione (già vista al rialzo) del 3,9% del Fondo monetario internazionale. La crescita dovrebbe essere principalmente supportata da un progressivo aumento del reddito delle famiglie, dalla ripresa dei consumi e del ricorso al credito.
"I governi hanno speso migliaia di miliardi di dollari per sanare l'economia", si legge nell'analisi. "Le banche centrali hanno ridotto quasi a zero i tassi d'interesse. Le imprese hanno portato avanti interventi di ristrutturazione, disinvestimenti e fusioni e hanno fatto ricorso al credito per prepararsi alla ripresa. Nel 2010, il testimone passerà al consumatore. Per metà anno dovremmo vedere i primi segnali del successo o dell'insuccesso di questa sorte di successione".
A guidare la ripresa globale saranno i due colossi emergenti Cina e India. Qui le previsioni si fanno ancor più ottimistiche. Secondo O'Neal la Cina dovrebbe registrare un incremento del Pil pari al 10% (esattamente come prevede il Fmi), mentre l'India potrebbe salire del 17% (il Fmi prevede un +7,7%). L'analista di Merrill Lynch suggerisce di puntare non solo sulle azioni cinesi e indiane, ma anche coreane, malesi e indonesiane.
Per quanto riguarda le aree sviluppate, nel 2010 si uscirà dalla recessione ma la crescita rimarrà modesta. Per gli Stati Uniti è previsto un incremento del 3,2% (2,1% per il Fmi) e per l'area Euro del 2,2% (1% per il Fmi). Anche la previsione sull'economia italiana è più rosea rispetto alle idee del governo e del Fondo (1,9% contro l'1% di Roma e del Fmi).
In conclusione, O'Neal stima che la minaccia di inflazione possa rimanere contenuta, anche grazie al (previsto) aumento dei tassi d'interesse da parte delle banche centrali. Perciò crede sia opportuno allontarsi dai titoli di Stato e dai corporate bond.
fonte: Morningstar
Borse spaventate dai problemi della Grecia
Gli affanni della Grecia mettono al tappeto le Borse europee e provocano il quinto ribasso di Piazza Affari nelle ultime sei sedute, l'indice Ftse Mib ha perso l'1,8%. Con il calo di oggi l'indice principale del listino italiano scende sui minimi degli ultimi 5 mesi, da inizio anno la perdita è del 7,1%.
Wall Street aveva aperto in modesto rialzo per effetto delle rassicurazioni in materia di costo del denaro arrivate ieri dalla Federal Riserve ma la situazione della Grecia e alcune trimestrali inferiori alle previsioni, tra cui quella del produttore di chip Qualcom hanno contribuito a far mutare il tono della seduta: il Nasdaq è in calo dell'1,9% e l'S&P500 dell'1,5%.
I mercati sono entrati in fibrillazione nel pomeriggio, nel momento in cui si sono diffuse voci che la Grecia abbia chiesto aiuto finanziario all'Unione Europea. Immediatamente sono scattate le vendite sul titolo di stato della Grecia ed il rendimento del bond decennale del Paese è schizzato di 39 punti base al 7,12%. Il differenziale con il titolo equivalente della Germania, considerato il più solido dell'Eurozone, ha superato in giornata la soglia record dei 400 punti base, toccando il massimo storico a 405 punti base. Di riflesso sono schizzati verso l'alto tutti i rendimenti dei Paesi cosiddetti periferici come Spagna (+9 punti base a 4,18%), Italia (+5 punti base a 4,12%) e Portogallo (+17 punti base a 4,39%).
L'ipotesi estrema che si fa strada tra gli investitori, alimentata da una buona dose di speculazione, è che possa nascere un euro sdoppiato, uno per i Paesi "virtuosi" e uno per i Paesi "viziosi".
Della situazione di estrema incertezza ne approfitta il dollaro, che pur acciaccato si porta sui massimi degli ultimi 7 mesi contro euro a quota 1,396.
fonte: www.websim.it
Interessante: Fiat torna al dividendo
Il consiglio d'amministrazione intende proporre all'assemblea degli azionisti il pagamento di un dividendo complessivo di 244 milioni di euro, pari a circa il 30% del saldo tra l'utile netto consolidato del 2008 e la perdita netta consolidata del 2009.
La proposta di distribuzione del dividendo sarà di 0,17 euro per azione ordinaria, (per un importo totale di 186 milioni), 0,31 euro per azione privilegiata (per un importo totale di 32 milioni) e 0,325 euro per azione di risparmio (per un importo totale di 26 milioni).
Secondo la nota del gruppo la ripresa della distribuzione di dividendi "riflette la normalizzazione dei mercati dei capitali quale fonte di finanziamento per il gruppo, nonchè la convinzione che il gruppo ha la capacità di continuare a generare utili, anche se in un contesto di mercato significativamente differente.
Per gli amanti dei dividendi significa un rendimento lordo, ai prezzi di chiusura odierni, di:
Fiat Priv. = 5,365 (rend. 5,77%)
Fiat Risp. = 5,645 (rend. 5,75%)
Fiat Ord. = 8,77 (rend. 1,93%)
La proposta di distribuzione del dividendo sarà di 0,17 euro per azione ordinaria, (per un importo totale di 186 milioni), 0,31 euro per azione privilegiata (per un importo totale di 32 milioni) e 0,325 euro per azione di risparmio (per un importo totale di 26 milioni).
Secondo la nota del gruppo la ripresa della distribuzione di dividendi "riflette la normalizzazione dei mercati dei capitali quale fonte di finanziamento per il gruppo, nonchè la convinzione che il gruppo ha la capacità di continuare a generare utili, anche se in un contesto di mercato significativamente differente.
Per gli amanti dei dividendi significa un rendimento lordo, ai prezzi di chiusura odierni, di:
Fiat Priv. = 5,365 (rend. 5,77%)
Fiat Risp. = 5,645 (rend. 5,75%)
Fiat Ord. = 8,77 (rend. 1,93%)
Grecia: La Germania non ha alcuna intenzione di aiutarla
La Germania non ha intenzione di aiutare la Grecia a superare i suoi problemi di bilancio e il paese deve assumersi le sue responsabilità di fronte alla zona euro.
"Il governo federale non sta considerando alcun supporto finanziario alla Grecia e questo vale sia per eventuali aiuti della zona euro sia particolarmente per un sostegno bilaterale", ha affermato la portavoce tedesca in una nota.
E' una secca smentita alle indiscrezioni riportate oggi dalla stampa quella del portavoce del ministero delle Finanze tedesco Jeanette Schwamberger a cui è seguita subito un'analoga affermazione da parte di una fonte del governo francese.
Dalla Francia una fonte governativa ha detto di non essere a conoscenza di alcun piano a sostegno della Grecia e che il paese dovrebbe trovare appoggio nel mercato per risolvere i problemi finanziari.
Questa mattina ha destato scalpore un articolo del quotidiano francese Le Monde secondo cui i governi della zona euro, compresi Francia e Germania, sarebbero pronti ad aiutare la Grecia a risolvere i suoi problemi finanziari, a condizione che Atene si impegni di più nel risanamento.
Il differenziale tra i rendimenti del reddito fisso greco e tedesco ha reagito alla smentita dei governi europei allargandosi nuovamente a 380 pb da 360.
Le Borse europee si avviano a chiudere la seduta sui minimi di giornata, penalizzati dalla situazione in Grecia che ha provocato un pesante ribasso dell'euro sul dollaro. L'euro passa di mano a 1,3957 dollari, ai minimi da fine luglio.
Inoltre pesa l'annuncio di S&P, per la quale il sistema bancario della Gran Bretagna non è più classificato tra quelli più stabili e a basso rischio. Incide sull'andamento del Vecchio Continente anche l'andamento negativo di Wall Street.
"Il governo federale non sta considerando alcun supporto finanziario alla Grecia e questo vale sia per eventuali aiuti della zona euro sia particolarmente per un sostegno bilaterale", ha affermato la portavoce tedesca in una nota.
E' una secca smentita alle indiscrezioni riportate oggi dalla stampa quella del portavoce del ministero delle Finanze tedesco Jeanette Schwamberger a cui è seguita subito un'analoga affermazione da parte di una fonte del governo francese.
Dalla Francia una fonte governativa ha detto di non essere a conoscenza di alcun piano a sostegno della Grecia e che il paese dovrebbe trovare appoggio nel mercato per risolvere i problemi finanziari.
Questa mattina ha destato scalpore un articolo del quotidiano francese Le Monde secondo cui i governi della zona euro, compresi Francia e Germania, sarebbero pronti ad aiutare la Grecia a risolvere i suoi problemi finanziari, a condizione che Atene si impegni di più nel risanamento.
Il differenziale tra i rendimenti del reddito fisso greco e tedesco ha reagito alla smentita dei governi europei allargandosi nuovamente a 380 pb da 360.
Le Borse europee si avviano a chiudere la seduta sui minimi di giornata, penalizzati dalla situazione in Grecia che ha provocato un pesante ribasso dell'euro sul dollaro. L'euro passa di mano a 1,3957 dollari, ai minimi da fine luglio.
Inoltre pesa l'annuncio di S&P, per la quale il sistema bancario della Gran Bretagna non è più classificato tra quelli più stabili e a basso rischio. Incide sull'andamento del Vecchio Continente anche l'andamento negativo di Wall Street.
Obama: più morbido su banche, promette panel deficit pubblico
Il presidente Usa Barak Obama, consapevole della preoccupazione degli investitori per il deficit record del paese, ha detto nella notte che istituirà per iniziativa presidenziale una commissione bipartisan per il controllo delle finanze. Obama ha inoltre ammorbidito la sua posizione sui provvedimenti nei confronti delle banche.
"Se non prenderemo significative misure per ridurre il nostro debito, potremmo veder danneggiati i nostri mercati, incrementato il costo del debito, compromettendo la nostra ripresa" ha detto Obama nel suo annuale discorso allo Stato dell'Unione indirizzato al Congresso Ua e alla popolazione americana.
Molti preferirebbero, però, una commissione del Congresso dal momento che un panel istituito dal presidente non ha il potere coercitivo sul parlamento che ha il controllo dei cordoni della borsa.
Nel 2009 gli Stati Uniti hanno registrato un disavanzo record di 1.400 miliardi di dollari, circa il 10% del Pil e il Congressional budget office prevede che il deficit si allenti appena a 1.350 miliardi nel 2010. Obama ha proposto un congelamento di alcune spese interne per tre anni con l'obiettivo di risparmiare 20 miliardi di dollari nell'anno fiscale 2011.
Il presidente è anche tornato sul tema delle banche, attenuando parzialmente il tiro rispetto alle ultime dichiarazioni che avevano colpito pesantemente le quotazioni degli istituti di credito.
Il presidente ha detto che non è interessato a punire le banche, ma che respingerà qualsiasi riforma finanziaria che si presenti troppo debole.
Obama inoltre ha detto che estenderà la riduzione delle tasse anche alle famiglie della classe media.
fonte: reuters.it
ci piace pensare che il nostro auspicato intervento di Hillary Clinton, come richiesto nel post del 24/1, abbia avuto effetto
"Se non prenderemo significative misure per ridurre il nostro debito, potremmo veder danneggiati i nostri mercati, incrementato il costo del debito, compromettendo la nostra ripresa" ha detto Obama nel suo annuale discorso allo Stato dell'Unione indirizzato al Congresso Ua e alla popolazione americana.
Molti preferirebbero, però, una commissione del Congresso dal momento che un panel istituito dal presidente non ha il potere coercitivo sul parlamento che ha il controllo dei cordoni della borsa.
Nel 2009 gli Stati Uniti hanno registrato un disavanzo record di 1.400 miliardi di dollari, circa il 10% del Pil e il Congressional budget office prevede che il deficit si allenti appena a 1.350 miliardi nel 2010. Obama ha proposto un congelamento di alcune spese interne per tre anni con l'obiettivo di risparmiare 20 miliardi di dollari nell'anno fiscale 2011.
Il presidente è anche tornato sul tema delle banche, attenuando parzialmente il tiro rispetto alle ultime dichiarazioni che avevano colpito pesantemente le quotazioni degli istituti di credito.
Il presidente ha detto che non è interessato a punire le banche, ma che respingerà qualsiasi riforma finanziaria che si presenti troppo debole.
Obama inoltre ha detto che estenderà la riduzione delle tasse anche alle famiglie della classe media.
fonte: reuters.it
ci piace pensare che il nostro auspicato intervento di Hillary Clinton, come richiesto nel post del 24/1, abbia avuto effetto
ISAE: a gennaio cresce la fiducia delle imprese manifatturiere
CRESCE A GENNAIO LA FIDUCIA DELLE IMPRESE MANIFATTURIERE
• L’indice, considerato al netto dei fattori stagionali e calcolato in base 2000=100, sale a 83,2 da 82,4 dello
scorso mese, riportandosi sui valori medi del 2008
• L’aumento di fiducia è dovuto al recupero del livello della domanda in generale – essenzialmente per un
miglioramento degli ordini interni - ed alla riduzione delle giacenze di prodotti finiti
• La fiducia migliora nettamente nei beni d’investimento, dove l’indice passa da 77 a 78,6, e più
lievemente negli intermedi (da 80,0 a 80,2); subisce invece una modesta battuta d’arresto nei beni di
consumo, dove scende da 89,8 a 89,0. Tale indicazione è coerente con i segnali di frenata emersi dalla
recente inchiesta ISAE sui consumatori italiani
• Un moderato ottimismo è diffuso in tutto il territorio nazionale ad eccezione del Nord Ovest: in questa
ripartizione l'indice passa da 84,5 a 82,6. L’indice sale invece da 77,5 a 80,2 nel Nord Est, da 84,7 a 85,9
nel Centro e da 84,2 a 86,8 nel Mezzogiorno
CONTINUA A RECUPERARE NEL QUARTO TRIMESTRE IL GRADO DI UTILIZZO DEGLI IMPIANTI INDUSTRIALI
• Secondo le consuete domande trimestrali, il grado di utilizzo degli impianti industriali sale da 66,5 a 67,2
sui massimi dell’anno
• In graduale recupero sono segnalati anche gli afflussi di nuovi ordini e le attese relative all’export
• Scendono gli ostacoli all’attività produttiva, grazie soprattutto alla diminuzione dei vincoli di origine
finanziaria; si mantiene però elevata la quota di imprese che si ritiene vincolata dal lato dell’afflusso di
domanda.
• Segni di recupero emergono anche dal lato della posizione competitiva, in miglioramento sul mercato
nazionale e su quelli extra UE, ma in lieve peggioramento su quelli UE
fonte: http://www.isae.it/
Interessante: Kerself, commesse dalla Germania per 285 mln di €
La società leader nel settore fotovoltaico in Italia ha inaugurato a San Severo tre campi solari fotovoltaici di 3 MWp. Verrà realizzata una cabina primaria che allaccerà campi solari per un ammontare di 60 MWp in connessione. Committente è Voigt & Coll., società finanziaria tedesca specializzata in investimenti nel settore fotovoltaico in Europa. In Puglia sono stati avviati progetti di campi fotovoltaici per complessivi 19 MWp per un controvalore di 85 milioni di euro. L‘importante commessa è stata realizzata in collaborazione con DynaFinance Consulting, che sviluppa e amministra progetti per investitori finanziari che intendono operare in Italia (tra cui, appunto Voigt & Coll.), e che ha avviato accordi con Ecoware per la costruzione di ulteriori impianti in Puglia. In particolare verrà realizzata una cabina primaria a nord di San Severo, che allaccera’ campi solari per un ammontare complessivo di 60 MWp in connessione entro la seconda metá del 2010 o inizio 2011 per un controvalore di ulteriori 200 milioni di euro. Per assicurare la copertura finanziaria all’intero progetto,DynaFinance costituirà, in collaborazione con CBA Studio Legale e Tributario, un fondo immobiliare fotovoltaico di oltre 200 milioni di euro. Le nuove commesse rientrano negli obiettivi di budget del 2010, resi noti con un comunicato stampa del 30 settembre 2009, che stimavano realizzazioni di impianti
per un totale di ca. 170MWp. Voigt &Coll. è uno degli acquirenti anche dei nuovi impianti avendone già sottoscritto una quota di 20MWP dei 60MWp che saranno disponibili. Markus Voigt, amministratore delegato di Voigt& Coll., ha affermato: «L’Italia oggi offre le più interessanti opportunità di investimento in Europa nel settore fotovoltaico.Siamo prontiad investire in Italia ulteriori 250 milioni di euro in impianti fotovoltaici di capacità nel 2010 e Ecoware e’ il nostro partner privilegiato».
Il Gruppo KERSelf è leader in Italia nell’ingegneria, progettazione, produzione, installazione e distribuzione di impianti solari fotovoltaici in Italia ed in Europa. Ecoware S.p.A., società del gruppoKerself controllata al 65%, è leader in Italia nella realizzazione di sistemi fotovoltaici di grande dimensioni in Italia, e progetta, realizza, installa parchi fotovoltaici chiavi in mano con tecnologia fissa e ad inseguimento mono e biassiale.
C'è da notare che Kerself, pur essendo leader nel campo delle energie rinnovabili, non è stata ancora travolta dalla febbre da acquisto in questo settore, visto in Borsa in questo inizio d'anno e che ha invece toccato altre società meno quotate di lei. Websim ha una raccomandazione MOLTO INTERESSANTE con Target Price di 18 €. Attualmente quota 9,1€.
Interessante: STM ordini in forte crescita a inizio 2010, fine della crisi
Il 2010 è iniziato in forte accelerazione per StM, il primo produttore europeo di chip. Nell'incontro di stamattina con gli analisti a Parigi, il Ceo Carlo Bozotti ha detto che il mercato dei semiconduttori crescerà quest'anno del 10-12% e StM potrà tornare nel 2010 ai livelli di fatturato di prima della crisi. Il manager è tornato a indicare i vecchi target di un Ebit tra il 9 ed il 12 per cento del fatturato nel medio termine.
"Oggi il nostro portafoglio ordini supera il livello che possiamo accontentare, ma non pensiamo che questa situazione si protrarrà", ha detto Bozotti. Attualmente l'utilizzazione degli impianti di StM è al 90%, crescerà ancora, e l'azienda potrà incrementare la capacità con pochi investimenti.
Bozotti ha confermato le precedenti indicazioni per i prossimi anni di investimenti compresi tra il 5 e il 7 per cento del fatturato. Dopo avere tagliato costi per 750 milioni di dollari nel 2009, StM ne taglierà per altri 300 milioni nel 2010. Ci aspettiamo che il dividendo cresca notevolmente nel 2010 anche perché già adesso l'azienda ha una forte posizione di cassa attiva (circa 3 miliardi di dollari).
Il primo produttore europeo di chip ha annunciato questa notte i risultati del quarto trimestre 2009, chiuso con ricavi pari a 2,58 miliardi di dollari, meglio dei 2,47 miliardi stimati dagli analisti, secondo un sondaggio di Bloomberg.
Il margine lordo (gross margin) è salito al 37% dal 36,1% dello stesso periodo del 2008. La società aveva indicato un obiettivo del 36,5%.
A livello di risultato netto, StM ha deluso le attese per effetto di oneri straordinari: il trimestre si è chiuso con una perdita di 70 milioni di dollari, contro una perdita prevista di 19,8 milioni. Il quarto trimestre 2008 si era chiuso con una perdita di 366 milioni.
Confermiamo la raccomandazione fondamentale MOLTO INTERESSANTE e il target price di 7,50 euro. Anche per l'Analisi tecnica il titolo è da comprare.
fonte: http://www.websim.it/
(il titolo attualmente quota 5,84€)
Previsioni di Bankitalia sull'Italia
Nelle ultime settimane sono fioccate le nuove analisi fornite dai vari organismi internazionali che si occupano di studiare la dinamica dell’economia.
Per il nostro paese è particolarmente importante il Bollettino Economico rilasciato nei giorni scorsi e redatto dalla autorevole Banca d’Italia.
La visione sul bel paese e sulla zona euro in parte coincide: dopo il rafforzamento autunnale la ripresa non ha
accelerato e le previsioni rimangono per una crescita attorno all’1% nel 2010, con un forte traino da parte del commercio internazionale e domanda interna ancora piuttosto fiacca. Ovviamente il calo dell’occupazione sta determinando una situazione piuttosto debole per i consumi.
Per l’Italia sottolinea come nonostante il miglioramento del clima di fiducia, le imprese sono titubanti ad incrementare la produzione nonostante stia avvenendo un recupero degli ordinativi. Il quarto trimestre dal punto di vista industriale dovrebbe essere stato piuttosto debole. Tra le cause della dinamica insufficiente dei consumi quella più importante è il forte rialzo della disoccupazione, che includendo i “cassa-integrati” e quelli che hanno smesso di cercare un’occupazione, dovrebbe aver superato il 10%. Occorre segnalare come anche coloro che hanno mantenuto inalterato durante la crisi il livello di reddito percepiscono ancora piuttosto elevato il rischio di perdere il proprio posto di lavoro.
Il Bollettino sottolinea come per l’Italia ad un miglioramento registrato nei sondaggi congiunturali non è corrisposto un miglioramento degli indicatori prettamente quantitativi.
La produzione industriale, dopo un 3° trimestre piuttosto promettente, dovrebbe essere calata negli ultimi 3 mesi dell’anno permanendo su livelli registrati agli inizi degli anni ’90. Oltre a problematiche cicliche, Bankitalia sottolinea come in Italia sia avvenuto un ristagno dei redditi reali avvenuto negli ultimi 15 anni, cosa non rilevata negli altri paesi della zona euro. Bankitalia prevede per l’Italia una crescita attorno allo 0.7% nel 2010 e di circa l’1% nel 2011. Questo significa che per rivedere i livelli precedenti di prodotto bisognerebbe attendere circa 5 anni. Si tratta di previsioni inferiori ai principali paesi dell’area e non particolari dissimili rispetto a quanto formulato dai principali organismi internazionali e delle principali case di investimento. Quindi non sono caratterizzate dall’essere particolarmente pessimistiche ma allineate alle previsioni correnti.
Appare quindi fuori luogo gli eccessi di ottimismo emersi alla fine dell’estate sulla nostra economia e conferma come il nostro paese sia sempre più alla mercé della dinamica delle esportazioni e del commercio internazionale. La situazione del debito pubblico si conferma preoccupante ma, per adesso, su livelli di alert inferiori ad altri paesi del Vecchio Continente come Grecia, Spagna e Irlanda.
Il nostro listino, dopo un lungo periodo di sottoperformance, ha fornito qualche segnale di recupero a partire da metà dicembre in concomitanza con la riduzione stagionale degli scambi.
Ancora una volta occorre sottolineare come il peso eccessivo dei titoli finanziari nel FTSE MIB, oltre alla debolezza strutturale della nostra economia, ha determinato una minore reattività.
Il nostro indice attualmente scambia a 23500 ben lontano dai massimi raggiunti nel maggio 2007 (44000) e ancor di più dai massimi di 10 anni orsono (50100 punti).
Marcello Rubiu
Fonte: NORISK studi e analisi finanziarie
Alcuni consigli per costruirsi una pensione integrativa
La pensione è una variabile di centrale importanza nella vita di un individuo, perché serve a generare i flussi di reddito negli anni durante i quali non si è piùin grado di lavorare e, quindi, di ottenere uno stipendio.
Anche in Italia si stanno sviluppando forme di pensione integrative, che si affiancano ai canali classici e conosciuti, tra tutti ricordiamo l’INPS.
Nel corso della propria vita, ogni lavoratore paga un contributo, pari ad una percentuale del proprio guadagno, che servirà a garantirgli una pensione quando smetterà di lavorare.
L’esperienza internazionale insegna che la gestione privata spesso genera dei rendimenti superiori a quella pubblica e quindi, anche nel settore pensionistico, la tendenza è verso un graduale ridimensionamento del settore pubblico.
Chi è interessato a questo problema?
Tutti, ma prevalentemente i giovani e, comunque, chi prevede di andare in pensione almeno tra una quindicina di anni. Chi intende costruirsi una pensione sa che il punto centrale è dato dalla possibilità di investire per il lungo termine, ma più ci si avvicina alla data di pensionamento minori saranno i rischi che si potranno assumere:
a sessant’anni non ci si può permettere di perdere il 20% del proprio capitale, mentre a trenta anni (con davanti trent’anni di risparmio ogni anno) la propensione al rischio è sicuramente maggiore, perché c’è tutto il tempo per recuperare eventuali movimenti sfavorevoli nei prezzi.
Ipotizziamo il caso di un individuo di trenta anni, che preveda versamenti annuali per i prossimi trenta, come può impostare le scelte di investimento?
In questa sede, proporremo alcune “idee” sull’impostazione teorica e sulla loro realizzabilità, a nostro avviso sono di fondamentale importanza per raggiungere l’obiettivo:
a) La storia evidenzia come nel lungo termine le azioni abbiano generato rendimenti superiori alle obbligazioni e queste ultime ai depositi bancari: il denaro in contanti è un costo: è opportuno mantenere la quota in liquidità al minimo, anche perché non sono previsti esborsi di denaro nel periodo se non per motivi eccezionali.
L’inflazione è il vero nemico nel lungo termine.
b) Le gestioni passive (azionarie ed obbligazionarie) che replicano l’andamento degli indici, in media, hanno fornito una perfomance corretta per il rischio (al netto dei costi) superiore all’universo dei fondi di investimento: è preferibile orientarsi verso prodotti a benchmark a basso costo quali E.T.F. (exchange traded funds), i benchmark, i fondi a indice…
c) Le obbligazioni zero coupon che garantiscono un capitale con certezza a scadenza, senza distribuire cedole ogni anno, sono la base del capitale garantito: ad esempio 30 lire adesso diventeranno 100 lire tra vent’anni. Un investimento, effettuato con regolarità su base annua, in questi titoli permette di creare alla scadenza una ricchezza nominale certa: si può impostare un versamento annuale con scadenza ventennale, nel 2000 per il 2020 nel 2001 per il 2021 e così via.
Al fine di semplificare la gestione delle zero coupon, è possibile concentrarsi solo su alcune scadenze: il 2020, il 2025 ed il 2030 per ottenere il rimborso del capitale in tre/quattro periodi. E’ doveroso sottolineare che il mercato di questi titoli non è molto liquido e, quindi, si devono scegliere i titoli più scambiati per ottenere delle condizioni di mercato non troppo penalizzanti, quando li si acquista, il problema non sussiste per il rimborso che avverrà a 100, senza oneri aggiuntivi.
d) E’ buona norma non eccedere in investimenti in settori legati o, comunque vicini, alla propria attività lavorativa, al fine di limitare il rischio specifico del settore. Ad esempio chi opera nel settore internet dovrebbe contenere l’investimento in titoli tecnologici, chi lavora in banca è preferibile che moderi l’esposizione nel settore bancario/finanziario e così via… Alla base di questa scelta c’è la considerazione che una crisi specifica del settore generi una perdita di reddito (se non del lavoro) e, quindi, è meglio che gli investimenti non ne risentano in modo eccessivo anzi, siano il più incorrelati possibile, cioè si muovano in modo slegato tra loro. In linea con il detto popolare: “è meglio non mettere tutte le uova nello stesso paniere”.
e) Il rischio paese è facilmente diversificabile: un lavoratore italiano può tranquillamente comprare azioni estere (europee, americane, asiatiche…), in questo modo un’ipotetica recessione che colpisca solo l’Italia, con inevitabili diminuzioni del prezzo delle azioni in borsa, avrà effetti contenuti sul patrimonio complessivo se gli investimenti sono orientati anche verso altri paesi, nei quali la recessione potrebbe non verificarsi e, pertanto, la borsa non risentirne affatto! In ottica di diversificazione del rischio è di centrale importanza non
concentrare la maggior parte della propria ricchezza nel paese dove si vive,è un errore che quasi tutti commettono ed è un fenomeno studiato dagli economisti finanziari che lo chiamano: home bias (distorsione verso il paese di appartenenza).
f) I prodotti eccessivamente complessi e dal costo elevato, devono rappresentare una percentuale ridotta dell’investimento complessivo, perché gli obiettivi di chi si costruisce una pensione sono chiari: ottenere il massimo del capitale dopo trent’anni, assumendosi dei rischi sempre inferiori al trascorrere del tempo minimizzando, se possibile, i costi.
g) Spesso investimenti che non possono essere liquidati, cioè venduti, prima della loro naturale scadenza generano, a parità di rischi, rendimenti superiori, il concetto è definito “premio al rischio della liquidità”. In ottica di lungo periodo, vincolare una parte del proprio capitale (l’ordine di grandezza può essere il 5-10%), non ha effetti negativi in caso di necessità immediata, ma può generare un extra rendimento sistematico, che negli anni farà aumentare il valore finale della propria ricchezza.
h) Operativamente è opportuno separare il denaro da dedicare all’investimento pensionistico al denaro utilizzato per le spese di tutti i giorni. E’, quindi, preferibile creare un dossier che abbia esclusivamente la finalità pensionistica, presso un’istituzione finanziaria che consenta di acquistare la maggior parte degli strumenti che si intende acquistare. Nel lungo periodo, il controllo dei costi è estremamente importante ed attualmente le società di trading-on-line, nell’intento di acquisire nuovi clienti, a nostro avviso forniscono condizioni estremamente interessanti.
Riassumiamo i punti centrali di ogni capoverso esposto in dettaglio in precedenza: il denaro contante è un costo, le gestioni passive hanno costi estremamente contenuti, le obbligazioni zero coupon consentono di ottenere con certezza il capitale alla scadenza, il rischio settore di attività è facile da eliminare, il rischio paese è facile da eliminare, i prodotti complessi spesso hanno un costo elevato, investimenti difficilmente liquidabili possono generare rendimenti superiori a parità di rischio, separare il fondo pensione dal denaro utilizzato nella vita di tutti i giorni.
Volutamente non abbiamo parlato dell’acquisto di una casa, quale investimento per il lungo termine, ma ci siamo soffermati sulla parte finanziaria della pensione, affronteremo il problema nella sua totalità(casa+investimenti) in un altro approfondimento.
Fonte: NORISK studi e analisi finanziarie
Anche in Italia si stanno sviluppando forme di pensione integrative, che si affiancano ai canali classici e conosciuti, tra tutti ricordiamo l’INPS.
Nel corso della propria vita, ogni lavoratore paga un contributo, pari ad una percentuale del proprio guadagno, che servirà a garantirgli una pensione quando smetterà di lavorare.
L’esperienza internazionale insegna che la gestione privata spesso genera dei rendimenti superiori a quella pubblica e quindi, anche nel settore pensionistico, la tendenza è verso un graduale ridimensionamento del settore pubblico.
Chi è interessato a questo problema?
Tutti, ma prevalentemente i giovani e, comunque, chi prevede di andare in pensione almeno tra una quindicina di anni. Chi intende costruirsi una pensione sa che il punto centrale è dato dalla possibilità di investire per il lungo termine, ma più ci si avvicina alla data di pensionamento minori saranno i rischi che si potranno assumere:
a sessant’anni non ci si può permettere di perdere il 20% del proprio capitale, mentre a trenta anni (con davanti trent’anni di risparmio ogni anno) la propensione al rischio è sicuramente maggiore, perché c’è tutto il tempo per recuperare eventuali movimenti sfavorevoli nei prezzi.
Ipotizziamo il caso di un individuo di trenta anni, che preveda versamenti annuali per i prossimi trenta, come può impostare le scelte di investimento?
In questa sede, proporremo alcune “idee” sull’impostazione teorica e sulla loro realizzabilità, a nostro avviso sono di fondamentale importanza per raggiungere l’obiettivo:
a) La storia evidenzia come nel lungo termine le azioni abbiano generato rendimenti superiori alle obbligazioni e queste ultime ai depositi bancari: il denaro in contanti è un costo: è opportuno mantenere la quota in liquidità al minimo, anche perché non sono previsti esborsi di denaro nel periodo se non per motivi eccezionali.
L’inflazione è il vero nemico nel lungo termine.
b) Le gestioni passive (azionarie ed obbligazionarie) che replicano l’andamento degli indici, in media, hanno fornito una perfomance corretta per il rischio (al netto dei costi) superiore all’universo dei fondi di investimento: è preferibile orientarsi verso prodotti a benchmark a basso costo quali E.T.F. (exchange traded funds), i benchmark, i fondi a indice…
c) Le obbligazioni zero coupon che garantiscono un capitale con certezza a scadenza, senza distribuire cedole ogni anno, sono la base del capitale garantito: ad esempio 30 lire adesso diventeranno 100 lire tra vent’anni. Un investimento, effettuato con regolarità su base annua, in questi titoli permette di creare alla scadenza una ricchezza nominale certa: si può impostare un versamento annuale con scadenza ventennale, nel 2000 per il 2020 nel 2001 per il 2021 e così via.
Al fine di semplificare la gestione delle zero coupon, è possibile concentrarsi solo su alcune scadenze: il 2020, il 2025 ed il 2030 per ottenere il rimborso del capitale in tre/quattro periodi. E’ doveroso sottolineare che il mercato di questi titoli non è molto liquido e, quindi, si devono scegliere i titoli più scambiati per ottenere delle condizioni di mercato non troppo penalizzanti, quando li si acquista, il problema non sussiste per il rimborso che avverrà a 100, senza oneri aggiuntivi.
d) E’ buona norma non eccedere in investimenti in settori legati o, comunque vicini, alla propria attività lavorativa, al fine di limitare il rischio specifico del settore. Ad esempio chi opera nel settore internet dovrebbe contenere l’investimento in titoli tecnologici, chi lavora in banca è preferibile che moderi l’esposizione nel settore bancario/finanziario e così via… Alla base di questa scelta c’è la considerazione che una crisi specifica del settore generi una perdita di reddito (se non del lavoro) e, quindi, è meglio che gli investimenti non ne risentano in modo eccessivo anzi, siano il più incorrelati possibile, cioè si muovano in modo slegato tra loro. In linea con il detto popolare: “è meglio non mettere tutte le uova nello stesso paniere”.
e) Il rischio paese è facilmente diversificabile: un lavoratore italiano può tranquillamente comprare azioni estere (europee, americane, asiatiche…), in questo modo un’ipotetica recessione che colpisca solo l’Italia, con inevitabili diminuzioni del prezzo delle azioni in borsa, avrà effetti contenuti sul patrimonio complessivo se gli investimenti sono orientati anche verso altri paesi, nei quali la recessione potrebbe non verificarsi e, pertanto, la borsa non risentirne affatto! In ottica di diversificazione del rischio è di centrale importanza non
concentrare la maggior parte della propria ricchezza nel paese dove si vive,è un errore che quasi tutti commettono ed è un fenomeno studiato dagli economisti finanziari che lo chiamano: home bias (distorsione verso il paese di appartenenza).
f) I prodotti eccessivamente complessi e dal costo elevato, devono rappresentare una percentuale ridotta dell’investimento complessivo, perché gli obiettivi di chi si costruisce una pensione sono chiari: ottenere il massimo del capitale dopo trent’anni, assumendosi dei rischi sempre inferiori al trascorrere del tempo minimizzando, se possibile, i costi.
g) Spesso investimenti che non possono essere liquidati, cioè venduti, prima della loro naturale scadenza generano, a parità di rischi, rendimenti superiori, il concetto è definito “premio al rischio della liquidità”. In ottica di lungo periodo, vincolare una parte del proprio capitale (l’ordine di grandezza può essere il 5-10%), non ha effetti negativi in caso di necessità immediata, ma può generare un extra rendimento sistematico, che negli anni farà aumentare il valore finale della propria ricchezza.
h) Operativamente è opportuno separare il denaro da dedicare all’investimento pensionistico al denaro utilizzato per le spese di tutti i giorni. E’, quindi, preferibile creare un dossier che abbia esclusivamente la finalità pensionistica, presso un’istituzione finanziaria che consenta di acquistare la maggior parte degli strumenti che si intende acquistare. Nel lungo periodo, il controllo dei costi è estremamente importante ed attualmente le società di trading-on-line, nell’intento di acquisire nuovi clienti, a nostro avviso forniscono condizioni estremamente interessanti.
Riassumiamo i punti centrali di ogni capoverso esposto in dettaglio in precedenza: il denaro contante è un costo, le gestioni passive hanno costi estremamente contenuti, le obbligazioni zero coupon consentono di ottenere con certezza il capitale alla scadenza, il rischio settore di attività è facile da eliminare, il rischio paese è facile da eliminare, i prodotti complessi spesso hanno un costo elevato, investimenti difficilmente liquidabili possono generare rendimenti superiori a parità di rischio, separare il fondo pensione dal denaro utilizzato nella vita di tutti i giorni.
Volutamente non abbiamo parlato dell’acquisto di una casa, quale investimento per il lungo termine, ma ci siamo soffermati sulla parte finanziaria della pensione, affronteremo il problema nella sua totalità(casa+investimenti) in un altro approfondimento.
Fonte: NORISK studi e analisi finanziarie
FMI rialza le stime: PIL Mondiale +3,9 ; PIL Italia +1%
26 gen. -La ripresa globale "e' partita prima e piu' forte del previsto" ma sara' "lenta rispetto alle precedenti esperienze" e soprattutto procedera' a velocita' e intensita' diverse nelle diverse regioni. La diagnosi e' del Fondo monetario internazionale che ha aggiornato al rialzo le sue previsioni economiche. In particolare, l'istituto di Washington prevede ora che il Pil mondiale crescera' quest'anno del 3,9%, con un miglioramento dello 0,8% rispetto ai numeri diffusi a ottobre scorso. La stima per il 2011 sale invece dello 0,1% al 4,3%. Per l'Italia l'Fmi ritiene possibile una crescita dell'1% nel 2010 (+0,8%) e dell'1,3% nel 2011 (+0,6%).
Nel complesso, il prodotto delle economie avanzate e' previsto aumentare del 2,1% (+0,8%) quest'anno e del 2,4% (-0,1%) il prossimo. Gli Stati Uniti dovrebbero mettere a segno una crescita rispettivamente del 2,7% (+1,2%) e del 2,4% (-0,4%).
L'Eurozona dovra' invece accontentarsi di un +1% (+0,7%) nel 2010 e di un +1,6% (+0,3%). Al suo interno spicca la performance tedesca (+1,5% e +1,9% nei due anni). Mentre non sembra volerne di ripartire l'economia spagnola, che si contrarra' dello 0,6% quest'anno per poi risalire dello 0,9% il prossimo. A trascinare l'economia mondiale saranno i Paesi emergenti. La Cina, innanzitutto (+10% e +9,7%). Ma anche l'India (+7,7% e +7,8%). In generale, le nazioni in via di sviluppo sono previste crescere a un ritmo del 6% nel 2010 e del 6,3% nel 2011. Insomma, le condizioni migliorano ma il malato non e' ancora guarito del tutto e "ci sono significativi rischi verso il basso nelle prospettive". Primo fra tutti "una prematura e incoerente uscita dalle politiche di sostegno". Per questo il Fondo invita le autorita' di Governo e monetarie a continuare a sostenere la ripresa, pur senza dimenticarsi di cominciare a studiare un'exit strategy e di comunicare sin d'ora cosa intendono fare quando il paziente sara' in grado di rimettersi a camminare sulle sue gambe. Le politiche di bilancio, sottolineano a Washington, dovranno "rimanere accomodanti nel breve periodo" e allo stesso tempo le banche centrali dovranno mantenere bassi i tassi d'interesse, aiutate anche dagli scarsi rischi di inflazione. Cruciale sara' poi "continuare a riparare il settore finanziario" che, sottolinea l'aggiornamento del Gsfr, "rimane ancora fragile sebbene in complessivo miglioramento".
Fonte: AGI
CONSENSUS del 25/1/2010 su utili delle società del FTSE Mib, stime al 31 dicembre 2009 e al 31 dicembre 2010
Nella tabella sono riportate le stime tra gli addetti ai lavori sul risultato del 2009 e le previsioni del 2010 per le 40 società che compongono il paniere dell’indice FTSE Mib. Per renderle più leggibili e “comprensibili” del loro peso ho ricavato le differenze, in valore assoluto e in percentuale, sia dell’Earning Per Share che del Dividendo.
Analisi di Borsa settimanale 18/22 gennaio
L’analisi di Borsa effettuata nello scorso post si è puntualmente avverata fino al raggiungimento del livello a 22.926 (fucsia), che avevo pronosticato avrebbe raggiunto nel durante. Da li avrebbe dovuto rimbalzare per tornare nel canale rialzista per andare a ritestare la parallela superiore ma questo non è avvenuto. L’indice ha proseguito la sua corsa al ribasso per fermarsi in finale di ottava a 22.567 punti. Ora i supporti successivi, deboli, sono posti a 22.472 prima e 22.236 poi, quello più convincente sembra il livello psicologico a 22.000 punti, sforabile fino a 21.922 dove passa la linea nera che congiunge tre importanti minimi relativi. L’eventuale rottura di questo livello farebbe tornare d’attualità l’analisi effettuata nel post del 9 dicembre 2009 in cui, analizzando il grafico a 5 anni, si evidenziava come l’indice avesse bisogno di un ritorno sui suoi passi fino ad incontrare la media mobile più lenta (50 settimane) che attualmente corre a 20.370.
Tuttavia, la correzione di questa ottava è stata talmente violenta che non è da escludere un rimbalzo delle quotazioni che dovrebbero vedersela ora con la resistenza delle medie mobili più veloci, si fa per dire, a 25 (22.720), a 10 (22.945), e a 5 (23.223) settimane, mostrate nella figura accanto.
Come mai l’indice non ha proseguito in modo accademico il movimento rialzista iniziato? Lo si diceva nel post precedente: Tutto questo in mancanza di notizie negative che purtroppo invece continuano ad arrivare.
E le notizie negative che continuano ad arrivare hanno quasi tutte la stessa origine: Obama.
Alla già pesantissima e difficile da digerire, seppure sacrosanta, riforma sanitaria (3000Mld$), il Presidente ha aggiunto la tassa di responsabilità della crisi a carico delle maggiori banche e assicurazioni (117Mld$) e, peggio ancora, ha fissato nuovi limiti alle loro dimensioni. Inoltre, agli istituti che beneficiano delle rete di salvataggio Usa, ha detto, non dovrebbe essere permesso tornare a fare trading per profitto.
Tutte cose moralmente condivisibili ma, mi chiedo, c’era bisogno di fare tutto insieme? A me sembra che stia venendo fuori il vizio genetico di Obama: l’essere democratico e, come tale, ogni tanto, sentire il bisogno imperioso di dire qualcosa “di sinistra”. Il che non sarebbe un peccato se fosse detto “ogni tanto” , ora invece nel giro di poche settimane ha sparato tre siluri al capitalismo americano da far venire la pelle d'oca.
La proposta più sconcertante è proprio il ridimensionamento del volume e delle attività delle grandi Banche e Assicurazioni. In una competizione globale, come l’attuale, significherebbe affogarle e renderle facili prede degli istituti europei e cinesi. Non a caso l’Europa ha immediatamente preso le distanze e ha detto che non seguirà Obama nel suo progetto.
Le grandi banche e assicurazioni americane sono il capitalismo americano e quindi sono l’America. Affossare loro equivale ad affossare l’America. Pratiche sgradevoli come i super bonus andavano affrontate chirurgicamente e non uccidendo l’intera istituzione.
L’America ha paura, e lo ha già manifestato con i risultati in Massachusetts. Comincia a chiedersi chi ha realmente mandato alla Presidenza. Lo abbiamo eletto per effettive capacità o ci siamo fatti imbambolare dal suo sorriso e dalla sua eloquenza? Che esperienza ha maturato per poter ricoprire quel ruolo così importante? Si è sempre battuto per i diritti civili, è vero, ma è sufficiente per dirigere il maggior paese capitalista?.
E mentre cercano risposte le Borse crollano. A questo punto solo una persona ci può salvare: Hillary Clinton, per il cognome che porta e perché è donna. Il primo motivo gli ha consentito di fare esperienza “dal vivo” ai tempi della presidenza del marito, che se ne è guardato bene dal fare ciò che sta facendo Obama. Il secondo motivo le conferisce una prudenza e un equilibrio che in questo momento può essere estremamente utile. Tutto questo a patto di farsi sentire dal Capo. Forza Hillary! Fallo ragionare, siamo tutti con te.
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